Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Economia
  • Home » Economia

    A chi vanno i soldi del 5 per mille

    Credit: Unsplash

    Fondazioni per la ricerca sanitaria, onlus che prestano assistenza medica, ospedali d’eccellenza. Ecco quali sono gli enti a cui i contribuenti devolvono lo 0,5% dell’Irpef. Una torta da oltre mezzo miliardo di euro

    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 10 Lug. 2025 alle 17:07

    La salute prima di tutto. Quando si tratta di scegliere a chi devolvere il 5 per mille dell’Irpef a proprio carico, i contribuenti tendono a optare per il camice bianco. Scorrendo le graduatorie dell’Agenzie delle Entrate sui soggetti destinatari dei versamenti, balza subito all’occhio come la stragrande maggioranza dei beneficiari che ricevono le somme più elevate siano ospedali d’eccellenza, onlus che offrono assistenza medica a malati o indigenti, oppure fondazioni che finanziano la ricerca in campo sanitario. 

    È così dal 2006, anno in cui il contributo – tratto dell’imposta sui redditi delle persone fisiche – fu introdotto per sostenere gli enti che svolgono attività socialmente utili. E anche l’elenco del 2024 – pubblicato lo scorso 26 maggio e relativo alle dichiarazioni dei redditi percepiti nel corso dell’anno 2023 – conferma questa attitudine dei contribuenti a premiare chi presidia la nostra salute.

    Elenco
    La regina indiscussa del 5 per mille è la Fondazione Airc per la Ricerca sul Cancro: ogni anno, da vent’anni, l’ente no-profit fondato dall’oncologo Umberto Veronesi è di gran lunga quello che registra il maggior numero di firme e che incassa di più. Nel 2024 l’Airc è stata indicata come destinataria della quota Irpef da 1,7 milioni di dichiaranti per un totale di quasi 72 milioni di euro ricevuti, pari al 13,7% del totale delle somme veicolate tramite il 5 per mille. 

    Anche grazie a questo “tesoretto” la fondazione può finanziare progetti di ricerca contro i tumori portati avanti da laboratori, ospedali e università prevalentemente pubblici. «Al momento il 5×1000 ci permette di finanziare otto programmi speciali dedicati allo studio della malattia metastatica», spiega Anna Mondino, direttrice scientifica dell’Airc: «Tra questi c’è quello del professor Alessandro Maria Vannucchi dell’Università degli Studi di Firenze, i cui studi hanno permesso di indagare l’evoluzione dei tumori mieloidi, un gruppo di neoplasie che colpiscono le cellule del sangue e di identificare mutazioni ricorrenti nel Dna, risultate fondamentali per classificarli in modo più appropriato e seguirne la risposta alle terapie».

    Al secondo e al terzo posto fra i soggetti che ricevono le somme più elevate dal 5 per mille si alternano da anni la Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro ed Emergency. L’anno scorso l’ente voluto da Allegra Agnelli, a cui fa capo il centro oncologico Candiolo, è stato scelto da 275mila contribuenti e ha beneficiato di 12 milioni di euro, mentre la onlus fondata da Gino Strada per portare cure mediche nei luoghi di guerra e povertà ha ricevuto 10,6 milioni di euro da un totale di 283mila contribuenti.

    A seguire, troviamo in graduatoria – con importi ricevuti tra i 9 e i 7 milioni di euro ciascuno – la Lega del Filo d’Oro, che fornisce assistenza a persone sordocieche e con pluridisabilità psicosensoriale, l’Associazione Italiana contro le Leucemie, l’Istituto Europeo di Oncologia, l’ong Medici Senza Frontiere e la Fondazione Italiana Sclerosi Multipla. 

    Dei primi venti soggetti presenti nell’elenco solo due non operano – almeno non prevalentemente – in campo sanitario. Entrambe sono impegnate nella difesa dei diritti dei bambini: si tratta dell’ong Save The Children, nona in classifica con 6,4 milioni di euro da parte di 171mila contribuenti, e del Comitato italiano per l’Unicef, che si trova alla posizione numero 13 con 4,2 milioni di euro ricevuti da 121mila dichiaranti.

    Anche scendendo sotto il ventesimo posto continuano a prevalere gli enti che operano nel settore salute. Ma, tra un camice bianco e l’altro, spiccano anche l’associazione per gli anziani Auser (che l’anno scorso ha ricevuto 2,2 milioni di euro), il Fai-Fondo Ambiente Italiano (2,2 milioni), le associazioni animaliste Lav ed Enpa (2 milioni ciascuna) e l’associazione cattolica Acli (1,8 milioni). Al 30esimo posto in classifica c’è anche Radio Maria, scelta l’anno scorso da quasi 52mila contribuenti per un totale di 1,6 milioni di euro ricevuti.

    Poveri sindaci
    Il 5 per mille può essere devoluto anche ai Comuni. Molti contribuenti, però, forse non lo sanno. Sono solo 302mila quelli che l’anno scorso hanno scelto di devolvere la loro quota alle amministrazioni municipali, per un totale di 15 milioni di euro entrati nelle casse degli enti locali.

    Il Comune che ha ricevuto la somma più elevata è Milano con 420mila euro, davanti a Roma, con i suoi 396mila euro, e a Torino, con 158mila euro. Seguono Bologna (107mila euro), Verona (88mila euro) e Napoli (87mila).

    L’importo medio si aggira intorno ai 2.400 euro per ente. A livello geografico, il Nord raccoglie da solo oltre il 73% delle risorse complessive (più di 11 milioni di euro) e rappresenta, in termini di amministrazioni coinvolte, il 62% del totale (3.884). Il Centro, trainato da Roma, assorbe il 13% dei contributi (poco meno di 2 milioni), ma in termini di numero enti si ferma al gradino più basso del podio: 818. Chiudono il cerchio il Sud e le Isole con i loro 1.591 comuni coinvolti che raccolgono il 12,9% delle risorse (1.937.014 euro) a dispetto di un bacino demografico ben più ampio.

    «Il 5 per mille potrebbe rappresentare per i Comuni italiani una risorsa preziosa, sia economica che simbolica, per rafforzare il legame con i cittadini e investire nei servizi sociali. Eppure – rileva il Centro Studi Enti Locali – la scarsa conoscenza dell’opportunità da parte dei contribuenti e la debolezza delle campagne informative locali fanno sì che solo una piccola frazione scelga il proprio ente territoriale».

    Sfondare il tetto
    Nel 2024 sono stati circa 15 milioni i contribuenti che hanno indicato il soggetto giuridico al quale devolvere il 5 per mille dell’Irpef (per coloro che non esprimono una preferenza la somma va nelle casse dello Stato). In totale, le somme destinate agli enti che svolgono attività socialmente utili ammonta a 552 milioni di euro. Di questi, tuttavia, quasi 28 milioni di euro non sono arrivati a destinazione. La normativa sul 5 per mille, infatti, prevede un tetto massimo alla somma che può essere veicolata e il limite è fissato attualmente a quota 525 milioni di euro. 

    Lo scorso autunno, nelle settimane in cui si discutevano i contenuti della Legge di Bilancio, dieci grandi associazioni del terzo settore – Aism/Fism, ActionAid, Fondazione Airc, Emergency, Fai – Fondo per l’Ambiente Italiano, Lega del Filo d’Oro, Medici Senza Frontiere, Save the Children, Fondazione Telethon e Unicef – hanno chiesto pubblicamente di eliminare il tetto del 5 per mille, equiparandolo all’8 per mille, per il quale appunto non esiste alcuna soglia massima. La proposta non è passata, ma c’è da scommettere che gli enti torneranno alla carica nei prossimi mesi.

    L’8×1000
    In compenso, il Governo ha deciso di fare qualche aggiustamento alle regole che disciplinano l’8 per mille. Finora gli italiani potevano optare di destinare questa quota di Irpef alternativamente allo Stato italiano a un’istituzione religiosa. Da quest’anno, invece, al momento della dichiarazione dei redditi, il contribuente può optare anche per destinare il contributo a interventi di «recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche».

    La novità non piace al Vaticano, che non gradisce l’idea di dover fare i conti con la concorrenza di altri soggetti, per di più in un settore, quello della lotta alle dipendenze, storicamente presidiato dagli enti ecclesiastici. 

    Secondo il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, l’intervento del Governo crea una «disparità che danneggia sia la Chiesa cattolica che le altre confessioni religiose firmatarie delle intese con lo Stato»: «Non ci interessano i soldi, ci interessano i poveri», assicura Zuppi, che ammette comunque come il venir meno di certe risorse «oggettivamente vuole dire probabilmente poter fare meno cose».

    La Chiesa cattolica, fra l’altro, pur restano il principale beneficiario dell’8 per mille, negli ultimi anni ha registrato un netto arretramento nelle preferenze espresse dai contribuenti. Se fino a una decina d’anni fa l’80% delle indicazioni andava alla Santa Sede, oggi si viaggia intorno al 70%. La somma rimane comunque di tutto rispetto: poco meno di un miliardo di euro all’anno, a fronte dei 350 milioni incassati dallo Stato italiano.

    Il 2×1000
    Ad aumentare, in compenso, sono i contributi che finiscono nelle tasche dei partiti in virtù del 2 per mille. Il meccanismo volontario – introdotto nel 2014 dal Governo Letta per sostituire il finanziamento pubblico alla politica – ha visto in pochi anni raddoppiare i numeri. Nel 2018 i contribuenti destinarono ai partiti complessivamente 14 milioni di euro, mentre l’anno scorso si sono sfiorati i 30 milioni. 

    La forza politica che riceve la quota maggiore di contributi è il Partito democratico, che nel 2024 ha incassato 10,2 milioni di euro su indicazione di 629mila dichiaranti. Al secondo posto c’è Fratelli d’Italia, con 5,7 milioni di euro e 382mila contribuenti. A seguire troviamo il Movimento 5 Stelle con 2,7 milioni di euro, mentre Sinistra Italiana e Verdi hanno calamitato 1,4 milioni di euro ciascuno. Alla Lega sono andati 1,5 milioni e a PiùEuropa 833mila euro. 

    Sorprendono invece gli importi assegnati a Forza Italia e ai centristi di Azione e Italia Viva. Il partito fondato da Silvio Berlusconi, nonostante sia il quarto gruppo per numero di parlamentari, si è dovuto accontentare della “miseria” di 807mila euro su indicazione di 45mila contribuenti. Al contrario, le creature politiche di Carlo Calenda e Matteo Renzi, pur viaggiando nei sondaggi tra l’1 e il 3%, hanno incassato rispettivamente 1,3 milioni e 1,1 milioni di euro: questo perché sono stati indicati da contribuenti con redditi più elevati. Una cosa sono le dichiarazioni dei redditi e un’altra sono le elezioni. 

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version