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    Cosa è successo fuori dallo stadio del Besiktas a Istanbul

    Un duplice attentato rivendicato dai curdi del Tak all'esterno della Vodafone Arena nella serata del 10 dicembre 2016 ha causato almeno 38 vittime e oltre 160 feriti

    Di TPI
    Pubblicato il 11 Dic. 2016 alle 12:15 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:35

    Ieri sera, sabato 10 dicembre 2016, poco dopo le 22 è tornato il terrore a Istanbul, in Turchia. Due esplosioni si sono registrate nei pressi della Vodafone Arena, il moderno stadio della squadra di calcio del Besiktas in cui si era appena svolta la partita fra i padroni di casa e il Bursaspor. Il duplice attentato è stato rivendicato dai Falchi per la libertà del Kurdistan (Tak).

    Il ministero dell’Interno ha annunciato che le vittime accertate sono 38, con 136 feriti. La maggior parte sono agenti di polizia, visto che un’autobomba ha preso di mira proprio una camionetta delle forze dell’ordine. Nemmeno un minuto più tardi un attentatore suicida si è fatto saltare nel Macka Park, a due passi dalla Vodafone Arena.

    Un tifoso del Besiktas raggiunto al telefono da TPI ha raccontato che i tifosi della squadra di casa avevano già abbandonato la zona dello stadio, ma alcuni sostenitori della formazione ospite erano ancora nelle vicinanze. Immediatamente dopo gli attacchi si era cominciato a parlare di chi potesse esserne responsabile.

    C’è una significativa somiglianza fra questo attacco e quello che colpì lo Stade de France di Parigi nel novembre 2015. Bilal Hadfi, terrorista dell’Isis, si fece esplodere nei pressi dell’impianto senza causare vittime nelle stesse ore in cui al Bataclan si consumava la strage. Le Nazioni Unite avevano allertato i propri funzionari nei giorni scorsi citando rischi di un attacco da parte del sedicente Stato islamico in Turchia.

    Quella dell’estremismo islamico non era però l’unica pista: le autorità si erano concentrate da subito su quella dei curdi del gruppo armato autonomista Pkk e dei cugini oltranzisti del Tak. Fin dalla primavera del 2015, quando sono naufragati i negoziati fra i guerriglieri curdi e il governo dell’Akp, si sta svolgendo una guerra senza quartiere fra l’esercito turco e il partito curdo dei lavoratori.

    Gli scontri nel sudest del paese sono all’ordine del giorno, e non è impensabile che il gruppo armato abbia deciso di colpire anche a Istanbul. “Lo suggerisce fra l’altro la modalità dell’attacco, che ha preso di mira le forze di polizia”, dice Michelangelo Guida, professore universitario italo-turco a Istanbul. “Il botto è stato enorme, l’ho sentito fino in Asia dall’altra parte del Bosforo”, aggiunge.

    Ad Ankara, appena è arrivata la notizia degli attentati, la polizia ha cominciato a fermare automobili nelle zone centrali di Tunali e Kizilay temendo che nuovi attacchi si verificassero nella capitale. Nel frattempo è stata dichiarata una giornata di lutto nazionale, con bandiere a mezz’asta anche in tutte le rappresentanze diplomatiche turche nel mondo.

    È in corso una manifestazione contro gli attacchi che coinvolge in modo trasversale tutte le formazioni politiche, e nel pomeriggio si svolgerà anche una cerimonia di commemorazione in una caserma della polizia. 

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