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    Philip Morris International a TPI: “Investire nello sviluppo tecnologico per una transizione verso un futuro ‘smoke free’”

    Di Marta De Vivo
    Pubblicato il 7 Lug. 2022 alle 10:02

    In occasione della conferenza Technovation 2022, tenutasi a Neuchâtel in Svizzera, Philip Morris International ha presentato le ultime tendenze dell’industria del tabacco e gli sviluppi tecnologici che consentiranno all’azienda di eseguire una transizione verso un futuro ‘smoke free’. Tra gli speaker spiccano Gregoire Verdeaux e Tommaso Di Giovanni, con i quali ho intrattenuto dei brevi colloqui. Verdeaux è Vicepresidente per gli Affari esterni di Pmi, prima di ricoprire questa posizione, ha ricoperto il ruolo di Group International Policy Director di Vodafone ed è stato vice capo di gabinetto del Presidente Francese dal 2008 al 2011.

    Di Giovanni è Global Communications Vice President per Pmi, prima di entrare in Philip Morris, ha lavorato per il Parlamento europeo e come contracted economist presso l’Ufficio Statistico Europeo incentrato sulle statistiche di ricerca e sviluppo. Durante l’intervista con Verdeaux e con Di Giovanni, colgo lo stesso messaggio di fondo: il mondo sta cambiando e non sarà mai più come prima. Verdeaux delinea in maniera molto lucida quello che è il problema principale della nostra società (poi accentuato dal Covid): la povertà. Espone quelli che sono i limiti di un mondo globale e quali sono le sfide che dovremo affrontare come collettività: “Ci vuole un certo livello di equità nell’approccio alla globalizzazione, questo ovviamente ci fa immediatamente pensare a chi ha un reddito modesto. In Italia lo sapete bene, voi ad esempio avete impiegato più tempo rispetto ad altri Paesi (come la Germania) per riprendervi dalla crisi finanziaria. Poi c’è stato il Covid, e ancora una volta si è visto che le persone maggiormente colpite nella vita quotidiana erano quelle che non potevano lavorare da casa con le call zoom. Queste persone sono finite per essere disoccupate o obbligate a fare lavori diversi contemporaneamente pur di mantenersi. Ora invece abbiamo l’iperinflazione. La sintesi è che dobbiamo aiutare coloro che vengono maggiormente colpiti da questi eventi: i più poveri”.

    Verdeaux ci tiene anche a sottolineare che lo sviluppo tecnologico in questo senso possa essere d’aiuto, ma anche lì vi sono dei limiti importanti. L’innovazione purtroppo negli ultimi anni è sempre andata ad agevolare solo le classi alte della popolazione e non coloro che faticano ad arrivare a fine mese, questo è un limite per il progresso tecnologico e per il raggiungimento dell’equità sociale. Alla mia domanda circa le possibili soluzioni per invertire il trend, Verdeaux risponde così: “L’adozione della tecnologia segue sempre una certa curva e poi si ferma. Alcune persone saranno toccate in modo organico dall’innovazione, ma non arriverà nello stesso modo ad altre fasce della popolazione, per questo è necessario disporre di una serie di strumenti per far sì che ciò accada. Ci può essere una pratica di accessibilità, noi come azienda stiamo attualmente lavorando per trovare soluzioni per consentire ai fumatori adulti delle popolazioni dei nuovi Paesi in via di sviluppo di accedere alle tecnologie che sviluppiamo. È necessario saper affrontare le differenti realtà e le informazioni che vengono richieste dai consumatori. La decisione di passare ad un’alternativa senza fumo, ad esempio, è normalmente legata alla volontà di adottare uno stile di vita più sano. Le persone che usano iqos però sono normalmente quelle che hanno già molte comodità… per invertire la tendenza dovremmo lavorare su coloro che hanno redditi modesti”.

    In un panorama così socialmente frammentato e complesso, anche le aziende devono fare la loro parte, questo è quanto emerge dal mio colloquio con Verdeaux. Tesi che viene ripresa anche da Di Giovanni (responsabile della comunicazione globale di Pmi), il quale mi presenta un quadro abbastanza chiaro della situazione, i consumatori pretendono che le aziende siano attive anche nel sociale: “C’è una tendenza molto chiara alla quale bisogna dar seguito: prima le aziende potevano vendere un prodotto senza doverlo costantemente migliorare, adesso c’è un attivismo da parte del consumatore che richiede alle aziende di essere attori attivi nella società. Si vede nel food, cominciano ad esserci le etichette che ti dicono se un cibo è più nutriente o meno nutriente, stessa cosa in maniera diversa si vede nel settore automotive. È un trend molto presente in Occidente ma a breve si espanderà anche nel resto del mondo”.

    Le aziende devono fare la loro parte e coloro che non riescono a stare al passo con il cambiamento sono destinate a soccombere, questo è quanto colgo dalle parole di Di Giovanni. Mi chiedo però come sia possibile fidarsi di una società ed essere sicuri che stia operando in un certo modo, viste tutte le narrazioni distorte e gonfiate dal marketing che sono presenti in giro per il web, tutt’altro che inusuali. Al giorno d’oggi la disinformazione regna sovrana ed è sempre più difficile distinguere un’azienda che sta effettivamente facendo qualcosa di concreto sul sociale, da un’altra che magari è solo forte comunicativamente parlando.

    Verdeaux interviene: “Come azienda vogliamo essere chiari sulla nostra trasformazione e su quanto stiamo investendo nelle nuove tecnologie. Non diamo mai per scontato che ci si possa fidare di noi, ed è per questo che vogliamo dimostrare con i fatti la nostra credibilità. In un’epoca in cui le persone possono dire quello che gli succede in qualsiasi momento, possono uscire allo scoperto con facilità e dire quello che gli sta accadendo… Se le persone possono testimoniare in prima persona le loro esperienze, per noi è meglio così”.

    Chiudiamo il nostro colloquio discutendo della situazione di crisi che tutto il mondo sta attraversando per via della guerra in Ucraina. Verdeaux mi racconta di come Pmi abbia reagito tempestivamente: “Innanzitutto l’invasione dell’Ucraina è stata per noi, come per qualsiasi altra azienda, un’immensa causa di disagio. Abbiamo immediatamente aiutato i nostri lavoratori e le loro famiglie, trasferendoli altrove. Alcuni membri del mio team hanno anche ospitato alcune famiglie ucraine a casa loro. I dipendenti di PMI hanno donato oltre 300.000 dollari in 5 giorni e la società ha promesso 10 milioni di dollari iniziali per sostenere gli sforzi umanitari internazionali… Siamo, credo, anche una delle aziende globali in Ucraina che sta pagando tutte le tasse, e questo non è un dettaglio per un governo che ha bisogno di soldi. Questa è stata la nostra risposta, essere concretamente utili anche se, come potete vedere, la nostra azienda non è strategica in questo contesto. Speriamo che la guerra si fermi e quando arriverà quel momento, saremo presenti come investitori in Ucraina”.

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