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    Atene Crack

    Il degrado della piazza è il vero simbolo della crisi greca. C'è chi raccatta soldi per strada e fa uso di droga in pieno centro

    Di Giulio Gambino
    Pubblicato il 23 Giu. 2012 alle 13:54 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 02:31

    Atene Crack

    Li vedi camminare per strada in pieno giorno. Hanno 23, 24 e 25 anni. Alcuni anche 30. Girano l’angolo, si siedono su di un muretto e s’infilano un ago in vena. Senza pensarci nemmeno più di tanto. Un attimo di sofferenza (il volto teso, lo sguardo nel nulla) e poi il sollievo. Duraturo. È questa l’immagine che, forse più di ogni altra, meglio racconta la “crisi greca”. L’incubo di tutti i giorni. Di cui tutti parlano, ma che nessuno conosce. Nessuno sa realmente cosa sia. Dove sia. E in quali modi si manifesti. Eppure, eccola qui: davanti agli occhi di tutti. Prendere o lasciare. Scene di normale quotidianità, assicurano anziani, donne e bambini.

    Non esistono statistiche e numeri in grado di provare con precisione il quadro della situazione generale. Percezioni, fiuto e storie raccontate qui e là. Ma soprattutto scatti. Attimi di una realtà amara. Lontana anni luce da quella italiana. Eppure a sole tre ore di volo. Le immagini che pubblichiamo in esclusiva lo testimoniano con evidenza. Ritraggono un paese in preda al caos. Che non conosce vie di scampo. Prima la fuga per ritirare il danaro dagli sportelli telematici, poi il degrado sociale. Oltre il danno la beffa. In una città, Atene, che sta perdendo le speranze. Qui, complessivamente, il 30 per cento dei negozi ha già chiuso i battenti a partire da agosto 2010. I costi sono troppo elevati e le bollette carissime. Pile di fascicoli e carte ammassate. Una sopra all’altra. Come carta straccia. È la burocrazia di Atene.

    Saracinesche serrate e caldo torrido: nei giorni feriali, in giro per la capitale, circa la metà dei negozi è “κλειστό”, ossia chiuso. Strutture antiche o moderne, poco cambia, tutte inconfondibilmente abbandonate. O meglio: in fallimento. Perché da vendere c’è ben poco e nessuno compra. Il lavoro è un miraggio lontano. Alcuni, fanno addirittura fatica a sopravvivere. E raccattano gli euro per strada, dalle grate di scolo per la pioggia. Li vedi chinati alla ricerca di qualcosa. Oppure in fila come fossero in mensa per mendicare un pasto e qualcosa da bere.

    I più poveri fanno quel che possono. Gli “altri”, i più benestanti, faticano ad abbandonare quei lussi che erano abituati di potersi permettere. E ai quali si rimediava anche indebitandosi, se necessario. Sempre. A suon di crediti, conti manomessi e mala gestione. Così anche la droga. L’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze ha affermato che l’ultima analisi ufficiale in Grecia risale al 2004 ed è stata redatta dalla University Mental Health Research Institute (UMHRI). La situazione non è così allarmante rispetto ad altri paesi europei, ma secondo lo studio quasi il 9 per cento della popolazione greca tra i 12 e i 64 anni avrebbe fatto uso di droga, in particolare cannabis.

    Ogni anno quasi 300 persone muoiono “per overdose”. Il 40 per cento dei detenuti in Grecia sarebbe dipendente da qualche tipo di droga. Con la crisi, poi, è peggiorato tutto: da gennaio 2011 si stima un aumento del 1000 per cento delle infezioni da HIV tra gli eroinomani. Stando a un report governativo del 2009, solo nella regione di Atene i tossicodipendenti sarebbero quasi 12 mila (nel 2008 si stimava fossero meno di 8 mila). Così oggi se ne vedono d’ogni tipo in giro per la capitale. Come al Centro Culturale di Atene, in Via Akademias, a pochi passi dal Parlamento in Piazza Syntagma (pieno centro). Negli angoli e nei vicoli dietro le grandi strade la polizia non sembra arrivare. Non come per le strade che portano fuori da Atene: dove invece vige un trionfo di pattuglie armate appostate per il controllo della velocità. Anche qui, come da noi in Italia, è diffusa l’abitudine di lampeggiare ai veicoli nella corsia opposta per allertare del “pericolo” in vista.

    Ma più di ogni altra cosa, è la consapevolezza di un futuro incerto a rendere pesante la quotidianità. Il tenore di vita tra la gente comune è cambiato. Drasticamente. Il minimo salariale oggi è di 580 Euro al mese; le pensioni sono state tagliate del 20 per cento. Proteste, violenza e crimine sono in crescita. Anche gli arresti, in media, sono aumentati durante la crisi. Il prezzo dell’eroina è sceso. I tagli alla Sanità e le misure di austerità hanno inciso sui trattamenti dei tossici nei centri di riabilitazione. Di soldi non ce ne sono. E nemmeno la “depenalizzazione delle droghe” ha portato benefici concreti. Anche se i soldi finora spesi per prigioni e processi saranno investiti in nuovi centri di riabilitazione, fino a tre anni fa erano solo 77 i programmi di reintegrazione sociale.

    Anche contando il lavoro svolto da KETHEA, un istituto indipendente che ha messo a disposizione circa 100 unità di pronto intervento in 21 città greche, la cifra rimane bassa. Sono quasi 2 mila gli “assistiti” tra ragazzi e adulti. Mentre si stima che solo nel 2010 i tossicodipendenti che si sono rivolti a KETHEA siano 3200 e oltre 6 mila i familiari sostenuti da centri specializzati. Ma non abbastanza, evidentemente, per tutti quanti. Eppure, quella ad Atene “non è una rivoluzione”, ci tengono a precisare alcuni. Le immagini dei media alterano la percezione della crisi reale. Lontani da Atene, nelle cittadine circostanti, non si respira un’atmosfera così negativa. “Gli uomini al potere questo lo sanno. E usano la gravità della ‘crisi’ a loro piacimento”, riflettono altri.

    Ad Atene hanno paura di un’ondata anomala che travolga l’intero paese. Del resto, Bruxelles e Berlino sono percepite come metropoli lontanissime. Che sfruttano i più deboli a loro piacimento. La Merkel è una che li ha messi “con le spalle al muro: non abbiamo alternative, più debito rimborsiamo più diventiamo poveri”. La medicina per i greci è amara. Ma nella Grecia del Terzo Millennio questo è il prezzo da pagare. Il rischio è che la guarigione giunga troppo tardi.

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