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    Web tax: cos’è e come funziona la tassa sui servizi digitali

    Di TPI
    Pubblicato il 21 Dic. 2018 alle 07:00 Aggiornato il 21 Dic. 2018 alle 09:48

    Uno degli emendamenti presenti nel testo della manovra del governo riguarda la web tax, un’imposta sui servizi digitali che si applica alle imprese che vendono dati e pubblicità online e attive nel settore del commercio.

    Nello specifico la tassa interessa la pubblicità mirata agli utenti della rete on line; la fornitura di beni e servizi venduti su piattaforme digitali e la trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo sempre di un’interfaccia digitale.

    Grazie alla web tax arriveranno allo Stato 15 milioni di euro nel 2019, 600 milioni nel 2020 e altri 600 milioni nel 2021.

    I ricavi – Nello specifico, la web tax interessa le imprese che raggiungono ovunque ricavi non inferiori a 750 milioni e anche guadagni non inferiori a 5,5 milioni tramite i servizi digitali.

    Il governo ha fissato un’aliquota del 3 per cento sui ricavi che deve essere versata entro il mese successivo a ciascun trimestre: il periodo d’imposta coincide con l’anno solare, ma il versamento deve essere fatto “entro il mese successivo a ciascun trimestre e alla presentazione della dichiarazione annuale dell’ammontare dei servizi tassabili prestati entro quattro mesi dalla chiusura del periodo”.

    Le imprese interessate – La tassa colpisce tutte quelle le imprese online che mettono a disposizione piattaforme digitali per la vendita di beni e la cessione di servizi, sia italiane che straniere, che operano in Italia. Saranno quindi colpite le multinazionali come Apple, Facebook, Ebay o Alibaba.

    Le multinazionali come Apple, Amazon, Facebook, Ebay o Alibaba che mettono a disposizione piattaforme digitali per la vendita di beni e la cessione di servizi saranno infatti le prime ad essere interessate dalla web tax.

    Oltre al market place, la tassa colpisce anche la pubblicità realizzata su interfaccia digitali e la raccolta dati, tipica di aziende come Google, Facebook e Amazon.

    In conclusione, la web tax si applica alle imprese che ottengono ricavi sia dai servizi e dai beni venduti dalle piattaforme che dal trasferimento ad altri soggetti dei dati sensibili.

    “Ricavi ovunque” – La tassa interessa tutte quelle aziende che operano in Italia pur avendo sede giuridica in paesi in cui la tassazione è diversa. Perché la web tax si applichi, basta che la pubblicità di un detto servizio sia visibile sul dispositivo dell’utente nel momento in cui si trova sul territorio dello Stato italiano.

    Anche le aziende che in Italia non sono residenti e che non hanno un numero identificativo ai fini dell’Imposta sul valore aggiunto possono essere colpite dalla nuova tassazione.

    Se nel corso di un anno solare realizzano ricavi non inferiori a 750 milioni o guadagni non inferiori a 5,5 milioni tramite i servizi digitali devono fare richiesta all’Agenzia delle entrate “di un numero identificativo ai fini dell’imposta sui servizi digitali”.

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