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    “In Italia più pensioni erogate che lavoratori”: il report di Cgia Mestre

    Di Giovanni Macchi
    Pubblicato il 2 Gen. 2023 alle 09:25 Aggiornato il 2 Gen. 2023 alle 09:31

    Mentre nel Centro-Nord, eccezion fatta per Liguria, Umbria e Marche, i lavoratori attivi sono – anche se di poco – in numero maggiore rispetto a coloro che percepiscono una pensione, al Sud il sorpasso è pienamente avvenuto: questi ultimi superano infatti i primi di un milione e 244 mila unità.

    In totale a livello nazionale lo scarto è di 205mila tra chi lavora e chi percepisce un sussidio: sono 22 milioni e 759 mila gli assegni, mentre i lavoratori autonomi e i dipendenti occupati nelle fabbriche, negli uffici e nei negozi sono 22 milioni 554 mila. A rivelarlo è l’Ufficio studi della Cgia, l’Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre, che riporta dati riferiti al 1 gennaio 2022.

    Va ricordato che il numero di pensionati è più basso rispetto a quello delle prestazioni erogate: i beneficiari di trattamenti Inps alla fine dell’anno scorso erano infatti poco più di 16 milioni.

    Tra le principali cause di questo squilibrio c’è la forte denatalità che da 30 anni caratterizza l’Italia: il calo demografico ha ridotto la popolazione in età lavorativa. Tra il 2014 e il 2022, secondo Cgia, la popolazione italiana nella fascia di età più produttiva, che va dai 25 ai 44 anni, è diminuita di oltre un milione e 360 mila unità, un calo del 2,3%.

    “Un Paese che registra una popolazione sempre più anziana – fa notare l’associazione – potrebbe avere nei prossimi decenni seri problemi a far quadrare i conti pubblici; in particolar modo a causa dell’aumento della spesa pensionistica, di quella farmaceutica e di quella legata alle attività di cura/assistenza alla persona”.

    Il risultato dell’analisi è comunque sottodimensionato, perché circa un milione e 700mila pensionati hanno comunque continuato volontariamente a esercitare l’attività lavorativa. Per quanto riguarda il risultato “anomalo” del Sud, va segnalato che, rispetto alle altre zone d’Italia, il numero degli occupati è sensibilmente inferiore.

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