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    Confronti papali

    Giovanni Paolo II, Celestino V o il Papa di Moretti? Perché è impossibile fare confronti

    Di Raffaele Buscemi
    Pubblicato il 14 Feb. 2013 alle 19:26 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 18:59

    Confronti papali

    Quando la mente umana si trova davanti all’inspiegabile o al nuovo cerca sempre di ragionare per analogia. Cerca quindi di trovare un caso analogo, o quanto meno simile, e da li partire per una valutazione di prossimità.

    Una novità del genere poi se paragonata agli unici casi alla quale la si può confrontare suscita una normale reazione di scandalo. Soprattutto tra i cattolici.

    È comprensibile lo scandalo di chi pensa al duro giudizio di Dante sul gran rifiuto, chi fa il paragone con la croce che Giovanni Paolo II portò nei suoi ultimi anni. Nelle analogie però non bisogna scordarsi dell’unicità di ogni singolo evento e del suo contesto.

    Certi stracciamenti di vesti, certe recriminazioni contro il tradimento, il pastore vigliacco che fugge davanti ai lupi, sono decisamente fuori luogo.

    Il paragone con Celestino V, o il papa cinematografico di Nanni Moretti, non regge. Loro hanno lasciato nel pieno delle loro forze, all’inizio della loro missione, per paura confessata. Benedetto XVI ha dato tutto se stesso in quasi otto anni di lotte contro i lupi, fuori e dentro la Chiesa (soprattutto dentro). Nel suo gesto è difficile individuare la fuga del disertore. Piuttosto invece la saggezza del re stanco, ma libero dalle catene dell’orgoglio e del potere, che per il bene superiore affida il trono a mani ormai più capaci delle sue.

    Giovanni Paolo II fece una scelta diversa. E subito in molti, soprattutto coloro i quali avevano invocato le sue dimissioni, hanno citato il famoso “Non si scende dalla Croce” che pure non aveva sortito alcun effetto ai tempi della malattia di Woytila. Papa fino alla fine, papa sofferente, muto, infermo di salute ma fermo nella fede.

    Una testimonianza di dignità nella malattia di cui questo mondo, innamorato dell’eugenetica e del mito della vita degna di essere vissuta, immemore delle cause che portarono all’orrore di un secolo fa, aveva estremo bisogno. Fu una scelta santa, ma il prezzo da pagare fu l’amministrazione petrina lasciata de facto a mani che non sempre sapevano o volevano far bene, la barca sbandante con un timoniere troppo debole per correggere gli errori di rotta.

    Ecco, non è difficile pensare che la scelta di Benedetto XVI sia dovuta principalmente al fatto che da cardinale vide da vicino questo rovescio della medaglia, i danni che provocò o avrebbe potuto provocare, e che abbia deciso che in questo frangente la Chiesa non può permetterselo di nuovo.

    C’è un tempo per ogni cosa; c’è un tempo per un Papa malato e stanco, e un tempo per un Papa forte e vigoroso.

    Questi, purtroppo, non sono tempi da Papi stanchi.

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