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    Amazon, dipendenti fanno pipì nelle bottiglie per timore di essere puniti per perdita di tempo

    Credit: Afp

    Il racconto di un giornalista britannico che ha lavorato in incognito in un magazzino della multinazionale

    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 20 Apr. 2018 alle 10:42 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:44

    In un magazzino di Amazon nel Regno Unito alcuni dipendenti fanno la pipì in bottiglie di plastica per paura di essere rimproverati per perdite di tempo.

    È quanto emerge da un servizio del tabloid britannico The Sun, che mandato un giornalista in incognito all’interno della struttura.

    Secondo il giornalista, i lavoratori utilizzano il cosiddetto metodo “bottiglia-toilette”.

    “La gente fa la pipì nelle bottiglie perché vive nella paura di essere punita per tempo di inattività e di perdere il lavoro solo perché ha bisogno del bagno”, ha scritto l’autore del servizio, James Bloodworth.

    Il giornalista ha lavorato sotto copertura nel magazzino di Amazon a Rugeley, vicino Birmingham, nel Regno Unito.

    Bloodworth ha svolto turni da dieci ore come selezionatore di merci per la spedizione e ha raccontato quello che ha visto durante la sua esperienza.

    Ha affermato che i lavoratori venivano continuamente monitorati per perdite di tempo da parte dei supervisori.

    Per raggiungere i servizi igienici era necessaria una camminata di dieci minuti.

    Il giornalista ha detto che il magazzino di Rugeley è come una prigione con controlli di sicurezza analoghi a quelli in vigore negli aeroporti.

    Felpe con cappuccio e occhiali da sole sono vietati, così come i telefoni cellulari.

    Amazon ha replicato all’articolo, dichiarando che “garantisce a tutti i suoi associati un facile accesso ai servizi igienici,che sono a pochi passi dal luogo di lavoro”.

    “Amazon offre un luogo di lavoro sicuro e positivo per migliaia di persone in tutto il Regno Unito con retribuzione e vantaggi competitivi sin dal primo giorno”, ha detto un portavoce della multinazionale di Jeff Bezos.

    “Vogliamo assicurare un ambiente eccezionale per tutti i nostri dipendenti e lo scorso mese Amazon è stata nominata da LinkedIn come il settimo posto di lavoro più ricercato nel Regno Unito e al primo posto negli Stati Uniti”, ha aggiunto il portavoce.

    Non è la prima volta che Amazon viene accusata di offrire cattive condizioni di lavoro.

    Il 14 novembre 2017, in occasione del cosiddetto Black Friday pre-natalizio, i lavoratori del centro di distribuzione di Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza, hanno indetto uno sciopero per chiedere un aumento dei salari e un adeguamento de turni di lavoro.

    “C’è una situazione di stress psicologico e fisico da sovraccarico sull’apparato muscolo-scheletrico e da ritmi ripetitivi. L’azienda chiede dei livelli di produttività che sono spinti agli eccessi e costringe le persone impegnate in produzione a correre”, aveva dichiarato a TPI Francesca Benedetti, segretaria di Fisascat Cisl Piacenza.

    In occasione dello sciopero Amazon TPI aveva raccolto anche la testimonianza di una lavoratrice che non aveva aderito alla protesta: “Sono rimasta sorpresa dal fatto che sono puntuali nei pagamenti dello stipendio, che ogni straordinario viene pagato da un minimo di 15 minuti, cosa che in altre realtà in cui ho lavorato non accadeva. Ho la 13esima, la 14esima, buoni pasto. C’è la palestra e altri benefit. Io non vedo il motivo per scioperare”, aveva dichiarato Elisabetta Larosio.

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