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    Morti sul lavoro, Anmil: “Dal nuovo governo ci aspettiamo risposte concrete. Serve un piano strategico”

    Flash mob ''Basta morti sul lavoro?" organizzato da CGIL, CISL e UIL in piazza Montecitoriom , Roma, 30 aprile 2019. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

    Nei primi sette mesi del 2019, i morti sul lavoro sono stati 599. Ma sono state tagliate le risorse per la prevenzione degli incidenti e contro gli infortuni. A Tpi parla il presidente dell'Anmil, Zoello Forni

    Di Marta Facchini
    Pubblicato il 6 Set. 2019 alle 12:26 Aggiornato il 17 Set. 2019 alle 12:01

    Morti sul lavoro, Anmil: “Dal nuovo governo ci aspettiamo risposte concrete. Serve un piano strategico”

    Marilou Reyes, 54 anni, è caduta dal quarto piano di un palazzo mentre stava pulendo i vetri, poco lontano dal Tribunale di Milano. Aveva lasciato le Filippine, dove lavorava come manager, per fare la domestica in Italia e dare ai figli una vita migliore della sua. Bushi, solo 27 anni, è caduto dal tetto di un magazzino a Castelfiorentino. Ad agosto, nella lista dei morti sul lavoro ci sono ventidue nomi. Claudio ha chiuso gli occhi schiacciato dal trattore in un frantoio, a Catania. A Cremona, Alessandro è stato colpito da un trave caduta da una gru. Vicino Bergamo, Lorenzo è rimasto inerme sotto a una pedana durante i lavori di manutenzione di un camion.

    Marilou, Bushi e Claudio. Alessandro e Lorenzo sono alcuni degli uomini e donne che hanno perso la vita mentre lavoravano nei primi sette mesi dell’anno. Da gennaio a luglio, secondo i dati diffusi dall’Inail, i decessi sono stati 599. È il dato peggiore dal 2016, una Spoon River italiana. “Siamo indignati e preoccupati”, commenta a TPI il presidente dell’Anmil, Zoello Forni. “La situazione è allarmante. Già il 2018 aveva contato le sue numerose vittime, che nel 2019 sono aumentate nonostante la condizione stagnante dell’economia e le ore di cassa integrazione. Se così non fosse stato, potevano essere ancora di più”.

    L’analisi dei dati territoriali mostra che i casi mortali sono cresciuti nell’Italia centrale e meridionale: dieci in più al Centro (da 110 a 120), quindici in più al Sud (da 119 a 134) e dodici in più nelle Isole (da 46 a 58). In Puglia, i casi mortali denunciati sono saliti di undici persone. In Veneto, sono venti in meno. “Nel settore agricolo, abbiamo avuto ventidue morti in più rispetto allo scorso anno, nelle regioni del Sud in particolare. Quasi una squadra di calcio. Non è ammissibile. E a farne la spesa sono spesso i lavoratori stranieri, i più precari”, continua Forni.

    Vite spezzate, il dolore delle famiglie, la disperazione e il ricordo dei colleghi. Ma in tre anni le risorse per la prevenzione degli incidenti sono state ridotte di mezzo miliardo. Lo scorso aprile, l’allora vicepremier pentastellato Luigi Di Maio aveva esultato di fronte all’entrata in vigore delle nuove tariffe Inail, più basse del trenta per cento. Il ministro le aveva interpretate come un incentivo alle industrie ma erano una conseguenza del taglio dei fondi, 500 milioni in tre anni, che servono a spingere gli imprenditori a migliorare la sicurezza sul lavoro. Inoltre, secondo quanto stabilito da una sentenza della Cassazione, la nuova legge ridurrà le possibilità di ottenere rimborsi in caso di infortunio.

    Alla fine del 2018, il saldo di cassa Inail è arrivato a quasi 30 miliardi di euro ma sono diminuiti i risarcimenti economici per chi ha perso un familiare, un compagno o una compagna a seguito di un infortunio o di una malattia professionale.

    “C’è qualcosa che non ci torna nei conti poiché se il trend degli infortuni proprio nel 2018 è stato tristemente negativo, stando proprio ai dati Inail, ci sorprende fortemente la considerevole contrazione della spesa per le rendite, spesa che si è costantemente ridotta, passando dai 4.912 milioni di euro nel 2014 fino ai 4.540 nel 2018, allo stesso modo della spesa per i dispositivi medici che dai 47 milioni del 2016 è scesa ai 38 milioni del 2018”, spiega Forni.

    Dal governo Conte Bis, che nei suoi punti programmatici prevede un piano per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, spiega Forni, Anmil si aspetta “risposte concrete che rispondano alle esigenze dei lavoratori sulla cui pelle non può costruirsi l’economia del paese, calpestando diritti e valori garantiti dalla Costituzione. Serve un piano strategico”.

    “Siamo felici che nel programma del governo Pd-M5S si parli di prevenzione. Noi siamo disponibili a un incontro con i tecnici”, conclude Forni.

    Pasquale stava lavorano in una serra nella campagne di Varcaturo, in Campania. Raccoglieva meloni e sarebbe stato il caldo torrido della serra a fargli fermare il cuore. Lascia una moglie e tre figli. Lavorava a nero, per quaranta euro al giorno. E se non sei italiano, sono anche meno.

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