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    Aumento dell’Iva, reddito di cittadinanza e quota 100 a rischio: quanto ci costa il capriccio di Salvini

    Tutti i rischi della fine anticipata della Legislatura

    Di Maria Teresa Camarda
    Pubblicato il 9 Ago. 2019 alle 20:43 Aggiornato il 9 Ago. 2019 alle 20:48

    Crisi di governo, quanto ci costa il capriccio di Salvini

    Aumento dell’Iva, stop a quota 100 e al reddito di cittadinanza. In caso di caduta del governo, e conseguenti elezioni anticipate, questi non sarebbero soltanto spauracchi, ma rischi concreti che pendono come macigni sulle teste degli italiani. E, di riflesso, sulla crescita economica di tutto il Paese, con un calo verticale di tutti gli investimenti.

    Impossibile, in primis, sarebbe disinnescare l’aumento dell’Iva per 23 miliardi di euro. E non solo: per mantenere Quota 100 e il reddito di cittadinanza, due delle misure “bandiera” del governo targato Lega-M5s, a Palazzo Chigi servono oltre 113 miliardi in tre anni. Quasi 38 miliardi solo per l’anno prossimo. Numeri che l’esecutivo ha vergato nero su bianco nel Def.

    Cosa succede al Reddito di cittadinanza se il governo cade

    Secondo i piani approvati dall’Europa l’approvazione del Def deve arrivare entro il 27 settembre, della bozza della manovra economica entro il 15 ottobre e, infine, della legge di bilancio entro il 31 dicembre. Ma senza un governo – o, peggio ancora, con un governo in cui si confrontano forze opposte e impegnate in una campagna elettorale senza remore, nessuno di questi obiettivi è a portata di mano. L’Italia potrebbe ritrovarsi per la prima volta a dover ricorrere all’esercizio provvisorio.

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    A Bruxelles pronti alla procedura di infrazione

    “Solo un governo sovranista può impedire l’aumento dell’Iva”, ha affermato Giorgia Meloni, la leader di Fratelli d’Italia, il partito di destra che è in questo momento è in pole per una possibile alleanza con la Lega di Matteo Salvini in vista della riapertura anticipata delle urne.

    Meloni, infatti, sa bene che, in caso di caduta del governo, l’Italia sforerà tutti i termini della prossima sessione di bilancio.

    E soltanto un governo nazionale che voglia entrare in rotta di collisione con l’Unione europea potrà assumersi la responsabilità di una manovra che comporterà l’aumento del deficit dell’Italia, portandolo oltre il 3 per cento, riducendo l’avanzo primario e spingendo alla stelle il debito. Aprendo, così, la strada a una procedura d’infrazione che il ministro all’Economia Giovanni Tria era riuscito a evitare all’inizio di quest’anno.

    Con tutte le conseguenze che, a cascata, ricadranno sull’economia nazionale e sui consumatori.

    Aumento dell’Iva come strumento di campagna elettorale

    Si tratta di uno scenario che, indubbiamente, al di là delle dichiarazioni di chi vuole sminuire o rinviare il problema, è chiaro a tutte le forze politiche in campo, a cominciare proprio dalla Lega di Matteo Salvini, che ha spinto fino alle estreme conseguenze la crisi di governo che si è aperta in Senato con la votazione delle mozioni sulla Tav.

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    “Prima si vota per un nuovo governo, prima si potrà lavorare alla manovra economica. Se qualcuno la tira per le lunghe avrà sulla coscienza un eventuale aumento dell’Iva”. È quanto hanno affermato i capigruppo della Lega Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari.

    Una dichiarazione che il Movimento 5 stelle ha definito un autogol: “Ecco l’ammissione di responsabilità della Lega. I leghisti ammettono che con la caduta del governo decisa da Salvini aumenterà l’Iva. Si tratta di un autogol tremendo. Il problema è che il torto lo faranno agli italiani. Incoscienti!”, hanno scritto in una nota.

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    E si è inserita in questo dibattito, già caratterizzato dai toni alti della campagna elettorale, la leader di Fdi Meloni. “Caro Di Maio – ha scritto su Twitter, rivolgendosi direttamente al vicepremier grillino e capo del M5s – se dovesse aumentare l’Iva al 25 per cento non sarà perché questo governo è finito, ma perché questo governo è iniziato”.

    La difficile scelta di Mattarella

    A dettare i tempi, comunque, sarà il Quirinale. E il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non ha alcuna intenzione di forzare i tempi del Parlamento, anche se le Camere sono tornate al lavoro in pieno agosto, con le conferenze dei capigruppo convocate lunedì al Senato e martedì alla Camera. Non sembra probabile che si riesca a votare prima del 27 ottobre e nella migliore delle ipotesi, se cioè ci fosse una maggioranza chiara, il nuovo governo potrebbe giurare a inizio dicembre.

    A quel punto i tempi della sessione di bilancio saranno tutti scaduti.

     

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