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    Pakistan, l’Alta Corte si pronuncia sullo stupro di una minorenne cristiana: “Lecito sposarla se ha già avuto il ciclo”

    Anche se la vittima è minorenne, il matrimonio tra lei e il suo rapitore resta valido perché, per la legge islamica, una volta avuto il primo ciclo mestruale una bambina di qualsiasi età può contrarre matrimonio

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 3 Feb. 2020 alle 20:37 Aggiornato il 3 Feb. 2020 alle 23:22

    Pakistan, Alta Corte sullo stupro di una minorenne: “Legittimo se ha già avuto il ciclo”

    L’Alta Corte del Pakistan si è pronunciata sul caso della ragazzina cristiana rapita da un musulmano per costringerla alle nozze, Huma Younus, decretando che l’uomo non ha infranto alcuna legge.

    La famiglia della giovane 14enne aveva intentato una causa contro il rapitore musulmano con l’aiuto di una Ong internazionale cristiana (aiuto alla Chiesa che soffre), ma i giudici hanno fatto prevalere la sharia su “child marriage restraint act“, la legge che vieta i matrimoni con minori entrata in vigore nel 2014 in Sindh e finora mai applicata.

    Secondo i due giudici dell’Alta Corte pachistana, Muhammad Iqbal Kalhoro e Irshad Ali Shah, anche se la ragazzina è minorenne, il matrimonio tra lei e il suo rapitore Abdul Jabbar resta valido perché, per la legge islamica, una volta avuto il primo ciclo mestruale una bambina di qualsiasi età può contrarre matrimonio.

    “Speravamo che la norma potesse essere applicata per la prima volta in questo caso ma evidentemente in Pakistan queste leggi vengono formulate e approvate soltanto per accreditare il Paese agli occhi della comunità internazionale, chiedere fondi per lo sviluppo e commerciare gratuitamente i prodotti pachistani nel mercato europeo”, ha affermato l’avvocatessa Tabassum Yousaf.

    Vi erano molte aspettative da parte dei genitori della quattordicenne cattolica rapita il 10 ottobre scorso e della comunità cristiana in generale.

    Huma avrebbe dovuto presentarsi in aula, come richiesto dai giudici durante la precedente udienza del 16 gennaio al poliziotto incaricato delle indagini Akhtar Hussain.

    Interrogato sull’assenza della ragazza, stamattina l’agente si è limitato a dire che la giovane era stata convocata. Sin dall’inizio della vicenda Hussain ha mantenuto un atteggiamento ambiguo  destando forti sospetti di una sua complicità con il rapitore Jabbar.

    Nonostante ciò, proprio al poliziotto è stato dato mandato dai giudici di far effettuare una visita medica per attestare l’età di Huma, come richiesto ancora una volta stamattina dalla Yousaf.

    “È chiaro che essendo Hussain l’incaricato vi è un’alta probabilità che i risultati del test vengano contraffatti. Ma la nostra speranza è di riuscire comunque a provare la minore età della ragazza così da farla almeno affidare ad un centro, allontanandola così dal suo aguzzino”, ha aggiunto l’avvocatessa.

    La prossima udienza è fissata per il 4 marzo, purtroppo però anche qualora fosse attestato che Huma è minorenne, la decisione dei giudici di ritenere il matrimonio valido, annulla qualsiasi possibilità che Jabbar venga punito per i reati di rapimento e matrimonio forzato.

    Aiuto alla Chiesa che Soffre continua a sostenere la famiglia e l’avvocato di Huma.

    “La sentenza di stamattina getta un’onta sul sistema giudiziario pachistano – commenta all’Ansa Alessandro Monteduro, direttore di Acs-Italia – È inimmaginabile che si possa far prevalere la sharia sulla legge di Stato. Noi esprimiamo tutta la nostra indignazione, ma al tempo stesso non ci arrendiamo. Per Huma e per le oltre mille ragazze e perfino bambine che in Pakistan ogni anno vengono rapite, stuprate, convertite con la forza all’Islam e costrette a sposare il loro rapitore. Ma apprendiamo oggi che tutto è lecito, perché in Pakistan anche una bambina di otto o nove anni che ha già avuto le mestruazioni, può essere legalmente data in moglie”.

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