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    In Arabia Saudita migliaia di donne chiedono la fine del sistema della tutela maschile

    Nel regno saudita le donne devono avere il consenso di un tutore di sesso maschile per sposarsi, per viaggiare all'estero, per affittare una casa, per lavorare

    Di TPI
    Pubblicato il 27 Set. 2016 alle 10:17 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 20:27

    In Arabia Saudita oltre 14mila donne saudite chiedono di porre fine al sistema di “tutela” da parte degli uomini. La petizione è stata consegnata al governo. 

    Secondo le regole vigenti nel regno saudita, profondamente conservatore, le donne devono infatti avere il consenso di un tutore di sesso maschile, che sia il padre, il fratello o un altro parente, per sposarsi, per ottenere il passaporto, per viaggiare all’estero e spesso anche per lavorare o studiare, anche se non è espressamente previsto per legge. 

    Il supporto per la prima grande campagna sul tema è stato molto ampio, anche grazie a una grande diffusione su Twitter. L’attivista Aziza Al-Yousef ha detto di essere “molto orgogliosa” della campagna, ma che ora c’è bisogno di una risposta.

    In Arabia Saudita c’è bisogno del tutore anche per affittare una casa, per sottoporsi a un intervento in ospedale, per intraprendere una causa legale. Se un “tutore”, definito anche “guardiano”, abusa di una donna o ne limita la sua libertà, è praticamente impossibile fare ricorso alla giustizia. 

    Su Twitter l’hashtag in arabo, tradotto come “le donne saudite vogliono abolire il sistema di tutela” è diventato virale dopo la pubblicazione di un rapporto di Human Rights Watch sulla questione. Simbolo della protesta è stato un braccialetto con la scritta “Sono la guardiana di me stessa”. 

    Centinaia di donne – una stima suggerisce ben 2.500 – hanno inondato l’ufficio del re saudita nei giorni scorsi di messaggi che appoggiano la campagna.

    La ricercatrice di Human Right Watch, Kristine Beckerle, che ha lavorato al rapporto, ha definito la mobilitazione delle donne come “incredibile e senza precedenti”.

    “Ero sbalordita non solo dalla diffusione, ma dalla creatività con cui è stata portata avanti,” ha detto. “È ormai innegabilmente chiaro che le donne non hanno più intenzione di essere trattate come cittadini di seconda classe ed è giunto il momento che il governo saudita le ascolti”. La campagna ha ottenuto l’appoggio anche di alcuni uomini. 

    Tuttavia, alcune donne saudite, riunite sotto l’hashtag #TheGuardianshipIsForHerNotAgainstHer (la tutela è a loro favore, non contro di loro) non hanno appoggiato la mobilitazione, sostenendo che il sistema di tutele va solo riformato. 

    L’attivista Aziza Al-Yousef, che nel 2013 era stata fermata dalla polizia per aver infranto il divieto di guidare, ha detto che non si aspetta che la petizione possa avere conseguenze negative. “La questione fondamentale è quella di trattare le donne come cittadini a tutti gli effetti”, ha detto lei. La petizione non ha ancora ricevuto risposta ufficiale da parte del governo. 

    Il video di Human Rights Watch sulle donne saudite che non possono liberamente viaggiare all’estero: 

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