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    Di Luca Barana
    Pubblicato il 15 Feb. 2019 alle 11:16 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 23:34

    L’influenza francese nel continente africano e l’ambizione di Parigi di ricoprire un ruolo da protagonista in Africa non sono certamente un mistero. Una conferma indiretta dell’interesse francese a mantenere il proprio status sulla scena africana è giunta quando il Ministero degli Esteri ha reagito pubblicamente alle polemiche politiche sorte in Italia sul ruolo del Franco Cfa (Franc de la Comunauté français d’Afrique).

    I legami politici ed economici tra Francia e Africa

    Il dibattito su questa moneta adottata da 14 Paesi dell’Africa occidentale e centrale, sebbene sia stato principalmente legato ai fenomeni migratori, tocca in realtà una questione strutturale: il ruolo centrale della Francia nelle relazioni fra Europa ed Africa.

    Parigi è infatti attiva in molte aree del continente: non solo gestisce la moneta nazionale di alcuni Paesi, ma agisce su molteplici fronti, dai legami politico-clientelari fra le élite africane e i vertici francesi alla condivisione della lingua, dalla significativa presenza militare nell’area agli interessi economici nel settore minerario. Senza dimenticare il ruolo della cooperazione allo sviluppo e delle politiche commerciali, nei cui ambiti l’azione francese è inquadrata all’interno delle politiche promosse dall’Unione europea.

    Due valute, un tasso di cambio fisso

    Con la sigla Cfa si indicano in realtà due valute: la prima viene utilizzata nei Paesi dell’Africa occidentale aderenti all’Union Economique et Monétaire Ouest-Africaine; la seconda, invece, circola in Africa centrale, nei Paesi della Communauté Economique et Monétaire de l’Afrique.

    Le due valute sono legate da un cambio fisso e possono circolare liberamente nelle due regioni indifferentemente. Storicamente, il cambio fisso era stabilito rispetta al franco francese, ma dall’ingresso della Francia nell’eurozona, la valuta di riferimento per il Franco Cfa è diventato l’euro. Ancora oggi, la Francia si assume l’onere di intervenire sui mercati valutari per sostenere il tasso fisso e garantire la convertibilità della valuta.

    In cambio di questo impegno, i Paesi che utilizzano il Franco Cfa sono chiamati a depositare il 50% delle proprie riserve valutarie su un conto fruttifero presso la Banca di Francia.

    Il tasso fisso Franco Cfa-Euro, vantaggi e svantaggi

    I costi e i benefici derivanti dall’adozione di un regime di cambi fissi sono oggetto di acceso dibattito. Alcuni Paesi che utilizzano il Franco Cfa, in particolare in Africa occidentale, hanno potuto godere di una stabilità finanziaria significativa rispetto ad altre regioni del continente, mentre l’integrazione monetaria garantisce maggiore libertà negli scambi economici regionali.

    D’altro canto, questi Stati soffrono di un’autonomia limitata nella gestione della propria politica monetaria. Inoltre, un cambio fisso costituisce un rischio per i Paesi importatori di materie prime e per quegli Stati gravati da un debito pubblico eccessivamente denominato in valuta estera.  In entrambi i casi, gli oneri finanziari da sostenere aumenterebbero nel caso di una svalutazione dell’euro, su cui questi Paesi non hanno voce in capitolo.

    Non bisogna infine sottovalutare anche i vantaggi economici che la Francia ha potuto ricavare da questa soluzione: quando la valuta regionale era legata al franco francese, le imprese d’Oltralpe hanno potuto investire in Africa occidentale e centrale senza significativi rischi di cambio.

    Tuttavia, guardando al giorno d’oggi, da quando il cambio fisso è regolato sull’euro, questo vantaggio non è più appannaggio solo della Francia, ma di tutti i Paesi europei che adottano tale moneta.

    Il Franco Cfa, uno strumento clientelare?

    La Françafrique, l’insieme delle relazioni economiche, politiche, culturali e militari che uniscono la Francia alle ex colonie in Africa, affonda le proprie radici nella storia e difficilmente Parigi rinuncerà alla propria sfera di influenza.

    Non potrebbe essere altrimenti: durante la Guerra Fredda la presenza in Africa costituiva uno dei fattori chiave per consentire ai francesi di presentarsi come una grande potenza.

    Oggi, mentre sempre più attori esterni competono per influenza e risorse nel continente, i legami con i vecchi possedimenti coloniali mantengono un ruolo chiave nella politica estera di Parigi.

    Il Franco Cfa si inserisce in questo quadro come uno dei principali strumenti con cui la Francia mantiene saldi legami con le elite di governo in molti Stati africani, il vero elemento fondante della sua influenza e della sua penetrazione economica. A questo proposito, l’economista togolese Kako Nubukpo, tra i principali critici del regime valutario del Franco Cfa, sostiene che una moneta così concepita gioca un ruolo cruciale nella “perpetuazione delle attività predatorie delle elite politiche ed economiche”.

    Il nuovo corso di Macron in Africa limitato dagli interessi economici

    Durante la campagna elettorale precedente alla sua elezione a presidente, Emmanuel Macron aveva suscitato nuove speranze nei promotori di un cambiamento nelle relazioni fra la Francia e le ex colonie in Africa.

    La sua promessa di rapporto paritario e trasparente per superare le logiche del “clientelismo” pareva chiamare in causa decenni di rapporti intimi e non sempre trasparenti fra i vertici degli Stati africani con la vecchia madrepatria. Anche a proposito del Franco Cfa, Macron era stato particolarmente chiaro nell’affermare che la decisione di abbandonarlo spettava ai governi africani e non alla Francia.

    Tuttavia, al momento la presenza francese in Africa poggia su interessi economici ingenti: colossi francesi come Bolloré e Total sono i protagonisti di una penetrazione importante nei settori delle infrastrutture e delle estrazioni petrolifere. Senza dimenticare che in alcuni Paesi della regione la Francia ha degli interessi strategici cruciali, che vanno oltre alle comunque onnipresenti ragioni di sicurezza. Si pensi al Niger, dove si estrae una quota consistente dell’uranio che alimenta le centrali nucleari francesi.

    Questi interessi così radicati e strategici difficilmente consentiranno una revisione radicale dei rapporti tra la Francia e molti Paesi africani: la Francia in Africa rimarrà un attore con cui fare i conti.

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