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    Noi civili siriani, uccisi dalle mine anti-uomo, mentre fuggiamo dall’Isis

    Quella in corso in Siria è la peggiore crisi dal dicembre 2016 per centinaia di civili, usati per mesi come scudi umani dai terroristi di Daesh, che stanno morendo nel tentativo di fuggire verso zone sotto controllo del regime o dei ribelli

    Di Asmae Dachan
    Pubblicato il 11 Ott. 2017 alle 13:44 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 17:46

    “La peggior crisi per i civili siriani dai tempi dell’ultima battaglia di Aleppo nel dicembre 2016”: è la denuncia del Comitato Internazionale della Croce Rossa. “Nelle ultime due settimane abbiamo registrato un picco sempre più preoccupante nelle operazioni militari, che hanno causato molte vittime civili”, ha detto il capo della delegazione ICRC in Siria, Marianne Gasser.

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    “I miei colleghi hanno raccolto storie strazianti, come quella di una famiglia di Deir Ezzor che ha perso dieci membri mentre tentava la fuga a causa dei bombardamenti e delle esplosioni”.

    Mentre dal punto di vista politico si definiscono nuovi scenari e alleanze che vedono Iran, Russia e Turchia siglare accordi, sul piano umanitario la Siria sta vivendo un momento di gravissima crisi. Le violenze non interessano solo le città di Raqqa e Deir Ezzor, ma anche la zona rurale occidentale di Aleppo, e molte aree considerate di “de-escalation” delle violenze come Idlib, Hama e al Ghouta orientale.

    “Siamo di fronte a livelli di sofferenza intollerabili in ampie zone del Paese, e al contempo diminuisce l’accesso alle agenzie umanitarie”, ha dichiarato Gasser.

    “Le operazioni militari non devono ignorare il destino dei civili e delle infrastrutture vitali da cui dipende la loro sopravvivenza”, ha dichiarato il direttore regionale del Vicino e Medio Oriente della ICRC, Robert Mardini.

    “Vincere con ogni mezzo non è solo illegale, ma anche inaccettabile quando si tratta di costi umani così alti. Chiamiamo ancora una volta tutti coloro che combattono in Siria a mostrarsi moderati e a rispettare i principi fondamentali del diritto umanitario internazionale”.

    Centinaia di civili intrappolati e usati per mesi come scudi umani dai terroristi di Daesh stanno morendo nel tentativo di fuggire verso zone sotto il controllo del regime o dei ribelli. Vengono uccisi dai bombardamenti o saltano sulle mine anti-uomo.

    Giornalisti e organizzazioni attiviste nelle zone colpite dalle violenze stanno raccontando le storie di queste famiglie. Come quella della piccola Tayba, originaria di Oqeirbat, nella provincia di Hama, colpita da un bombardamento notturno. I genitori sono morti, mentre la piccola è rimasta gravemente ferita ed ha perso il braccio sinistro. La sua foto è la più forte denuncia dello strazio che stanno subendo i civili siriani.

    Chi lo scorso dicembre è stato costretto a lasciare Aleppo est si trova ora in condizioni terribili nella provincia di Idlib. “Abbiamo abbandonato le nostre case dopo anni di violenze e ora viviamo in condizioni precarie qui nei sobborghi di Idlib”, denuncia a un’attivista locale Khawla Omar, infermiera.

    “Ci siamo lasciati alle spalle le nostre vite, la nostra dignità, ma ci hanno seguito le bombe e le violenze. Questa è un’operazione di pulizia etnica”, conclude Khawla.

    I civili sono sotto il fuoco incrociato del regime e dei suoi alleati, Russia e Iran, dei ribelli, dei miliziani di Daesh e anche della Coalizione internazionale. Secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti umani, tra giugno e settembre 2017 i bombardamenti della Coalizione hanno ucciso almeno 1064 civili, tra cui 248 bambini solo nella città di Raqqa.

    La scorsa settimana ben dieci ospedali sono stati messi fuori uso a causa dei bombardamenti, privando così migliaia di civili dell’assistenza sanitaria. Ad aggravare la crisi umanitaria c’è l’aumento degli sfollati, circa 200mila fuggiti nelle ultime settimane solo da Deir Ezzor, dove manca persino l’acqua potabile.

    Testimoni oculari hanno raccontato che le acque del fiume Eufrate, che attraversa la città di Deir Ezzor, si sono tinte di rosso all’altezza del punto di attraversamento di al Quria a causa del sangue dei civili uccisi nella fuga. A Deir Ezzor si sta svolgendo una cruenta battaglia contro gli ultimi bastioni di Daesh, ma sono i civili inermi a pagare il prezzo più alto.

    Secondo quanto diffuso oggi da fonti civili, dopo la fuga dei miliziani del califfato dal villaggio di Hatla, a ovest di Deir Ezzor, l’esercito siriano avrebbe accerchiato le famiglie rimaste nelle loro case, uccidendo almeno quindici persone con armi bianche. “Abbiamo rivissuto l’incubo dei massacri commessi con l’uso di coltelli dall’esercito nel 2011 ad al Bayada, in provincia di Homs e ad al Qusur, in provincia di Deir Ezzor”, hanno raccontato gli abitanti della zona ai media.

    Migliaia di civili, assediati da Daesh per oltre due anni, sono ora in fuga per scampare alle ritorsioni del regime e delle Syrian Democratic Forces, che giustificano le loro operazioni militari nella zona affermando di “dover epurare l’area da ciò che è rimasto di Daesh” e definiscono i civili colpiti “unintentional victims”. “Abbiamo chiesto l’immediato intervento della Croce Rossa per portare soccorso ai civili feriti e stremati nella fuga”, hanno raccontato attivisti civili della zona.

    “La maggior parte degli sfollati feriti si trova in zone passate sotto il controllo delle Forze democratiche siriane, sotto la guida della Coalizione internazionale, e l’accesso dei convogli umanitari ora è facilitato, non possono abbandonarci”, chiedono ancora.

    In questo video la fuga dei civili dalle aree sotto il controllo del sedicente Stato islamico:

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