Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Esteri
  • Home » Esteri

    I sudcoreani migrano al confine con la Corea del Nord per giocare con Pokemon Go

    A causa delle restrizioni del governo su Google maps, il videogame sembra funzionare solo in zone specifiche che stanno attirando numerosi giocatori

    Di TPI
    Pubblicato il 13 Lug. 2016 alle 18:44 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:35

    L’applicazione Pokèmon Go è stata lanciata ufficialmente il 5 luglio in diversi paesi, tra cui Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti, riscuotendo un ampio successo con oltre 10-50 milioni di download su Google Play e 5 milioni su un sito per applicazioni per Android.

    I giocatori più incalliti sono riusciti però a guadagnarsi l’accesso a questo mondo virtuale utilizzando un account iTunes americano o australiano oppure con trasferimenti dell’applicazione tra dispositivi con sistema Android.

    Ma questo non è stato possibile con gli utenti della Corea del Sud, che hanno riscontrato delle difficoltà di accesso. Infatti, una volta effettuato il login, sui loro smartphone è comparso un messaggio di errore che segnalava l’assenza di un segnale Gps.

    Pokémon Go, essendo un gioco basato su una realtà aumentata che permette cioè di giocare non solo in un ambiente virtuale, ma anche sullo sfondo di casa, di un parco o di altri luoghi pubblici, necessita di informazioni di localizzazione dettagliate, solitamente fornite da siti web. 

    Ma in Corea del Sud, secondo quanto riferito da una fonte interna, l’applicazione del videogame non funziona bene se la condizione è quella di utilizzare Google maps. 

    Nel paese vigono delle restrizioni rigide sui dati delle mappature resi pubblici per motivi di sicurezza e finché ci saranno rapporti di inimicizia fra la Corea del Sud e quella del Nord, si è optato per non divulgare informazioni riguardanti le posizioni delle basi militari, delle mappe in tempo reale o delle indicazioni sui trasporti privati. 

    Secondo gli analisti di Newzoo, questa legge rappresenta una potenziale perdita di guadagni per la Niantic e la Pokèmon Company. La Corea del Sud è infatti il quarto mercato di giochi più vasto al mondo, dopo Cina, Stati Uniti e Giappone e Pokèmon Go avrebbe indubbiamente grandi prospettive di successo. Google sta cercando di ottenere una licenza speciale per utilizzare dati sulle aree sensibili, ma dal 2008 sino ad oggi non è ancora riuscita nel suo intento.

    Tuttavia, in alcune aree del paese, il segnale Gps è eccezionalmente presente. In particolare, stando alle informazioni fornite dalle comunità di giocatori su internet, le zone ideali per poter effettuare un accesso è la città di Sokcho, nel nordest della penisola, e l’isola di Ulleung. 

    Sokcho è adiacente al parco nazionale Seoraksan e molto vicina al confine con la Corea del Nord: per questo motivo, non è stata classificata come territorio sud coreano e dunque dispone di dati di mappatura sufficienti per poter giocare. Nella giornata di mercoledì si sono registrate numerose presenze nell’area indicata. Gli autobus in partenza da Seoul per Sokcho sono stati presi d’assalto.

    E ovviamente la città sta cercando di sfruttare la situazione a suo vantaggio, pubblicizzandosi sui social media come “unico santuario di Pokèmon Go sulla penisola”. Gli utenti sudcoreani hanno manifestato il loro entusiasmo sui forum virtuali. Un utente ha dichiarato di essersi recato a Sokcho “non per le grandi attrazioni turistiche, ma per provare il nuovo gioco camminando per più di dieci chilometri. Questo viaggio mi ha soddisfatto più di tutti gli altri”. 

    La stessa cosa è accaduta a Ulleung, a 120 chilometri a largo della costa, dove si è verificata addirittura una rivalità fra turisti e residenti. Un utente dell’isola ha scritto: “Mi sono imbattuto in questo ragazzo di Ulleung, che è un turista, ma conquista tutti i posti come fosse un abitante locale. Mi vergognavo di essere un giocatore dell’isola e sono corso fino alla palestra [virtuale] per catturare un Pokèmon prima che lo facesse lui”.

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version