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    Chi sono gli Yazidi, la minoranza irachena perseguitata dall’Isis

    Credit: Safin Hamed
    Di Laura Melissari
    Pubblicato il 5 Ott. 2018 alle 14:01 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 19:53

    Si è tornato a parlare degli yazidi, la minoranza irachena perseguitata dall’Isis, dopo la vittoria del Premio Nobel per la Pace 2018 a Nadia Murad, 25enne simbolo degli abusi sessuali contro la minoranza. (Qui la sua storia).

    Chi sono gli yazidi

    La comunità religiosa dei yazidi vive tra l’Iraq, la Siria e la Turchia, e conterebbe fra i 100mila e i 700mila membri.

    Questa minoranza religiosa venera sette angeli differenti, motivo per cui viene considerata di stampo politeista da parte dello Stato Islamico. Il più importante di questi angeli a cui i yazidi rivolgono le loro preghiere è Melek Taus – rappresentato come un pavone – un angelo caduto sulla Terra dopo essersi rifiutato di chinarsi di fronte ad Adamo. Secondo la tradizione islamica, lo stesso personaggio porta il nome di Shaytan, ovvero Satana.

    Mentre nell’Islam viene visto come un angelo disobbediente, i yazidi ne venerano l’indipendenza e il coraggio, e credono che Dio lo abbia perdonato e riportato nei cieli. Agli occhi dei miliziani dell’Isis, questo non fa che rendere i yazidi degli adoratori del diavolo.

    Le convinzioni dei yazidi si basano su una tradizione orale e non hanno alcun testo sacro – un altro motivo per cui agli occhi dei combattenti dell’Isis, i yazidi appaiono come degli infedeli, ancor più spregevoli dei cristiani e degli ebrei.

    Per i yazidi quindi non vi sarebbe alcuna possibilità di poter pagare una tassa, la cosiddetta jizya, al fine di essere liberati dai loro rapitori, come accade invece per ebrei e cristiani.

    Il genocidio yazida del 2014

    La notte del 3 agosto 2014, veniva perpetrato il genocidio nei confronti della popolazione yazida della cittadina di Sinjar, in Iraq.

    Cinquemila persone rimasero uccise e altre settemila furono rapite, schiavizzate e violentate. Tra queste c’erano soprattutto donne e minori.

    I sopravvissuti al massacro furono costretti a convertirsi alla visione salafita estremista dell’Islam propugnato dai miliziani del sedicente Stato Islamico.

    Chi rifiutava la conversione veniva ucciso. Almeno mille bambini yazidi rapiti dai terroristi furono invece inviati in campi di rieducazione per essere addestrati a diventare attentatori suicidi.

    Gli Yazidi sono una comunità religiosa che vive prevalentemente in Iraq. A livello etnico, queste persone sono curde e parlano la lingua dei peshmerga.

    La loro fede è un antico culto misterico, tollerato per secoli dalle autorità islamiche. Gli Yazidi, in curdo Ezidī, credono in una divinità primigenia che ha creato l’Universo, manifestandosi poi sotto forma di sette Grandi Angeli, il primo dei quali è chiamato Melek Tā’ūs.

    Questo antico credo è considerato politeista da parte dei terroristi islamici e pertanto chiunque lo professi merita la morta.

    L’Isis, una volta conquistato il territorio di Sinjar, in Iraq, cominciò a distruggere tutti i templi dedicati a questo culto.

    Durante le violenze, oltre 200mila persone furono costrette a fuggire per evitare le persecuzioni del sedicente Stato Islamico.

    Nel 2015, le forze peshmerga del governo regionale curdo-iracheno hanno riconquistato l’area teatro dei massacri e, al momento, quasi mille yazidi sono tornati nella città di Sinjar.

    La ricostruzione tuttavia non è ancora ricominciata e quel centro urbano che una volta era stato abitato pacificamente da arabi e curdi è oggi una città fantasma.

    La maggior parte degli appartenenti a questa comunità risulta ancora vivere in campi profughi e non è ancora tornata alle proprie case da cui fuggì nell’estate del 2014.

    Si stima che almeno tremila persone di fede yazida siano ancora in schiavitù nelle mani dei miliziani del sedicente Stato Islamico.

    “La ferita della comunità sta ancora sanguinando”, ha detto un uomo all’agenzia di stampa Reuters durante la cerimonia di commemorazione a cui hanno partecipato diverse migliaia di persone tra cui il sindaco e altri dignitari locali, tenuta in un tempio ai piedi della montagna che domina la città di Sinjar.

    La commissione d’inchiesta per i diritti umani delle Nazioni Unite ha definito un genicidio quello perpetrato contro questa comunità in Iraq e ha aggiunto che le violenze non sono ancora finite.

    “Il genocidio è ancora in corso e rimane in gran parte iimpunito, nonostante l’obbligo assunto da tutti gli stati membri dell’Onu di prevenire le violenze”, ha detto un commissario delle Nazioni Unite.

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