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    Cameron, Miliband e i limiti di velocità

    Dopo le dimissioni di Chris Huhne, le elezioni per un nuovo membro del Parlamento sono state disastrose sia per i Conservatori che per il Labour

    Di Michele Barbero
    Pubblicato il 4 Mar. 2013 alle 07:21 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 00:48

    Cameron Miliband e i limiti di velocità

    I destini politici, talvolta, si fanno e si disfano per le ragioni più inaspettate. In Gran Bretagna un notevole subbuglio sta interessando, in un modo o nell’altro, quasi tutti i principali partiti: Cameron teme per la sua leadership, il Labour è costretto a ridimensionare le proprie ambizioni di ‘one nation party’, il movimento antieuropeista Ukip è in tripudio. E tutto a causa di…un’infrazione del codice della strada.

    I fatti prima di tutto. A inizio febbraio Chris Huhne, parlamentare e ministro Lib-Dem, è stato costretto a dimettersi. La sua ex-moglie lo ha infatti accusato di averle ‘girato’ irregolarmente, qualche anno fa, una multa a suo carico per eccesso di velocità.

    Nel Regno Unito, passi falsi come questo si pagano cari. Un processo per “deviazione del corso della giustizia” è stato aperto contro Huhne, il cui destino politico appare ormai segnato. Ma le sue dimissioni hanno reso necessario riempire il seggio vacante con un’imprevista tornata elettorale nella relativa circoscrizione: la città di Eastleigh, nel sud del Paese. E qui sono cominciati i dolori per molti, soprattutto per David Cameron.

    In questo feudo liberaldemocratico, la campagna ha assunto di fatto i connotati di una sfida tra gli altri partiti per assicurarsi almeno la seconda posizione. In particolare per i Tory, da tempo vacillanti nei sondaggi nazionali, questo appuntamento è divenuto una sfida fondamentale per cercare di ribaltare il momento negativo. Ma il voto, tenutosi giovedì scorso, non sarebbe potuto andare peggio per il partito, che ha conquistato una magra terza posizione dietro allo Ukip. Le conseguenze d’immagine sono state disastrose.

    A dire il vero, che a Eastleigh tirasse una brutta aria per i Conservatori si sapeva da tempo. Lo si è visto a esempio quando Boris Johnson, sindaco di Londra e personaggio fra i più popolari e carismatici del partito, si è recato là a fare campagna elettorale. Seguito da un nutrito gruppo di giornalisti, è andato di casa in casa armato del suo sorriso contagioso; ha incontrato le massaie intente a far la spesa al supermercato; ha cercato di convincere, scherzare, rassicurare. Ma di elettori disposti a votare Tory ne sono spuntati ben pochi. Quello che doveva essere un evento ben pianificato e a forte impatto mediatico si è rivelato un flop.

    Poi è arrivata la batosta vera, quella del voto. Ha reso ancora più traballante la posizione di Cameron alla testa del suo partito, in un contesto in cui lo svantaggio rispetto al Labour nei sondaggi nazionali ha fatto sorgere da tempo una fronda interna che chiede un ricambio al potere prima delle elezioni del 2015. Le voci di dissenso, da giovedì, sono tornate a farsi sentire con rinnovato vigore.

    Non solo, i tentativi dell’élite conservatrice di minimizzare la minaccia costituita dallo Ukip sono stati vanificati una volta per tutte. La formazione antieuropeista appare in grado, in molte circoscrizioni periferiche, di strappare ai Tory così tanti voti da comprometterne la competitività con i loro avversari principali.

    Comunque, il nome di Eastleigh non è musica nemmeno per le orecchie dei laburisti. Certo, nessuno può essere stupito dalla loro sconfitta, in una circoscrizione in cui il Labour ha sempre goduto di scarsa popolarità. Ma il quarto posto ottenuto (con meno del 10 per cento dei voti) risulta particolarmente misero, per il partito che aspira ad assumere la guida del Paese nel 2015.

    Insomma, by-elections come questa avranno pure un peso concreto limitato; ma nella cultura politica inglese esse costituiscono dei test che nessuno osa sottovalutare. Da Eastleigh, sia Cameron che Miliband sono usciti con la coda fra le gambe. Maledicendo probabilmente Chris Huhne e la sua mania di correre troppo.

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