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    Bangladesh, proseguono le proteste per gli omicidi extragiudiziali della polizia

    Credit: Habibul Haque/Drik

    Oltre 2.400 persone sono state uccise dalla polizia bengalese negli ultimi 10 anni mentre le famiglie e la società civile non si arrendono alla violenza

    Di Iqbal Hossain
    Pubblicato il 15 Ott. 2020 alle 14:02 Aggiornato il 15 Ott. 2020 alle 19:15

    “Papà, perché piangi?”. Questo voleva sapere al telefono la figlia di Ekramul Haque, ucciso nel maggio del 2018 in un presunto scontro a fuoco con il Rapid Action Battalion (RAB), l’unità antiterrorismo della polizia del Bangladesh. La famiglia sostiene che Akram, com’era conosciuto il consigliere municipale, sia stato vittima della rivalità politica in corso nel Paese asiatico. È così che avvengono le esecuzioni extragiudiziali in Bangladesh. 

    Secondo la locale organizzazione per i diritti umani Odhikar, dal gennaio 2009 al dicembre dello scorso anno, quasi 2.470 persone sono state uccise dalla polizia bengalese, in particolare dalle unità RAB e Detective Branch delle forze di sicurezza.

    Tra il primo gennaio e il 25 giugno 2020, almeno 134 persone sono rimaste vittime di esecuzioni extragiudiziali in Bangladesh. Inoltre, negli ultimi 10 anni, 695 persone sono morte mentre si trovavano in custodia in carcere. Oltre 601 persone risultano disperse, 7.806 donne hanno subito violenze sessuali, 1.934 minori sono stati torturati e 18 sono stati uccisi. 

    Recentemente, la famiglia del maggiore Sinha Rashed Khan, un militare in congedo il cui caso di omicidio era stato archiviato, ha trovato il coraggio di rivolgersi alla giustizia, denunciandone l’uccisione da parte della polizia. Intanto, varie personalità bengalesi, compresi diversi militari in congedo, hanno protestato contro l’omicidio di un maggiore dell’esercito mentre molte famiglie non osano denunciare quanto accaduto ai propri cari.

    L’omicidio, l’arresto e la scomparsa dei sospetti senza processo non è certo previsto dalla Costituzione del Bangladesh, che viene costantemente violata. 

    Credit: Habibul Haque/Drik

    Il 4 settembre scorso, la direzione della Drik Picture Library, un’importante istituzione culturale di Dacca, e il noto giornalista locale, Shahidul Alam, hanno organizzato una grande manifestazione di protesta contro le esecuzioni extragiudiziali in tutto il Paese asiatico. La biblioteca ha celebrato il 31esimo anniversario dalla propria fondazione con una mostra fotografica e altri eventi, dedicati proprio alla denuncia di vari casi di omicidi rimasti impuniti da parte delle forze di sicurezza.

    Credit: Habibul Haque/Drik

    Non solo l’allestimento di questa mostra è stato duramente contestato ma anche i partecipanti alla protesta sono stati presi di mira da alcuni aggressori non identificati, un episodio deprecabile e inaudito per un Paese democratico, che non riesce nemmeno a garantire la sicurezza delle manifestazioni organizzate da un’associazione culturale.

    Il giornalista Shahidul Alam guida la protesta contro le esecuzioni extragiudiziali Credit: Habibul Haque/Drik

     “Non è la prima volta che accade: avevo già organizzato una mostra dedicata alle esecuzioni extragiudiziali nel 2010 e anche allora ci furono vari disordini”, spiega Shahidul Alam. “Non penso sia possibile che questi episodi possano ancora far parte, dopo 10 anni, del sistema politico ed economico del Paese”.

    Secondo il giornalista bengalese è inconcepibile che qualcuno debba implorare per avere salva la vita ed essere risparmiato soltanto in cambio di un riscatto tra i 500 mila e i 5 milioni di taka, tra i cinquemila e i cinquantamila euro. “Il tutto ignorando completamente il sistema giudiziario”. A questo proposito, Shahidul Alam ha invitato tutti a proseguire la lotta contro le violenze della polizia e ad alzare la voce per salvare il Bangladesh.

    * Articolo tradotto da Oriana Chiacchiera

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