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    Che cosa vuol dire veramente OK?

    Il 23 marzo del 1839, sul Boston Morning Post, comparve per la prima volta sulla carta stampata quest’inconsueto termine, destinato a diventare universale

    Di TPI
    Pubblicato il 23 Mar. 2017 alle 09:24 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 01:36

    È una parola che usiamo tutti i giorni – a voce, per
    iscritto o addirittura con i gesti delle mani -, ma pochi ne conoscono l’origine,
    che in effetti è piuttosto incerta anche per gli storici e i linguisti.

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    La parola in questione è “Ok”, anche nota come “O.k.” e “Okay”,
    e in italiano sostituisce spesso, a causa della sua brevità, altre espressioni autoctone
    come “Va bene”, “Ottimo” o “D’accordo”. La sua diffusione in Italia viene fatta
    risalire alla Seconda guerra mondiale, quando lo sbarco delle truppe
    statunitensi fece sì che, oltre alle gomme da masticare e alle sigarette, i
    soldati portarono con sé anche alcuni termini che gli italiani impararono in
    fretta a conoscere e a usare.

    Per quanto riguarda invece l’uso nelle terre anglosassoni, l’etimologia
    della parola non è chiara, ma si può almeno indicare con certezza quando fu la
    prima volta che il termine comparve su un documento.

    Come scrive Allan Metcalf,
    che a questa brevissima parola ha dedicato un intero libro: OK:
    The Improbable Story of America’s Greatest Word
    (“OK: La storia
    improbabile della più grande parola americana”), la sua prima apparizione
    stampata è datata 23 marzo 1839, quando a pagina 2 del quotidiano Boston Morning Post, comparve quest’inconsueto
    termine.

    In particolare, le due lettere comparvero in un breve
    articolo che in modo giocoso derideva un giornale rivale, il
    Providence Journal, per una notizia
    fasulla che questo aveva a quanto pare pubblicato. Visto il tono scherzoso e
    canzonatorio dell’articolo, a un certo punto si diceva, di sfuggita, “
    o.k. – all correct”, ovvero “o.k. – tutto corretto”. In quegli anni
    era infatti una pratica piuttosto diffusa tra i giovani, soprattutto nei
    circoli letterari, quella di abbreviare parole in modo scorretto, per parlare
    un proprio gergo personale . Così nascevano “K.Y.”, abbreviazione di
    “Know Yuse”, che in realtà suona come
    no use (“non serve a niente”), oppure “O.W.”, abbreviazione
    di “Oll Wright”, uguale nella pronuncia a
    all
    right
    (“tutto bene”).

    Allo stesso modo, O.K.
    stava per oll korrect, versione
    sgrammaticata di all correct, “tutto
    corretto”, come appunto l’articolo del Boston Morning Post spiegava.

    Come poi la parola abbia avuto il successo straordinario che
    ha avuto è uno dei misteri della linguistica, ma da quel giorno del 1839, quel
    gergo locale dei giovani statunitensi è diventando uno dei termini più
    universali che esistano, usato e conosciuto in tutto il mondo e difficile da
    sostituire.

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