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Sognando la quarantena, l’impatto del lockdown sull’inconscio collettivo

Illustrazione di Gaia Gragnano

Una raccolta di circa 80 sogni prodotti da una ventina di persone durante i mesi di quarantena. I sogni sono commentati dalla psicologa Michela Launi ed illustrati dalla collega Gaia Gragnano. Pubblichiamo di seguito un estratto del libro

Di Redazione TPI
Pubblicato il 20 Nov. 2020 alle 15:19 Aggiornato il 20 Nov. 2020 alle 16:36

SOGNANDO LA QUARANTENA – l’impatto del lockdown sull’inconscio collettivo

In questo periodo di quarantena sto facendo un sogno ricorrente. Tutte le notti sogno di salvare una bambina dalle onde del mare. Lei vuole entrare in acqua ma io temo possa essere troppo pericoloso. Mi sveglio e ripenso a questo agosto, alla giornata passata nella Prefettura di Tétouan. Un caldo infernale in una sperduta località della costa mediterranea marocchina. Il mare poco pulito. Molto poco. Io e la mia amica siamo probabilmente le uniche donne sulla spiaggia senza velo nel raggio di chilometri. Le uniche sicuramente ad aver fatto il bagno. Ma caspita, che desiderio di buttarsi! Quanto danno fastidio i vestiti bagnati addosso? Quanto danno fastidio i vestiti bagnati addosso se sei in spiaggia, ad agosto, in una giornata di caldo infernale? Ma quel senso di libertà interiore – paradossale se ripenso alla costrizione degli abiti salati sulla pelle o agli sguardi indiscreti dei bagnanti –mi manca tanto in questi giorni di lockdown. Penso, allora, alla bambina sognata queste notti. Perché non le consento di buttarsi in acqua? Perché la privo di quella libertà? Sarà mica così pericoloso. O forse potrebbe esserlo. Potrei magari fare il bagno assieme a lei. Ecco, buona idea! La seguirò piano, lei mi farà strada. Con il suo entusiasmo sarà anche più facile non pensare che il mare ad aprile è ancora tremendamente freddo. Dal canto mio, io, se sarà necessario, l’aiuterò a risalire e tornare sulla riva.

Scrissi questo pensiero il 10 aprile 2020, in piena quarantena. Ero meravigliata dal fatto che questo sogno mi facesse visita ogni notte. La sera, prima di andare a letto, chiudevo gli occhi sapendo che avrei rivisto la stessa scena della notte precedente. Un film di cui non mi stancavo mai, che un po’ mi faceva compagnia e un po’ mi disturbava. Il fatto ancora più sorprendente, però, è che non ero sola. Amici e colleghi mi confidavano che a loro capitava lo stesso: durante quei giorni di lockdown si addormentavano con la certezza che avrebbero vissuto un’avventura simile a quella della notte passata. Ma c’è di più. Sogni ricorrenti di alcuni assomigliavano incredibilmente a quelli prodotti da molti altri nel medesimo periodo. Come se la stessa immagine onirica avesse il prodigioso dono dell’ubiquità.

“Sognando la quarantena” nasce così, dal desiderio di raccontare questo miracolo notturno. Di cosa tratta il libro? È una raccolta di circa 80 sogni prodotti da più o meno 20 persone (amici, parenti e colleghi) durante i mesi di quarantena, precisamente dal 3 aprile al 3 giugno 2020. I sogni sono commentati dalla psicologa Michela Launi ed illustrati dalla collega Gaia Gragnano (anche lei psicologa). L’idea alla base del lavoro è che le esperienze della pandemia e della quarantena si siano riflesse nell’inconscio collettivo il quale si è esplicitato nei sogni di ciascuno. Il fatto incredibile è che capita che persone anche molto diverse tra loro, ma accomunate da una medesima esperienza o che abitano lo stesso contesto socio-politico-culturale, vivano nello stesso periodo viaggi notturni tra loro molto simili. Questo lavoro, infatti, mostra che esistono metafore oniriche collettive e ricorrenti, svincolate almeno in parte dalla biografia e dall’inconscio personali.

Le autrici

Michela Launi (1990) vive a Milano. Lavora come psicologa ad orientamento psicoanalitico specializzata in percorsi clinici per adulti e giovani adulti nel suo studio privato in zona De Angeli. È co-fondatrice di Spazio Clinico Frua19, progetto nato nella primavera del 2020. Lavora al fianco di bambini e ragazzi affetti da diverse forme di disabilità come educatrice domiciliare e scolastica nelle scuole medie ed elementari milanesi.

Gaia Gragnano (1990) vive a Milano. Lavora come psicologa in ospedale occupandosi di percorsi clinici rivolti a persone che ricevono una diagnosi di malattia degenerativa e ai loro familiari. Oltre all’attività di reparto riceve adolescenti e adulti nel suo studio privato in zona Niguarda. È co-fondatrice de Le Mangrovie. Amante delle arti, ha di recente iniziato ad inserire il disegno all’interno del suo percorso professionale.

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