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    “Il femminismo è una malattia mentale”: in Corea del Sud spopolano i movimenti contro le “odiatrici di uomini”

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 3 Gen. 2022 alle 16:57

    In Corea del Sud sono scoppiati i movimenti antifemministi: uomini, giovani e in genere vestiti di nero, scendono in piazza per contro-protestare in caso di manifestazioni femministe nel paese. Ce l’hanno con le donne con i capelli corti. “Il femminismo è una malattia mentale. Un male della società. Abbasso le odiatrici di uomini. Abbasso la misandria”. Bae In-kyu, il leader del gruppo “Uomo in Solidarietà,” il cui slogan fino a poco fa era “finché tutte le femministe saranno sterminate”, è vestito da Joker del film Batman e, proprio come quel personaggio, grida i suoi slogan stando in piedi sul tetto di un’auto parcheggiata, cercando di disturbare una manifestazione femminista a Seul.

    I numeri delle proteste in strada sono contenuti, ma sul web questi movimenti stanno raggiungendo ampio consenso: con canali YouTube chiusi e puntualmente riaperti. E con una costante richiesta di soldi ai sostenitori. Bae non è né un fenomeno isolato, né un’espressione di rabbia temporanea. Ha mezzo milione di iscritti sul canale YouTube dove ha raccolto più di 6mila euro in tre minuti durante una recente colletta per finanziare il suo movimento.

    Un’università è stata costretta ad annullare una conferenza di una femminista accusata di “misandria.” Sotto minaccia di boicottaggio, alcuni inserzionisti hanno dovuto ritirare una pubblicità che ritraeva una mano con pollice e indice che alludeva alle dimensioni piccole del pene. Misandria anche quella.

    Diffamano donne di spicco come per esempio An San, tre volte medaglia d’oro alle Olimpiadi di Tokyo, per il suo taglio di capelli corto. Minacciano le aziende di boicottaggio, ree a loro avviso di pubblicare immagini che ridicolizzerebbero le dimensioni dei genitali maschili. E prendono di mira il governo perché promuoverebbe un’agenda femminista, chiedendo, da tempo, la rimozione del ministero della Famiglia e di quelle che in occidente chiameremmo Pari Opportunità.

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