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    Su Skype con un miliziano dell’Isis

    Una giornalista francese ha finto di essere una giovane ragazza musulmana pronta a partire verso la Siria per unirsi all'Isis

    Di Lorena Cotza
    Pubblicato il 1 Giu. 2015 alle 16:15 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 18:41

    “Ascolta, Mélodie, reclutare persone e farle arrivare qui in Siria fa parte del mio lavoro, e sono davvero bravo in questo. Di me ti puoi fidare. Mi prenderò cura di te. E se deciderai di sposarmi, ti tratterò come una regina”.

    Con queste parole, un miliziano dell’Isis ha cercato di convincere giovani ragazze europee, conosciute online, a raggiungerlo in Siria.

    Quando contattò la ventenne Mélodie, non poteva immaginare che dietro quel falso profilo si nascondesse la giornalista francese Anna Erelle.

    Erelle – pseudonimo creato per motivi di sicurezza – ha fatto finta di essere una giovane ragazza musulmana affascinata dalla jihad.

    “Volevo capire perché diversi minorenni europei si facevano abbindolare da questo tipo di propaganda”, scrive la giornalista. “Volevo capire la mentalità di quei combattenti che trascorrevano le loro giornate a torturare, rubare, stuprare, uccidere, e le loro notti a navigare online e vantarsi delle loro imprese”.

    Dopo aver creato un finto profilo su Facebook, usando la foto della principessa della Disney Jasmine, Erelle iniziò a postare link di video sulla guerra in Siria e sull’avanzata dell’Isis. Quando fu contattata da un miliziano, che si occupava di cercare nuove reclute online, capì come fosse facile essere ingannate.

    L’uomo, di 38 anni, diceva di chiamarsi Abu Bilel e di trovarsi in Siria. Parlava perfettamente francese, con un leggero accento algerino. Aveva un modo di fare persuasivo e occhi affascinanti, resi ancora più profondi dall’uso dell’eye-liner.

    Erelle e Abu Bilel iniziarono a sentirsi ogni giorno: messaggi su Facebook, sms e videochiamate su Skype. Lui la chiamava affettuosamente “bambina mia” e non c’era giorno in cui non si facesse vivo.

    “Bilel non sapeva nulla della ragazza e già le chiedeva di raggiungerlo”, scrive la giornalista Erelle. “Ero disgustata. Avevo incontrato migliaia di giovani come Mélodie – la ragazza che interpretavo, n.d.r. -, con così pochi punti di riferimento. Erano vulnerabili”.

    Durante la prima conversazione su Skype, Erelle si calò nella parte di una ventenne indecisa e impaurita, e chiese a Bilel se raggiungerlo non fosse troppo rischioso.

    “La Siria è favolosa”, la rassicurò Bilel. “Qui abbiamo tutto. Masha’Allah, devi credermi: qui è il paradiso! Moltissime donne hanno fantasie su di noi: siamo i guerrieri di Allah”.

    Quando Erelle gli chiese dei morti e dei combattimenti, Bilel aggiunse: “Ogni giorno combatto per fermare le uccisioni. Qui il nemico è il diavolo. Il nemico ruba e uccide poveri siriani. Stupra anche le donne. Ci attacca, ma noi difendiamo la pace”.

    Nelle settimane seguenti, Bilel organizzò il viaggio per la Siria per Erelle e una sua amica immaginaria, la quindicenne Yasmine.

    L’età della ragazza non era un problema per lui: “Qui le donne devono sposarsi quando hanno 14 anni. Se Yasmine viene qui, le troverò un buon uomo”.

    Nel frattempo, la lista degli amici virtuali di Mélodie cresceva. “Alcune ragazze mi contattarono per chiedermi indicazioni su come raggiungere località in Siria”, scrive Erelle. “Altre ancora mi ponevano strane domande, come: riuscirò a trovare assorbenti? E biancheria intima?”

    Quando le ragazze sembravano prossime alla partenza, Erelle cercava di scoraggiarle.

    Dopo un mese di continui contatti con Bilel, la giornalista gli disse di essere pronta a partire. Sarebbe dovuta andare prima ad Amsterdam e poi a Istanbul, e da lì un intermediario avrebbe dovuto portarla al confine con la Siria.

    Quando Erelle chiamò Bilel da Amsterdam, lui sembrava felice: “Sarai qui presto. Sono l’uomo più felice della terra. Ti amo, moglie mia”.

    Ma quando il miliziano le disse che non ci sarebbe stato nessun intermediario a portarla da Istanbul alla Siria, Erelle decise di rinunciare e di interrompere la sua inchiesta. I rischi erano troppi. Finse di aver avuto un ripensamento e disse a Bilel che non sarebbe partita.

    “Da adesso, devi tapparti la bocca”, gli rispose lui con tono aggressivo. “Faccio parte di un’organizzazione terroristica, non puoi parlarmi in questo modo. Comando cento soldati ogni giorno. Ho un mandato di cattura internazionale, ecco perché non posso venire in Turchia”.

    La polizia è riuscita a svelare l’identità di Bilel. Prima di andare in Siria, aveva già commesso vari reati. Nel 2003 era diventato un attivo jihadista e aveva combattuto in Iraq.

    Fu lì che incontrò il leader dell’Isis Abu Bakr al-Baghdadi. Dal 2009 al 2013, dopo aver combattuto in Afghanistan, Pakistan e Libia, tornò brevemente in Francia, per poi partire in Siria. Ha tre mogli e almeno tre figli, che combattono con lui.

    In seguito alla pubblicazione dell’articolo, l’account di Mélodie è stato inondato di messaggi minatori. La giornalista si è dovuta trasferire per ben due volte e ha cambiato numero di telefono.

    Sul posto di lavoro le misure di sicurezza sono aumentate drasticamente. E non può più scrivere sull’Isis.

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