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    Come andrà l’economia italiana nei prossimi mesi e anni: le previsioni del Governo

    Credit: Pixabay
    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 6 Ott. 2020 alle 14:58 Aggiornato il 6 Ott. 2020 alle 15:09

    Nella serata di lunedì 5 ottobre il Consiglio dei ministri ha approvato la Nota di aggiornamento al Def (NaDef), il documento che nell’autunno di ogni anno fissa le previsioni del Governo sull’andamento dell’economia italiana per i prossimi mesi e anni. Come noto, il 2020 sarà ricordato come un periodo disastroso per l’Italia, piegata dall’emergenza Covid-19 sia dal punto di vista sanitario sia – conseguentemente – da quello economico. L’anno si chiuderà, secondo il Ministero dell’Economia, con un crollo del Prodotto interno lordo (Pil) del 9%, un debito pubblico che schizzerà al 158% del Pil e un deficit pubblico pari al 10,8% del Pil, mentre il tasso di occupazione è stimato in calo del 9,5%. In caso di una forte recrudescenza della pandemia di qui a Natale, peraltro, il trend potrebbe rivelarsi anche peggiore: Pil a -10,5% e rapporto deficit/Pil a -11,5%.

    “Le misure di distanziamento sociale e di chiusura di settori produttivi hanno causato una caduta dell’attività economica senza precedenti”, si legge nella NADef. Tuttavia dal mese di maggio “gli indicatori hanno recuperato, grazie al graduale allentamento delle misure di prevenzione del contagio e ad una serie di poderosi interventi di politica economica a sostegno dell’occupazione, dei redditi e della liquidità di famiglie e imprese”. Nei mesi di luglio e agosto – sottolinea il documento – c’è stato un rimbalzo positivo e a settembre la leggera ripresa è proseguita anche grazie alla ripresa del lavoro in presenza e alla riapertura di scuole e università. Le esportazioni continuano peraltro a risentire della crisi globale, mentre gli arrivi di turisti stranieri sono stati e sono tutt’ora “nettamente inferiori al normale”.

    Quanto alle previsioni per i prossimi anni, il Governo distingue tre casi: quadro tendenziale (cioè a legislazione vigente), quadro programmatico (che tiene conto cioè di nuove misure) e quadro avverso (cioè nel caso in cui si torni su livelli di guardia in termini di ricoveri ospedalieri).

    Quadro tendenziale
    La scorsa primavera, nel Def (Documento di Economia e Finanza), il Governo aveva previsto che l’Italia avrebbe chiuso il 2020 con un Pil in calo dell’8%. Ora la stima è più negativa: -9%. “Il principale motivo della revisione al ribasso risiede nella contrazione più accentuata del Pil nel secondo trimestre, a sua volta spiegata da una durata del periodo di parziale chiusura delle attività produttive e da una diffusione dell’epidemia su scala globale superiori a quanto ipotizzato in aprile”, si legge nella NaDef.

    Come detto, dopo la fine del lockdown l’economia ha registrato un rimbalzo positivo, ma nell’ultimo trimestre dell’anno ci si attende una ripresa più attenuata, principalmente a causa del possibile aumento dei contagi e delle ospedalizzazioni per Covid-19.

    Al netto di qualsiasi nuovo intervento di stimolo dell’economia, il Pil nel 2021 dovrebbe “rimbalzare” a +5,1%, per poi scendere a +3% nel 2022 e a +1,8% nel 2023. Il rapporto fra debito pubblico e Pil, dopo il 158% di quest’anno, dovrebbe calare al 155,8% nel 2021, al 154,3% nel 2022 e al 154,1% nel 2023. Il rapporto fra deficit pubblico e Pil, invece, passerà dal 10,8% del 2020 al 5,7% nel 2021 e poi al 4,1% nel 2022 e al 3,3% nel 2023. Il tasso di occupazione, che per il 2020 è stimato a -9,5%, nel 2021 dovrebbe segnare +5%, nel 2022 +2,6% e nel 2023 +1,7%. Tutto questo sempre considerando la legislazione vigente, e dunque senza valutare l’impatto di eventuali nuove misure governative o parlamentari o degli aiuti europei.

    Quando programmatico
    Il quadro programmatico stima l’andamento dell’economia italiana tenendo in considerazione l’impatto previsto dagli interventi previsti dal Governo e, soprattutto, del Recovery Fund europeo. Nella NaDef si legge che la prossima manovra finanziaria avrà l’obiettivo di sostenere la ripresa nel 2021 con una “spinta fiscale”, “che si andrà riducendo nel 2022”, per poi puntare a un “significativo miglioramento” del saldo di bilancio nel 2023.

    Confermati il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti e il taglio contributivo per il Sud, sarà introdotto l’assegno universale per i figli e si prevedono “significative risorse” per il sostegno all’occupazione e ai redditi. Le risorse del Recovery Fund saranno invece utilizzate, in primis, “per incrementare gli investimenti pubblici in misura inedita e aumentare le risorse per la ricerca, la formazione, la digitalizzazione e la riconversione dell’economia in chiave di sostenibilità ambientale”.

    Tutte queste misure dovrebbero contribuire a migliorare gli indicatori economici dell’Italia previsti nel quadro tendenziale. In particolare, il Governo stima un Pil in crescita del 6% nel 2021, del 3,8% nel 2022 e del 2,5% nel 2023. Il rapporto debito pubblico/Pil è stimato al 155,6% nel 2021, al 153,4% nel 2022 e al 151,5% nel 2023. Quanto al tasso di occupazione, dopo il -9,5% del 2020, si stima un +5,4% nel 2021, un +3,4% nel 2022 e un +2,2% nel 2023.

    Quadro avverso
    Alla luce dell’emergenza Covid-19, nella NaDef è stato previsto anche lo “scenario avverso”, che si verificherebbe, in particolare, “al raggiungimento di livelli di guardia in termini di ricoveri ospedalieri”. In una prima versione del testo era scritto che, in questo caso, il Governo sarebbe costretto a reintrodurre “chiusure selettive di alcuni settori e misure di distanziamento sociale”. Nella versione approvata dal Consiglio dei ministri, invece, non si parla più di possibili “chiusure selettive” ma solo di “misure precauzionali, peraltro meno drastiche che nella scorsa primavera”.

    Nello scenario avverso il Pil italiano chiuderebbe il 2020 non a -9% ma a -10,5%. Il rimbalzo sarebbe mimino nel 2021 (+1,8%) e più sostenuto nel 2022 (+6,5%), per poi scendere a +2,3% nel 2023. Anche le finanze pubbliche ne risentirebbero: nel 2020 il rapporto deficit/Pil non sarebbe del 10,8% ma dell’11,5%, per poi risalire a 7,8% nel 2021.

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