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    Gedi vende, Iervolino e Angelucci compra: chi sono i nuovi padroni dei giornali

    Da La Repubblica a Il Giornale passando per La Verità e il ritorno de L’Unità, ecco tutte le manovre nel mercato della stampa

    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 3 Mar. 2023 alle 13:00

    Lo scorso 18 febbraio La Repubblica, La Stampa e gli altri quotidiani del Gruppo Gedi non sono usciti in edicola e il giorno precedente i rispettivi siti web non sono stati aggiornati.

    Le redazioni hanno scioperato in segno di protesta contro la decisione dell’editore di mettere in vendita sette  testate: Il Mattino di Padova, la Nuova Venezia, la Tribuna di Treviso, il Corriere delle Alpi, il Messaggero Veneto, Il Piccolo di Trieste e la Gazzetta di Mantova.

    Secondo i comitati di redazione della galassia Gedi, la proprietà privilegia «la logica del vantaggio economico» a quella «dell’interesse per i territori e l’informazione». Ma c’è di più: i giornalisti hanno il forte timore che l’operazione di smembramento del gruppo si allarghi ulteriormente, fino a coinvolgere persino il pilastro centrale: La Repubblica

    Del resto, che per l’amministratore delegato Maurizio Scanavino nessun giornale sia intoccabile lo si era già capito chiaramente proprio un anno fa di questi tempi, quando – dopo averlo smentito più volte – Gedi ha ceduto all’imprenditore napoletano Danilo Iervolino L’Espresso, settimanale che, oltre ad aver fatto la storia del giornalismo italiano, fino a sette anni fa dava pure il nome all’intero gruppo editoriale.

    Dal 2016, con l’incorporazione di Italiana Editrice (La Stampa e Il Secolo XIX), il Gruppo L’Espresso è diventato Gruppo Gedi, mentre è stato tre anni dopo che il controllo è passato dai figli dell’ingegner Carlo De Benedetti a Exor, la holding della famiglia Agnelli-Elkann, che possiede anche il magazine britannico The Economist. Da allora, per i giornalisti e i poligrafici dell’azienda sono stati più dolori che gioie. 

    Tra il 2020 e il 2021 i manager di scuola Fiat (è da lì che viene Scanavino) hanno venduto al Gruppo Sae, guidato dall’abruzzese Alberto Leonardis, i quotidiani locali Il Tirreno, la Gazzetta di Modena, la Gazzetta di Reggio, La Nuova Ferrara e La Nuova Sardegna.

    La rivista MicroMega, punto di riferimento dell’intellighenzia di sinistra, è stata addirittura chiusa (la versione digitale è ancora in vita, autoprodotta dal suo storico direttore Paolo Flores D’Arcais). E dallo scorso primo gennaio i 65 dipendenti dell’area digital di Gedi sono stati ceduti alla società di consulenza Accenture.

    Nel frattempo le vendite de La Repubblica sono crollate: fra cartaceo e online, nel 2020 il giornale era a quota 188mila copie al giorno, oggi è a 133mila.

    Ma è stata la vendita de L’Espresso a Iervolino il “terremoto” più potente degli ultimi anni. Non solo all’interno del Gruppo Gedi, ma per l’intero mercato editoriale italiano: un mercato che – malgrado l’inarrestabile e trasversale crollo di lettori – in questi mesi è particolarmente vivace, con continui cambi di proprietà, già conclusi o in corso di negoziazione, che vanno potenzialmente a modificare anche gli equilibri di potere nel Paese.

    Danilo Iervolino
    Proprio Iervolino è stato indicato più volte dalle cronache di settore come interessato ad acquistare
    La Repubblica. A soli 45 anni l’imprenditore originario di Palma di Campania è padrone di un club calcistico di serie A, la Salernitana, e di un gruppo editoriale, Bfc Media, cui fanno capo tre canali televisivi (Bfc, Bike, Equos Tv) e una decina di giornali (tra cui spicca, oltre a L’Espresso, l’edizione italiana di Forbes).

    Iervolino ha costruito la sua fortuna fondando a soli 28 anni l’università telematica Pegaso, poi venduta nel 2021 al fondo americano Cvc per la cifra monstre di un miliardo di euro.

    La scorsa estate era uscita la notizia di una sua possibile candidatura alle elezioni politiche con Forza Italia, ma lui si sfilò dalla partita: «Ringrazio chi ci ha pensato – disse – ma io mi candido solo a essere il più benvoluto presidente della Salernitana».

    Qualche indicazione circa la sua collocazione politica, peraltro, la si può evincere dal fatto che abbia nominato come amministratore delegato di Bfc Media Marco Forlani, figlio di Arnaldo, storico segretario e presidente della Democrazia Cristiana (nonché presidente del Consiglio per otto mesi tra il 1980 e il 1981).

    Nel giro di un anno Iervolino ha già cambiato pelle a L’Espresso. Lo scorso dicembre il direttore Lirio Abbate – che era subentrato a Marco Damilano, dimessosi alla notizia del cambio di proprietà del settimanale – è stato licenziato e sostituito con Alessandro Mauro Rossi, proveniente da Forbes. Molti collaboratori, da Michele Serra al vignettista Altan, se ne sono andati e al loro posto sono arrivate nuove firme come Carlo Cottarelli e Francesca Barra.

    Il neo-proprietario ha dichiarato che punta a raggranellare un milione di abbonamenti online. E sembra deciso ad ampliare ulteriormente il suo gruppo editoriale facendo nuovi acquisti. 

    Antonio Angelucci
    Oltre a La Repubblica, il nome di Iervolino era stato accostato nei mesi scorsi a Il Giornale, quotidiano liberal conservatore fondato da Indro Montanelli, tuttavia la famiglia Berlusconi – che lo controllava dal la fine degli anni Settanta – alla fine lo ha ceduto ad Antonio Angelucci, altro editore ultimamente in vena di acquisizioni.

    Abruzzese di nascita, romano di adozione, Angelucci, che il prossimo settembre compirà 79 anni, è stato per anni deputato di Forza Italia, ma da un anno è passato alla Lega confermandosi uno dei parlamentari con il più alto tasso di assenze.

    La politica, in effetti, è un’occupazione collaterale per lui: la sua vera vocazione è quella di imprenditore rapace. Fra ospedali, centri di riabilitazione, Rsa, poliambulatori, il suo Gruppo San Raffaele gestisce ventiquattro strutture tra Lazio e Puglia: un piccolo impero che ne fa il gran Signore della Sanità privata, almeno nel Centro Italia.

    Poi c’è l’editoria: Il Giornale è solo l’ultimo bottino di caccia di Angelucci, che già possiede Libero, Il Tempo e il Corriere dell’Umbria.

    Ma il ras delle cliniche è scatenato e ha già messo nel mirino la prossima preda: La Verità, il quotidiano fondato nel 2016 da Maurizio Belpietro, tra i maggiori (e rari) successi editoriali degli ultimi anni. Le trattative per la vendita dell’intero pacchetto di controllo, o almeno di una quota di minoranza, sono in corso in gran segreto.

    Angelucci e Belpietro si conoscono da tempo e i rapporti non sono sempre stati idilliaci: Belpietro è stato per sette anni direttore di Libero, incaricò che lasciò nel 2016 proprio per divergenze con l’editore Angelucci: secondo la versione del giornalista, la proprietà non gradì alcuni articoli contro l’allora premier Matteo Renzi.

    Oggi, le manovre su due testate come La Verità e Il Giornale, entrambe con sede a Milano, potrebbero essere lette come un tentativo da parte dell’imprenditore neo-leghista – molto influente a Roma – di lanciare l’assalto alla ricca Sanità privata del Nord.

    Alfredo Romeo
    Nel fermento attuale dell’editoria italiana si segnala infine l’imminente rinascita di un giornale che ha fatto la storia della sinistra: L’Unità. L’ex quotidiano del Pci è stato infatti comprato all’asta fallimentare lo scorso novembre da Alfredo Romeo, imprenditore napoletano operante nei settori delle pulizie e dell’immobiliare, su cui grava una condanna in primi grado per corruzione nel processo Consip.

    Romeo già possiede il quotidiano garantista Il Riformista e proprio da lì arriverà il nuovo direttore del giornale fondato da Antonio Gramsci: sarà Piero Sansonetti, che de L’Unità è già stato in passato condirettore.

    «Il Pd sarà il nostro partito di riferimento, ma state certi che ne rivendicheremo autonomia. E avremo rapporti con tutti i partiti del centrosinistra», ha spiegato Sansonetti mesi fa in un’intervista al Corriere della Sera.

    Il debutto della nuova L’Unità era previsto per metà gennaio, ma siamo tutt’ora in attesa di rivederlo in edicola.

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