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Scoperta un’incisione millenaria che racconta dell’invasione di un popolo dal mare nel Mediterraneo orientale

Un gruppo di ricercatori svizzeri e olandesi ha decifrato una pietra di 3.200 anni fa che rivelerebbe i motivi della fine delle civiltà dell'età del bronzo nel Mediterraneo orientale

Di Giuseppe Loris Ienco
Pubblicato il 11 Ott. 2017 alle 18:06 Aggiornato il 12 Ott. 2017 alle 15:13

Alcuni studiosi sono riusciti a decifrare i simboli di un’incisione risalente a 3200 anni fa. La scoperta potrebbe permettere di risolvere uno dei più grandi misteri dell’archeologia del Mediterraneo: la scomparsa di alcune civiltà del Mediterraneo orientale durante l’età del bronzo.

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I simboli, che si trovavano sulla riproduzione di un fregio in pietra calcarea di 29 metri rinvenuto nel 1878 nella moderna Turchia, costituiscono l’iscrizione geroglifica più lunga risalente all’età del bronzo.

Prima che la pietra venisse utilizzata per la costruzione di una moschea, l’archeologo francese Georges Perrot ne realizzò una copia, ritrovata solo nel 2012 tra i documenti dello studioso di linguaggi antichi James Mellaart.

Solo recentemente l’iscrizione è stata tradotta per la prima volta e ha rivelato alcuni dettagli importanti sulle cause della scomparsa di alcune popolazioni antiche che vivevano sulle coste del Mediterraneo.

I simboli raccontano di razzie condotte via mare da un gruppo di popolazioni dell’Anatolia contro alcune città del Medio Oriente.

Queste popolazioni, dedite al saccheggio e alla pirateria, avrebbero fatto parte di una confederazione marina e, secondo il parere degli storici, sono responsabili della caduta di alcune civiltà dell’età del bronzo che abitavano sul Mediterraneo orientale.

Le iscrizioni sarebbero state commissionate nel 1190 a.C. dal re dello stato di Mira Kupanta-Kurunta che, in base a quanto decifrato dai ricercatori, avrebbe invaso l’Egitto e altre aree a est del mar Mediterraneo verso la fine dell’età del bronzo.

Per molto tempo gli archeologi hanno attribuito parte delle responsabilità dell’improvviso e incontrollabile crollo delle civiltà dominanti nel Mediterraneo orientale intorno al 1200 a.C. proprio a questi saccheggi via mare.

Tuttavia, l’identità e l’origine degli invasori, spesso identificati come “troiani del mare”, sono rimaste avvolte nel mistero per secoli.

Le nuove scoperte sono frutto del lavoro di un team di archeologi svizzeri e olandesi di cui fa parte Fred Woudhuizen, una delle 20 persone al mondo in grado di leggere il luvio, una lingua di origine indoeuropea parlata a sud-ovest di Hattusa, antica capitale dell’impero ittita.

Dalla traduzione dell’iscrizione, in base a quanto riferito dal linguista olandese Eberhard Zangger, sarebbe emersa chiaramente la responsabilità delle popolazioni che parlavano il luviano nel porre fine all’età del bronzo nel Mediterraneo orientale.

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