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    Costi e benefici del cloud aziendale nell’attuale scenario economico

    Di Redazione TPI
    Pubblicato il 9 Dic. 2025 alle 08:40

    Viviamo in un momento storico in cui le aziende devono correre più veloci… spendendo meno. È il paradosso perfetto: budget IT in riduzione, aspettative in crescita, attacchi informatici in aumento e una digitalizzazione che non aspetta nessuno. È in questo contesto che il cloud aziendale torna al centro del discorso, non più come il giocattolo preferito dei CIO, ma come uno dei pochi strumenti capaci di offrire agilità, ridurre i costi e migliorare la resilienza.

    La vera domanda, oggi, non è più “migrare o non migrare?”, ma piuttosto: “Quale modello di cloud permette di rimanere competitivi senza bruciarsi il budget?”

    Il contesto economico: tagliare dove si può, investire dove serve

    Le imprese stanno affrontando una crescente pressione sui costi: energia costosa, supply chain instabile, necessità di scalare velocemente e minacce cyber sempre più raffinate. In mezzo a tutto questo, l’IT non può più ragionare come una voce di spesa, ma come un abilitatore. E il cloud è proprio uno di quei rari strumenti che possono trasformare un costo fisso in un costo variabile, facendo respirare aziende che non possono permettersi investimenti iniziali milionari per l’infrastruttura.

    Ed è qui che entrano in gioco le soluzioni di Public, Hybrid e Private Cloud, ciascuna con vantaggi e limiti da valutare nel dettaglio.

    Public Cloud: efficienza immediata, ma attenzione al conto

    Il Public Cloud è la risposta a chi vuole scalare subito, configurare in pochi minuti e pagare solo ciò che utilizza. Perfetto per startup, aziende in crescita, ambienti di test, data analytics, applicazioni web, flussi discontinui di carico e smart working. Nessun hardware da comprare, nessun server da mantenere, aggiornamenti automatici, alta disponibilità nativa.

    Ma il rovescio della medaglia è altrettanto evidente: canoni ricorrenti, costi che crescono rapidamente se non governati, lock-in tecnologico e una compliance che richiede attenzione maniacale, soprattutto se si gestiscono dati sensibili o regolamentati.

    Il Public Cloud è potente come un’auto sportiva: ti porta ovunque, ma se non controlli i consumi… ti accorgi tardi di quanto stai spendendo.

    Private Cloud: più controllo, più sicurezza… più costi iniziali

    Il Private Cloud risponde alle esigenze di aziende che non possono permettersi di lasciar uscire i dati dal perimetro, come settori bancari, sanitari, industriali e pubbliche amministrazioni. Qui il mantra è controllo totale: infrastruttura dedicata, compliance semplificata, sicurezza fisica e logica più elevata, performance costanti, personalizzazione massima.

    Il prezzo da pagare? Investimenti iniziali importanti, team IT interno competente, costi hardware, manutenzione e aggiornamenti a carico dell’azienda. È il modello ideale per chi non può accettare compromessi su governance e sovranità del dato, ma non è la soluzione più economica nell’immediato.

    Hybrid Cloud: il compromesso intelligente

    L’Hybrid Cloud è il modello “a metà”, che funziona proprio perché non sceglie un estremo. Alcuni servizi stanno nel Public per scalare rapidamente (applicazioni, collaboration, smart working), altri restano nel Private (dati sensibili, ERP, sistemi legacy, applicazioni core). È una soluzione che permette alle aziende di modellare la propria infrastruttura sulle esigenze reali, riducendo i costi dove possibile e mantenendo il controllo dove necessario.

    Perfetto per chi vuole flessibilità, continuità operativa e capacità di reagire ai picchi di domanda senza acquistare hardware che rimarrebbe inutilizzato per metà dell’anno.

    Costi: il cloud fa risparmiare, ma solo se lo gestisci bene

    Uno dei miti più diffusi è che il cloud “costerebbe meno” per definizione. Falso. Il cloud fa risparmiare quando viene gestito, monitorato e configurato da chi conosce davvero il modello.

    Le principali voci di risparmio derivano da:

    Le principali voci di costo indefinito (quelle che fanno tremare molti CFO) sono invece:

    Il cloud non è economico a prescindere, lo diventa se progettato con criterio.

    Cybersecurity: il cloud non elimina i rischi, li trasforma

    Un altro mito da sfatare: “Il cloud è più sicuro”. Dipende. Sicuramente i provider investono miliardi in sicurezza, molto più di quanto qualunque azienda possa fare da sola. Ma la superficie di attacco cambia: più accessi remoti, più servizi esposti, più identità digitali da gestire, più compliance da dimostrare.

    La sicurezza diventa una disciplina ibrida: Zero Trust, identity management, monitoraggio continuo, configurazioni corrette, audit costanti. Un semplice errore in una policy su un bucket S3 può causare incidenti che costano milioni.

    Il cloud non è insicuro: è sicuro solo se governato bene.

    Esempi concreti che oggi cambiano il lavoro delle aziende

    Lo smart working non esisterebbe senza cloud: connessioni sicure, accesso remoto ai documenti, comunicazioni veloci, collaboration in tempo reale. La data analytics moderna  (quella che usa big data, AI, machine learning) vive nel cloud, non nei server aziendali. L’archiviazione sicura dei documenti, con sistemi di replica geografica, versioning e disaster recovery, sarebbe economicamente insostenibile on-premise.

    Ogni processo aziendale oggi critico (dal CRM alla supply chain, dal ticketing all’e-commerce) dipende dal cloud in un modo o nell’altro.

    Conclusione: scegliere il modello cloud è una decisione strategica, non tecnica

    Nel 2025–2026 nessuna azienda può più ragionare su “migrare al cloud sì o no”. La domanda reale è: quale modello consente di bilanciare agilità, sicurezza, compliance e controllo dei costi?

    Public, Private o Hybrid non sono etichette: sono scelte di governance, di business, di posizionamento competitivo. Un cloud sbagliato fa spendere di più, rallenta i processi e aumenta i rischi. Un cloud scelto bene, invece, diventa una leva di crescita, riduzione dei costi e innovazione continua.

    E oggi, più che mai, questa scelta non riguarda solo l’IT: riguarda la sopravvivenza stessa dell’azienda.

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