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    È stato trovato l’accordo che mette fine allo shutdown negli Stati Uniti

    Alex Edelman - Cnp

    I negoziati di un gruppo bipartisan di 23 senatori hanno riguardato principalmente la condizione dei "dreamers" e il budget per la costruzione del muro con il Messico

    Di Gianluigi Spinaci
    Pubblicato il 22 Gen. 2018 alle 20:27 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 00:24

    L’amministrazione federale degli Stati Uniti riparte dopo lo “shutdown”, il blocco della capacità di spesa del governo per via della mancata approvazione della legge di rifinanziamento da parte del Congresso, che ha paralizzato il paese per 2 giorni e mezzo.

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    Nella mattinata del 22 gennaio è stato trovato l’accordo tra democratici e repubblicani per la proroga dei finanziamenti fino all’8 febbraio, grazie ai negoziati di un gruppo bipartisan di 23 senatori.

    Il patto prevede in primo luogo una rinegoziazione sul tema degli oltre 800 mila figli degli immigrati illegali, rimasti senza protezione dopo che il presidente Donald Trump aveva abrogato una norma che ne salvaguardava i diritti.

    Leggi anche: Cos’è il Daca abrogato da Trump e chi sono i dreamers

    Nell’ultima settimana i democratici hanno spinto per una soluzione immediata.

    Venerdì 19 gennaio, Trump aveva ricevuto il leader dei democratici al Senato, Chuck Schumer.

    Sembrava tutto pronto per lo scambio che prevedeva nuove garanzie per i “dreamers”, i figli degli immigrati che risiedono illegalmente negli Stati Uniti, in cambio della prima tranche di finanziamenti, pari a circa 1,6 miliardi di dollari, per finanziare la costruzione del muro al confine con il Messico.

    Ma il banco è saltato, con Trump e Schumer che si sono rimpallati reciprocamente la responsabilità del fallimento dell’accordo.

    Da quel momento il presidente è rimasto in una posizione di attesa.

    Aveva fatto sapere che “finché non viene annullato lo ‘shutdown’ non sono disponibile a riprendere le trattative”.

    A quel punto la palla è passata nei piedi delle “colombe” dei due schieramenti politici.

    Per i repubblicani si sono mossi Susan Collins, Lindsay Graham, Bob Corker, Jeff Flake, i componenti della fronda molto critica nei confronti della politica interna del presidente.

    A fare da sponda nell’opposto schieramento sono stati i senatori centristi del partito democratico Tim Kaine e Mark Warner provenienti da uno Stato, la Virginia, con un’alta densità di impiegati federali.

    Adesso ci sono tre settimane di tempo per ripristinare il pacchetto sull’immigrazione e sulla sicurezza dei confini.

    Potranno intanto tornare al lavoro i 692 mila dipendenti pubblici, un terzo del totale, che erano stati messi in congedo temporaneo dalla mezzanotte di venerdì 19 gennaio, impiegati negli uffici federali, nei parchi nazionali, nei musei e nei monumenti.

    Leggi anche: Che cos’è lo shutdown e cosa rischiano gli Stati Uniti

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