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    Arabia Saudita, la protesta delle donne che indossano l’abaya al contrario: “La Sharia viola la libertà delle donne di vestirsi come vogliono”

    Credit: Afp

    Decine di donne hanno organizzato una protesta contro l'obbligo di indossare il tradizionale abito nero al contrario. "Le femministe saudite sono infinitamente creative, hanno inventato una nuova forma di protesta", ha scritto su Twitter l'attivista Nora Abdulkarim

    Di Marta Facchini
    Pubblicato il 22 Nov. 2018 alle 13:24 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 20:22

    “Ho cominciato a portare la mia veste a rovescio per esprimere la mia contrarietà alla Sharia che viola la libertà delle donne di vestirsi come vogliono”, ha scritto una donna saudita su Twitter. Poi, quando è uscita di casa, ha messo alla rovescia l’abaya, la tradizionale palandrana nera che le donne sono obbligate a indossare sempre in pubblico.

    Non è stata la sola perché decine di donne dell’Arabia Saudita hanno pubblicato sui social le foto dell’abito indossato alla rovescia, accompagnandolo dall’hastag #insideoutabaya. L’attivista Nora Abdulkarim, sul suo profilo Twitter, ha scritto: “Poiché le femministe saudite sono infinitamente creative, hanno inventato una nuova forma di protesta”.

    La contestazione è stata interpretata non solo come una rivendicazione della libertà di scelta ma come una protesta contro il principe ereditario Mohammed bin Salman che, sebbene abbia più volte affermato che indossare la veste non è un obbligo sancito dall’islam.

    “Le leggi sono molto chiare: le donne devono vestirsi in modo decente e rispettoso, come anche gli uomini. Ma non è specificato che debba essere un’abaya, sta alle donne scegliere che tipo di indumento, decente e rispettoso, indossare”, aveva detto MbS.

    Tuttavia, l’uomo più potente del regno ha emesso alcun editto formale in tal senso e sono molte le donne che denunciano di essere costrette a indossare la veste, che lascia scoperte solo le mani e i piedi, per evitare di essere aggredite, insultate o fermate dalla polizia.

    Mohammed bin Salman ha più volte promesso di modernizzare il paese ma nel regno continuano gli arresti e le violenze nei confronti dei difensori dei diritti umani. Amnesty International ha denunciato arresti e torture di attiviste, incarcerate senza essere state prima sottoposte a un giusto processo. L’organizzazione umanitaria ha raccolto le testimonianze di almeno tre attivisti, secondo i quali le torture si sono verificate nella prigione saudita di Dhahban, dove uomini e donne sono stati ripetutamente colpiti con scariche elettriche e frustate.

    Una delle attiviste, mentre veniva interrogata, è stata molestata da un agente coperto da una maschera e un altro ha tentato di suicidarsi, secondo quanto riporto dall’organizzazione non governativa. Molte delle persone colpite non riuscirebbero più a camminare correttamente a causa delle lesioni riportate. Secondo Human Rights Watch, le autorità saudite hanno colpito le cosce delle donne con frustate e scariche elettriche.

    Nel 2017 l’Arabia Saudita ha condotto una massiccia campagna di arresti contro intellettuali di spicco, attivisti per i diritti umani e studiosi che molti analisti ritengono parte della campagna del principe per affermarsi come leader del regno arabo.

    “A poche settimane di distanza dall’efferato omicidio del giornalista Jamal Khashoggi queste drammatiche denunce, se confermate, costituirebbero un ulteriore vergognoso esempio di violazioni dei diritti umanida parte delle autorità saudite”, aveva detto Lynn Maalouf, direttrice delle ricerche sul Medio Oriente di Amnesty International.

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