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    Brexit, Johnson lancia il suo ultimatum all’Europa: “Compromesso equo o elezioni”

    La proposta all'Europa per superare lo stallo del backstop che minaccia un no deal sulla Brexit il 31 ottobre. Reazioni opposte: Belfast favorevole, Dublino contraria

    Di Veronica Di Benedetto Montaccini
    Pubblicato il 2 Ott. 2019 alle 13:01

    Brexit, Johnson lancia il suo ultimatum all’Europa: “Compromesso equo o elezioni”

    “Due confini per 4 anni”: è questo il senso della “proposta finale” di Boris Johnson per un accordo con l’Unione europea sulla Brexit come alternativa al backstop per il nodo chiave dell’Irlanda del Nord. Irlanda del Nord che uscirebbe dopo la transizione a fine 2021 sia dall’Ue sia dall’unione doganale, come il resto del Regno Unito. Ma rimarrebbe allineata per quattro anni al mercato unico per i beni agricoli e industriali, oltre a godere nello stesso periodo di un’esenzione dal codice doganale europeo e dall’Iva europea.

    Il no dell’Irlanda alla proposta di Bo Jo

    La proposta di accordo inviata da Boris Johnson all’Ue ha scatenato reazioni opposte. La ministra degli Affari Europei di Dublino, Helen McEntee, parla di un’offerta ‘prendere o lasciare’ con aspetti “inaccettabili”.

    E l’opposizione del Fianna Fail di proposte “impraticabili e illegali”. Pieno sostegno a Johnson invece dagli unionisti nordirlandesi del Dup, oppostisi in precedenza al backstop e all’accordo raggiunto da Theresa May.

    La Brexit secondo Johnson: cosa prevede la proposta

    Il Daily Telegraph, giornale vicino al premier conservatore britannico, spiega che la proposta prevede l’istituzione di controlli doganali fra Irlanda e Irlanda del Nord non sulla linea di frontiera (che gli accordi di pace del Venerdì Santo del 1998 indicano debba essere senza barriere), bensì sparsi a una distanza imprecisata da essa: sui due lati del confine.

    E prevede per altro verso che i beni agricoli e industriali commerciati fra Paesi Ue e Irlanda del Nord vengano dichiarati al transito attraverso l’Irish Sea fra la stessa Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito.

    Per alleggerire i controlli e facilitare le cose a Belfast, Londra chiede del resto all’Ue di non imporre all’Irlanda del Nord un codice doganale (Ucc) né le proprie regolazioni sull’Iva (Vat), entrambe richieste problematiche per Bruxelles; oltre a garantire un’esenzione del solo territorio nordirlandese dall’obbligo di uniformarsi alle tutele europee sul lavoro.

    Questo regime andrebbe concordato fin da subito nell’ambito dell’accordo di recesso e resterebbe in vigore per quattro anni, dopo la transizione post Brexit già prevista nella vecchia intesa di divorzio raggiunta con l’ex premier Theresa May. Ossia fino al 2025. Poi spetterebbe al Parlamento locale di Belfast decidere se prorogarlo o istituire un confine più tradizionale con Dublino: decisione destinata potenzialmente a creare forte tensioni fra i maggiori partiti nordirlandesi, unionisti da una parte e repubblicani dall’altra.

    Lo spettro della Hard Brexit

    Boris Johnson rilancia il suo slogan “get Brexit done” accolto da un’ovazione dalla sala alla conclusione del congresso Tory a Manchester. “Con un accordo, ma in ogni caso” il 31 ottobre, ripete.

    Poi accusa la Camera dei Comuni di aver finora “rifiutato di attuare la Brexit, rifiutato di presentare qualunque proposta costruttiva e rifiutato le elezioni”, di non ascoltare gli elettori che vogliono ormai guardare avanti e di aver presentato “una legge della resa” per un rinvio contro l’opzione del no deal.

    > Brexit, manca un mese (forse) (di Maurizio Carta)
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