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La mia Medea e le vittime di mafia trent’anni dopo le stragi (di L. Violante)

credit: ansa foto

Sul nuovo numero del settimanale di TPI - The Post Internazionale, in edicola da venerdì 11 marzo, la rubrica "Speaker's corner" è firmata dall'ex presidente della Camera, autore del monologo “Medea”, in debutto il 10 marzo a Palermo. La regia è di Giuseppe Dipasquale e l’interpretazione di Viola Graziosi

Di Luciano Violante
Pubblicato il 13 Mar. 2022 alle 16:22

Trent’anni dopo, la retorica ci aspetta al varco. Bisogna sfuggirle. Le vittime si ricordano non perché sono morte, ma perché sono state vive e la Sicilia deve risolvere il suo conflitto tra il sole e la morte. Perciò Medea, perciò San Domenico, perciò fuori da una data canonica. Medea ha ascoltato da Giasone le parole che non avrebbe mai voluto ascoltare. Il padre dei suoi figli ha deciso di sposare la figlia del re di Corinto per ereditarne il trono e propone a Medea di diventare la sua concubina. Medea respinge il destino di schiava per lei e per i suoi figli che sarebbero diventati prede dei viziosi principi di Corinto. Per sottrarli a un destino infame, Medea li uccide. Medea è la Sicilia che uccide i suoi figli? Oppure è Giasone la Sicilia che condanna i suoi alla servitù? Nella mia testa la Sicilia che condanna i suoi figli alla schiavitù è Giasone, l’uomo che per il potere lascia donna e figli. Ma Medea può fargli ancora comodo nei suoi piaceri e perciò le propone di diventare la sua concubina condannando così alla schiavitù anche i suoi figli. La principessa della Colchide respinge il destino di concubina che le ha confezionato Giasone; respinge il destino da servi che attende i suoi figli e, poiché la libertà e la dignità valgono più della vita, quei figli li uccide. Diventeranno stelle che guidano la lotta dei giusti. Tutti quelli che sono morti di mafia sono stelle che alla vita hanno preferito libertà e dignità.

Medea arriva in Sicilia sul carro del Sole, che è suo avo; e si guarda attorno. Da un lato, scorge Dioniso, che scende dai boschi dei Nebrodi. Dioniso, portatore di violenze e di oblii, è seguito dalle Menadi e da un dio con le corna di toro. Corrono a perdifiato incontro a Demetra e Kore per andare insieme ad Eleusi dove celebreranno i loro riti. Dall’altra parte avanzano la dea Madre Demetra con la figlia Kore, avendo alle spalle il lago di Pergusa. Passano dove laghi di sangue attraversano campi di grano e dove gli assassini portano fiori alle esequie degli assassinati. Devono incontrare Dioniso per andare poi tutti ad Eleusi.. Ma l’Etna e il mare di Motzia non vogliono che Demetra, Kore e Dioniso vadano ad Eleusi; vogliono che si impegnino per salvare i giusti e combattano insieme a Medea la stessa battaglia. Dioniso fugge dalla sua responsabilità, come era fuggito Giasone. Sono invece tre donne, Medea, Demetra e Kore, orientate dai due figli di Medea, diventati stelle lucenti, a guidare la lotta dei giusti. Queste tre donne e quelle due stelle sono la Sicilia che si riscatta.

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