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    “Così Amazon si è piegata alle richieste di censura del regime cinese”

    Il presidente cinese Xi Jinping e il fondatore e presidente di Amazon Jeff Bezos. Credit: Ansa

    Secondo un'inchiesta di Reuters, il colosso di Seattle avrebbe accettato di rimuovere recensioni negative al libro di Xi Jinping, nel tentativo di accreditarsi col regime di Pechino e continuare a operare in quel mercato

    Di Luca Serafini
    Pubblicato il 20 Dic. 2021 alle 14:57

    Amazon avrebbe assecondato diverse richieste del Governo cinese, tra cui quella di rimuovere le recensioni negative a un libro del presidente  Xi Jinping, per garantirsi i favori del regime di Pechino e poter continuare a operare in quel mercato. A sostenerlo è un’inchiesta di Reuters, che si basa sia su testimonianze di persone a conoscenza dei fatti, sia sulla lettura di un documento interno di Amazon risalente al 2018.

    Nello specifico, le fonti di Reuters hanno rivelato che la richiesta del governo cinese ad Amazon è arrivata in seguito alla pubblicazione, sul sito cinese del gigante dell’e-commerce, di una recensione negativa al libro di Xi Jinping, pubblicato in Italia col titolo “Governare la Cina”. Amazon avrebbe accolto la richiesta tanto che, sulla sua piattaforma cinese, sarebbero stati poi disabilitati tutti i commenti e tutte le recensioni, impendendo di lasciarne di nuovi.

    Ciò contrasta, come evidente, con la politica di Amazon sulle recensioni, che mira in linea teorica alla massima trasparenza, proprio al fine di fornire un’esperienza di acquisto affidabile ai clienti.

    L’inchiesta di Reuters però va oltre, ed evidenzia come questo caso si inscriva in una più ampia strategia, da parte di Amazon, volta a penetrare nel lucroso mercato cinese, anche a patto di cedere a diverse richieste del regime di Pechino. In particolare, nel documento interno visionato da Reuters Amazon avrebbe affermato che, pur essendo a conoscenza delle strategie di propaganda utilizzate dal Partito Comunista Cinese, non aveva intenzione di valutare se quel tipo di operazioni fossero “giuste o sbagliate”.

    Tale attitudine sostanzialmente “neutra” dal punto di vista etico e politico si sarebbe poi riflettuta nelle scelte commerciali operate dal colosso di Seattle. Amazon infatti, al fine di potersi accreditare col Governo cinese e lanciare alcuni suoi prodotti in quel mercato (tra cui il lettore di e-book Kindle) avrebbe messo in piedi una partnership con un ramo dell’apparato di propaganda governativo. Il risultato di questo accordo sarebbe stato la creazione su Amazon.com di una sezione, denominata China Books, dedicata a libri di taglio celebrativo e apologetico sulla Cina e il suo Governo.

    All’interno della sezione China Books si trovano infatti libri che descrivono in termini eroici la lotta della Cina contro la pandemia di Covid-19, tra cui un testo intitolato “Stories of Courage and Determination: Wuhan in Coronavirus Lockdown”. Un altro libro presente su China Books nega la presenza di contrasti etnici nella regione dello Xinjiang, in cui la Cina, secondo le Nazioni Unite, ha internato un milione di uiguri, la minoranza di religione islamica.

    A parere di Reuters, la condiscendenza di Amazon nei confronti del regime cinese avrebbe consentito all’azienda di Jeff Bezos di continuare ad operare in un mercato da cui invece le altre Big Tech occidentali si sono progressivamente ritirate, proprio per l’impossibilità di sottostare a richieste fortemente lesive della libertà di espressione.

    Amazon, a differenza di altre compagnie occidentali, è cresciuta molto in Cina negli ultimi anni, ad esempio nel settore del cloud computing. Amazon Web Services (AWS) è infatti uno dei principali provider per le aziende cinesi a livello globale, secondo quanto riportato nell’inchiesta.

    Come rivela il documento riservato visionato da Reuters, l’introduzione di AWS nel mercato cinese è avvenuta nel 2013, in una fase in cui nessuna legge cinese regolamentava i servizi cloud. Nel 2016, la Cina ha però cambiato strategia, intraprendendo una serie di azioni che hanno reso più difficile per le aziende straniere di cloud computing operare nel Paese. Tra le altre cose, il governo ha iniziato a richiedere ai cloud provider di utilizzare una nuova licenza ad uso esclusivo delle società di proprietà cinese. Secondo il documento interno, in quello specifico momento il regime cinese era diventato “piuttosto ostile” nei confronti di AWS. Quest’ultima però, per venire incontro alle richieste della Cina, avrebbe consegnato la sua tecnologia cloud alle aziende locali, così da poter continuare a operare nel Paese.

    In risposta all’inchiesta di Reuters, Amazon ha dichiarato: “Rispettiamo tutte le leggi e i regolamenti applicabili, ovunque operiamo, e la Cina non fa eccezione”. In relazione alla pubblicazione di testi espressione della propaganda cinese, il colosso di Seattle ha affermato: “Crediamo sia importante fornire accesso a diverse prospettive. Ciò include anche l’accesso a libri che alcuni potrebbero trovare discutibili”. Amazon ha affermato di avere “un’ampia selezione di libri” sulla Cina e che il portale China Books “è un canale aggiuntivo per servire i nostri lettori cinesi negli Stati Uniti e altrove”. In riferimento al tema del cloud computing, Amazon ha replicato a Reuters che AWS, in qualità di provider di servizi cloud, deve fornire le licenze e le proprie tecnologie a partner locali in Cina per essere presente su quel mercato.

    Leggi anche: 1. Così le Big Tech uccidono il mercato 2. Cloud senza regole (per i giganti del web)

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