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    La classifica dei paesi più felici al mondo

    Credit: Tiina & Geir / Image Source

    Il World Happiness Report 2018 redatto dall'ONU classifica 156 paesi su sei variabili che forniscono un indicatore del benessere della popolazione

    Di Gianluigi Spinaci
    Pubblicato il 15 Mar. 2018 alle 15:46 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 00:30

    Secondo il World Happiness Report 2018, la Finlandia è in cima alla lista dei paesi più felici al mondo.

    Il rapporto redatto dall’ONU classifica 156 paesi su sei variabili che forniscono un indicatore del benessere della popolazione: reddito, libertà, fiducia, aspettativa di vita, assistenza sociale e generosità.

    La Norvegia, vincitrice dell’edizione 2017, è arrivata al secondo posto nella relazione del 2018, seguita nell’ordine da Danimarca, Islanda e Svizzera.

    Il World Happiness Report è stato pubblicato dalla Rete di soluzioni per lo sviluppo sostenibile per le Nazioni Unite il 14 marzo, prima del World Happiness Day (Giornata mondiale della felicità) che ricorre il 20 marzo.

    “I primi cinque paesi hanno tutti valori quasi uguali nei sei fattori indicativi della felicità”, ha detto il co-editore del rapporto John Helliwell, professore emerito di economia presso l’Università della British Columbia.

    “Quattro di questi paesi, Danimarca, Svizzera, Norvegia e ora Finlandia, hanno raggiunto la prima posizione in una delle sei edizioni fatte da quando è stato pubblicato il primo rapporto”, ha aggiunto.

    I Paesi Bassi quest’anno sono giunti sesti, seguiti da Canada, Nuova Zelanda, Svezia e Australia.

    Nella classifica del 2018, tutti i primi 10 paesi hanno cambiato posizione rispetto al report del 2017, ma nessuno è uscito dalla top 10.

    Oltre alla classifica della felicità dei cittadini, il World Happiness Report 2018 ha preso in considerazione anche lo stato di soddisfazione degli immigrati.

    Da questo confronto è emerso che i 10 paesi più felici occupano praticamente le stesse posizioni nella scala di soddisfazione dei migranti.

    “La scoperta più sorprendente del rapporto è la notevole coerenza tra la felicità degli immigrati e quella dei nativi locali”, ha dichiarato Helliwell in un comunicato stampa.

    “Sebbene gli immigrati provengano da paesi con livelli di felicità molto diversi, le loro valutazioni sulla vita riportate convergono con quelle degli altri residenti nei loro nuovi paesi”, ha affermato il professore.

    Gli Stati Uniti sono caduti al diciottesimo posto, perdendo quattro posizioni rispetto allo scorso anno.

    “I responsabili delle politiche statunitensi dovrebbero prendere nota: il ranking della felicità negli Stati Uniti è in calo, in parte a causa delle continue epidemie di obesità, abuso di sostanze e depressione non trattata”, ha detto il professore di economia Jeffrey D. Sachs, direttore del Centro per lo sviluppo sostenibile della Columbia University e co-editore del rapporto.

    Anche altre grandi potenze non hanno sono entrate nelle prime 10 posizioni.

    La Germania si è posizionata al quindicesimo posto, mentre il Regno Unito al diciannovesimo.

    Il Giappone è arrivato alla posizione 54, la Russia alla 59 e la Cina all’86.

    Ultimo il Burundi, preceduto dalla Repubblica Centrafricana, dal Sud Sudan, dalla Tanzania e dallo Yemen.

    E l’Italia? Il “Bel Paese” ha conquistato una posizione, salendo dal 48esimo al 47esimo posto rispetto alla classifica dell’anno scorso.

    “I quattro Paesi più colpiti dalla crisi, Grecia, Italia, Spagna e Portogallo sono da tempo osservati speciali”, è scritto nel documento dell’Onu, dove si evidenzia “una piccola crescita” solo per Lisbona.

    Confortante per l’Italia è però il dato che riguarda l’aspettativa di vita, salita, in media, da 70 anni a 72,8 anni nel periodo che va dal 2000 al 2015, il terzo miglior dato dopo quelli di Giappone e Islanda.

    Nel 2012, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 20 marzo Giornata mondiale della felicità, riconoscendo “l’importanza della felicità e del benessere come obiettivi e aspirazioni universali nella vita degli esseri umani in tutto il mondo e l’importanza del loro riconoscimento negli obiettivi di politica pubblica”.

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