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    La mostra d’arte queer chiusa in Brasile per “blasfemia, pedofilia e zooerastia”

    Di TPI
    Pubblicato il 13 Set. 2017 alle 11:38 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 20:28

    Il 10 settembre 2017 la mostra sulla diversità di gender nell’arte al Queermuseu di Porto Alegre, in Brasile, ha chiuso le porte ai visitatori.

    Inizialmente, la mostra, inaugurata il 15 agosto, doveva rimanere aperta fino al 3 ottobre. 

    In seguito a video diffusi sul web raffiguranti alcune delle opere, i movimenti politici conservatori brasiliani, tra cui il MBL (Movimento Brasil Livre) – tra i promotori dell’ascesa al potere dell’attuale presidente Michel Temer ai danni di Dilma Rousseff – hanno accusato le opere presenti in mostra di blasfemia, pedofilia e zooerastia (un disturbo sessuale riferito ai rapporti sessuali con animali da parte di uomini e donne). 

    La mostra intitolata Queermuseu – Cartografias da Diferença na Arte da Brasileira (Museo Queer – Cartografie sulla differenza nell’arte del Brasile) e curata da Gaudêncio Fidelis esponeva circa 270 opere datate tra la metà del ventesimo secolo e i giorni nostri di 85 artisti tra cui: Adriana Varejão, Alfredo Volpi, Cândido Portinari, Clóvis Graciano, Fabio Del Re, Flávio Cerqueira, Leonilson and Gilberto Perin. L’intento della mostra era quello di provocare una riflessione sulle problematiche di gender senza precedenti nella storia del Brasile. 

    Tra le opere d’arte esposte che hanno suscitato le maggior critiche si annoverano ‘Cena de Interior 2’ (1994) di Andriana Varejão, che ritrae nei dettagli due commensali in un rapporto sessuale con un animale, ‘Et Verbum’ (2011) di Antonio Obá raffigurante ostie chiamate con nomi di organi sessuali e ‘Criaça Viada’ (2013) di Bia Leite, dipinto di una coppia di bambini, uno transessuale e uno omosessuale.

    Sulla repentina chiusura della mostra a seguito delle polemiche, il banco culturale Santander – che finanziava la mostra – ha dichiarato che lo scopo dell’associazione è quello di promuovere l’arte e il dibattito in relazione alle problematiche dei nostri tempi e non di mancare di rispetto e generare discordia tra il pubblico. Di qui l’inappellabile decisione di chiudere. 

    Non sono mancate le polemiche da parte degli artisti e dell’opinione pubblica, che associano l’episodio di censura e la mancanza di libertà di espressione al buio periodo sotto l’amministrazione Temer. Una censura che nella percezione dei brasiliani ricorda vagamente il ventennio di feroce dittatura militare (1964-1985). Il quotidiano britannico The Guardian definisce l’accaduto “un uragano sulla libertà di espressione artistica”.

    Sul suo profilo Instagram, Cibelle, una delle artiste in mostra, ha scritto: “La censura è tornata in Brasile. La dittatura si sta rivelando a poco a poco … questa grande mostra su gender e diversità è stata chiusa a seguito di proteste di esponenti di destra appartenenti al movimento MLB. Il mio lavoro e il lavoro di molti amici è lì. È davvero così offensivo?! Per favore diffondete la notizia.” 

    Come riportano testate nazionali, anche il curatore Fidelis ha espresso il suo disappunto, accusando pubblicamente Santander di mancanza di trasparenza e democrazia, per aver chiuso la mostra senza la previa consultazione di artisti e curatori. Dopo numerosi articoli su importanti testate Brasiliane come O Globo, El País, Folha de São Paulo e altri, la notizia sta facendo il giro del mondo.

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
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