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    Cavalcando la Bestia

    Braccati dalle autorità e minacciati dalle gang, ogni anno migliaia di migranti tentano di arrivare in Messico

    Di Marco Dalla Stella
    Pubblicato il 14 Gen. 2014 alle 13:00 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 19:24

    Il viaggio inizia a sud, negli stati di Chiapas e Tabasco. Là, dove il fiume Usumacinta può essere attraversato con la tacita complicità della fitta foresta tropicale e di un giovane Caronte che, in cambio di pochi dollari, sospinge il pneumatico di trattore che funge da chiatta e trasporta i migrantes al di là della frontiera sud, in Messico, nella sala d’aspetto del sogno americano.

    Secondo l’OIM (Internazionale l’Organizzazione per le Migrazioni) sono circa 400 mila le persone che ogni anno entrano in Messico con destinazione Stati Uniti. La maggior parte di loro proviene dai paesi più poveri e vessati dalla criminalità dell’America Centrale (Honduras, Guatemala, El Salvador), ma solo una minima parte (meno della metà) riuscirà a percorrere gli oltre tremila chilometri di strada che li separano dal confine nord.

    La stragrande maggioranza di loro dovrà abbandonare anzitempo il percorso. Furti, sequestri, estorsioni e abusi d’ogni sorta, operati da criminalità organizzata e da apparati corrotti delle forze di polizia, li priveranno delle energie e delle risorse necessarie per portare a termine la traversata.

    «Esiste un accordo non scritto fra Stati Uniti e Messico secondo cui a noi viene lasciato il “lavoro sporco”. Il viaggio attraverso il Messico deve essere più disumano possibile, così che siano pochissimi quelli in grado di raggiungere la frontiera».

    Andrea González Paula conosce bene questa realtà. Da anni assieme al collettivo “Ustedes Somos Nosotros”, formato da docenti e studenti universitari, cerca di garantire il rispetto dei diritti più elementari dei migranti. Inseriti già nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo adottata dall’ONU nel 1948, questi vengono facilmente ignorati dal governo centrale che troppo spesso si dimostra indifferente. «Con che coraggio il governo messicano chiede agli Stati Uniti più diritti per i propri connazionali migranti, quando si comporta perfino peggio con i migranti centroamericani?” accusa Andrea.

    Per sfuggire ai controlli della polizia di migrazione la maggior parte dei migranti è costretta ad attraversare il paese sopra a lunghissimi treni merci. Su questi treni materie prime e prodotti agricoli viaggiano insieme a coloro che hanno contribuito ad estrarli e che andranno a lavorarli nelle grandi fabbriche del nord. Incidenti, cadute ed estorsioni da parte dei cartelli della droga sono i rischi che si corrono quando si decide di viaggiare su La Bestia (così viene chiamato il treno).

    Nell’agosto 2013 uno di questi treni deragliò nello stato di Tabasco causando la morte di 6 migranti ed il ferimento di altri 35. Fu solo l’ultimo di una serie di 15 incidenti che nell’ultimo anno hanno causato la morte di oltre 20 persone.

    Viaggiare via terra non è però più sicuro. I cartelli della droga spesso tengono in ostaggio i migranti per ottenere un riscatto dalle famiglie o li rapiscono per inserirli in reti di traffico di esseri umani. Nel 2010 dei criminali affiliati al cartello della droga dei los Zetas assassinarono ben 72 migranti (58 uomini e 14 donne) che rifiutavano di arruolarsi nell’esercito clandestino dell’organizzazione.

    In un contesto di simile violenza ed estrema corruzione, le “case del migrante” aperte in tutto il Messico da persone come Andrea rappresentano l’unico luogo sicuro. Lì i migranti trovano ristoro, un riparo per la notte e, cosa forse ancor più importante, informazioni. La vera azione di disturbo delle “case dei migranti” nei confronti della criminalità organizzata consiste infatti nell’elargire, agli ospiti che riceve, nozioni base riguardo i diritti che legalmente vengono loro riconosciuti e quali siano le rotte da preferire (o quelle da evitare) nel loro esodo verso nord. Un’attività, questa, che spesso finisce con l’attrarre le sgradite attenzioni della criminalità.

    «Dopo nemmeno un anno di attività la situazione divenne insostenibile. Eravamo continuamente oggetto di minacce e, nonostante denunciassimo tutto alle autorità competenti, non ricevevamo alcuna assistenza. Una volta, di notte, vennero a sparare ai muri della casa, mentre un’altra si presentarono dei salvatruchas [membri delle gang da strada] a minacciarci personalmente”. La Mara Salvatrucha è una delle organizzazioni criminali più estese ed efferate dell’America centrale, che insieme al Cartello del Golfo controlla gran parte del tragitto del treno dei migranti.

    Nonostante le minacce e le violenze subite (poco prima del nostro incontro persone non identificate hanno fatto irruzione in casa di Andrea e del suo compagno per rubare hard disk e chiavette USB) il collettivo Ustedes Somos Nosotros è deciso a non mollare. «A breve apriremo una nuova casa del migrante a Città del Messico e continueremo a dare rifugio e assistenza ai migranti. Non ci fermeranno».

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