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    Amnesty International accusa Shell di crimini contro l’umanità in Nigeria negli anni ’90

    Credit: Afp

    Amnesty International ha invitato Regno Unito, Nigeria e Paesi Bassi ad aprire un procedimento penale nei confronti dei vertici di Shell, accusati di complicità in “omicidio, stupro e tortura”

    Di Giuseppe Loris Ienco
    Pubblicato il 28 Nov. 2017 alle 12:34 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:45

    Amnesty International ha chiesto l’apertura di un’indagine per far luce sulla sospetta complicità della multinazionale petrolifera olandese Shell in una serie di violazioni dei diritti umani commesse dall’esercito nigeriano nei confronti dei civili negli anni Novanta. La notizia è stata diffusa dal quotidiano britannico “The Guardian”.

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    Una responsabilità messa in evidenza da una serie di dichiarazioni di testimoni e documenti aziendali interni – pubblicati sul sito della ong martedì 28 novembre – sul ruolo di Shell nella repressione delle manifestazioni nella regione dell’Ogoniland, territorio del Delta del Niger dove il colosso olandese del petrolio ha cominciato a trivellare nel 1958.

    Amnesty International ha invitato Regno Unito, Nigeria e Paesi Bassi ad aprire un procedimento penale nei confronti dei vertici di Shell, accusati di complicità in “omicidio, stupro e tortura”.

    La maggior parte dei documenti diffusi in rete dalla ong per dimostrare le proprie accuse erano già noti da tempo. Alcuni, invece, rappresentano un’assoluta novità.

    Tra questi vi sono alcune dichiarazioni rilasciate da testimoni che riferiscono di come Shell abbia organizzato un’unità di poliziotti sotto copertura, addestrati dalle forze di sicurezza statali nigeriane, con il compito di sorvegliare le attività in Ogoniland dopo l’annuncio del ritiro della compagnia dalla regione.

    Ritiro avvenuto a inizio 1993 per la presenza di serie minacce alla sicurezza cui però, secondo Amnesty International, sono seguiti “numerosi tentativi di riavvio delle estrazioni nella regione” e di repressione delle proteste organizzate dal Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni (Mosop).

    Il gruppo, formato dallo scrittore e attivista nigeriano Ken Saro-Wiwa, faceva pressioni per ottenere l’autonomia politica ed economica per la popolazione indigena e maggiori tutele nei confronti di un potenziale disastro ecologico nei siti d’estrazione di Shell.

    Proprio la campagna promossa da Saro-Wiwa, giustiziato nel 1995 nel pieno della repressione del governo nigeriano nei confronti del popolo Ogoni, ebbe grande importanza nel successo nei confronti di Shell nel 1993; non sufficiente, però, a interrompere le proteste, intensificatesi dopo l’annuncio della multinazionale petrolifera di voler realizzare un nuovo oleodotto attraverso la regione.

    Negli scontri con le forze armate nigeriane morirono circa mille persone. Altre 30mila furono costrette ad abbandonare le loro abitazioni dopo la distruzione di alcuni villaggi.

    Per Audrey Gaughran, direttrice dei temi globali di Amnesty International, “le prove dimostrano che Shell ha più volte incoraggiato l’esercito nigeriano ad affrontare le proteste della comunità, pienamente consapevole delle possibili conseguenze: omicidi, stupri, torture e incendi”.

    Gaughran ha detto che i documenti diffusi dalla ong sono più che sufficienti per aprire un’indagine sul ruolo di Shell negli eventi in Ogoniland di poco più di 20 anni fa: “Mettere insieme tutte le prove rappresentava il primo passo. Adesso siamo pronti per preparare un fascicolo penale da inviare a tutte le autorità interessate”.

    Amnesty International crede che la multinazionale olandese abbia fornito supporto logistico all’esercito e, in almeno un’occasione, pagato un comandante noto per non avere alcun rispetto dei diritti umani.

    Shell ha respinto più volte le accuse relative ai rapporti con le forze armate e di sicurezza nigeriane, dichiarando pubblicamente che gli agenti di polizia schierati nelle sue proprietà erano stati contattati con il solo compito di proteggere il personale e le strutture.

    Un portavoce della divisione nigeriana del colosso petrolifero ha così commentato le dure accuse di Amnesty International: “Il supporto ai diritti umani, in linea con il ruolo legittimo delle attività economiche, è fondamentale per Shell, che crede nell’importanza di valori come onestà, integrità e rispetto per gli altri. Le accuse di Amnesty sono false e prive di fondamento: Shell Petroleum Development Company of Nigeria non ha collaborato in alcuna maniera alla repressione delle proteste della comunità Ogoni, né ha incoraggiato atti di violenza in Nigeria. Siamo sicuri del fatto che le prove saranno in grado di dimostrare l’assoluta estraneità di Shell in questi eventi tragici”.

     

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