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Fuga dalle metropoli: ecco dove va chi scappa dalle grandi città

Credit: Unsplash

Prezzi elevati, ritmi frenetici, inquinamento. Sempre più persone decidono di abbandonare le maggiori città per trasferirsi altrove. Ecco dove vanno

Di Anton Filippo Ferrari
Pubblicato il 8 Ago. 2025 alle 10:58

Da sempre gli esseri umani sono in movimento, alla ricerca di un posto migliore in cui vivere. Per la maggior parte della storia dell’umanità, le persone sparse per il pianeta hanno vissuto in piccole – se non piccolissime – comunità. Poi è arrivato il processo di industrializzazione che ha portato alla formazione di metropoli via via più grandi: queste sono così diventate i principali centri di vita economica e sociale, attirando grandi flussi di esseri umani e innescando un processo di estrema urbanizzazione. Ora, però, qualcosa sembra essere cambiato: moltissime persone decidono di lasciare la giungla di cemento alla ricerca di qualcosa di nuovo. Un’inversione di tendenza che si è acuita in particolare durante e dopo la pandemia di Covid complici diversi fattori, tra cui la possibilità di lavorare da remoto, il costo e la qualità della vita, i bassi salari e i cambiamenti nelle modalità di socializzazione, che, specie nelle giovani generazioni, non avviene più in compresenza, ma sempre più virtualmente. 

Ma dove vanno tutte queste persone in fuga dalle città? Le destinazioni sono cambiano a seconda delle singole esigenze: c’è chi è alla ricerca di un ritmo di vita più lento, di costi più alla portata e di un forte senso di comunità e quindi opta per i piccoli centri o i borghi, di cui l’Italia è piena; c’è chi preferisce le zone rurali, dove è possibile vivere a contatto con la natura; chi preferisce passare da una città più grande a una più piccola nel tentativo di cercare un compromesso tra opportunità lavorative, costo e qualità della vita; infine, c’è chi opta va all’estero, optando per Paesi con economie più forti e stipendi più alti, come nel Nord Europa, o per mete “esotiche”, da dove si può lavorare da remoto e – mantenendo uno stipendio italiano – godere di lussi impensabili dalle nostre parti. 

Il filo rosso che unisce tutte queste scelte è la qualità della vita, messa al centro dei progetti di un numero crescente di persone, soprattutto giovani. Insomma, si tende sempre di più a scappare delle grandi città. A partire da Milano, che è forse la città in Italia a risultare più aspra alle nuove generazioni. Ma la lista è lunga: anche Torino, Roma, Bologna, Firenze, Napoli, Palermo e Cagliari non fanno gola com’era fino a qualche decennio fa. 

Il problema è proprio il concetto stesso di città e ciò che ne deriva nel viverci. I grandi centri abitati, infatti, da una parte hanno molto da offrire, ma dall’altra tolgono tanto. Danno maggiori opportunità di lavoro e di divertimento, così come maggiori possibilità di incontrare persone e situazioni nuove; ma levano tempo, tendono a costare di più, sono più inquinati, meno tranquilli e – forse – anche meno adatti a costruirsi una famiglia o una comunità. 

Il trend in Italia
Ma andiamo a vedere la situazione nel dettaglio. Nel nostro Paese – secondo il rapporto Istat “I giovani nelle città metropolitane”, relativo agli anni 2022 e 2023 – la città metropolitana che ha registrato il calo più drastico della popolazione giovanile negli ultimi trent’anni è Cagliari, con una perdita del 56,2%. Questo dato riflette un trend negativo riscontrabile pressoché ovunque in Italia, spiegabile anche con le dinamiche demografiche, ma qui il fenomeno è ancor più marcato: il capoluogo sardo ha evidentemente grandi difficoltà nel trattenere la propria fascia di popolazione più dinamica. 

Complessivamente, dal 1993 al 2023 le quattordici città metropolitane del nostro Paese hanno visto diminuire di 1,5 milioni il numero di giovani residenti tra 0 e 24 anni, per una riduzione del 24,5%. Al primo gennaio 2024 in queste metropoli si contavano circa 4,8 milioni di giovani, pari al 22,6% della popolazione totale, a fronte del 32,6% del 1993. 

Prendendo in esame i Comuni capoluogo, invece, negli ultimi tre decenni la perdita di Under 24 è stata del 27,7%, con un picco del 39% nella fascia 15-24 anni. 

Le città del Sud e delle Isole sono quelle che hanno subito le contrazioni più marcate, con un calo medio del 23,9%. 

In molti – come detto – optano per i piccoli centri o borghi delle aree interne, soprattutto nel Centro e al Nord, con alcuni Comuni in cui è in lieve ripresa anche la natalità. Secondo l’ultima edizione del “Rapporto Montagne”, curato dall’Uncem (Unione nazionale Comuni Comunità Enti montani), tra il 2019 e il 2023 il saldo tra ingressi e uscite della popolazione residente in montagna è tornato positivo per 100mila unità. Ma la vera novità è che, a differenza del passato, il trend non è alimentato dagli stranieri, come era accaduto tra il 2009 e il 2013 con l’arrivo di migliaia di immigrati, tra cui europei ed extracomunitari facoltosi (prima del drastico calo di residenti tra 2014 e 2018). Ora gli stranieri contribuiscono al nuovo aumento solo per 36mila persone. Il 64% della crescita è quindi dovuto allo spostamento di italiani. Con i Comuni montani che diventano più attrattivi anche grazie alle strategie delle Green Communities in 1.500 borghi, agli investimenti associati del Pnrr e agli incentivi che possono includere bonus economici. 

Tra le regioni che più registrano aumenti significativi della popolazione italiana residente nei Comuni montani, spicca l’Emilia-Romagna, con una crescita del 43 per mille. A seguire troviamo la Toscana (25 per mille), la Lombardia e Trentino (oltre il 20 per mille), l’Umbria (17 per mille) e il Lazio (5 per mille). Bene, poi, alcuni Comuni dell’Abruzzo, che complessivamente segna però un calo del 4 per mille tra residenti italiani e stranieri. 

Poi ci sono coloro che sono di fattocostretti a lasciare le zone centrali delle città per spostarsi ai confini delle stesse, così da poter risparmiare sugli affitti e sul costo della vita in generale. Una scelta maturata non per volontà, ma per necessità. Sono tantissimi i piccoli Comuni nei pressi delle grandi città come Roma e Milano che riscontrano una crescente richiesta di abitazioni da parte di giovani coppie, e non solo. 

E coloro che invece virano su città più piccole e più «a misura d’uomo», dove vanno? Secondo l’indagine “Qualità della vita generazionale”, realizzata dal Sole 24 Ore, le città migliori per i giovani di oggi sono Gorizia, Ravenna e Forlì-Cesena, seguite da Trento, Udine e Pordenone. Non proprio delle metropoli. 

Non possiamo poi non citare l’opzione estero, oggi più che mai attraente per molti giovani italiani. Il nostro, infatti, da anni è notoriamente un Paese che non riesce più a trattenere i suoi ragazzi. Nel 2024 sono stati 191mila gli espatriati: di questi, 156mila erano giovani sotto i 35 anni. Un esodo inesorabile, che secondo i dati Istat (+36,5% rispetto al 2023) colpisce non solo il Sud, ma anche le metropoli dove una volta si andava per «farsi una vita». 

Il nuovo Rapporto Italiani nel Mondo 2024 della Fondazione Migrantes parla chiaro: «Le partenze giovanili sono sempre meno “di passaggio” e sempre più definitive. Non stiamo assistendo a un’esperienza di mobilità: è disillusione». I numeri dicono che Milano, Roma e Torino – da sempre simboli di mobilità interna e attrattività – iniziano a registrare una disaffezione strutturale. Gli affitti alle stelle, il lavoro sottopagato e un welfare insufficiente stanno svuotando i centri urbani di una generazione che oggi preferisce spostarsi direttamente all’estero. Dove? Le destinazioni più ambite non sono più solo Londra e Berlino, ma anche città “minori” europee come Porto, Lione, Cracovia e Lubiana, dove la qualità della vita è alta e il costo è sostenibile. 

Da segnalare però anche un dato interessante: quello del “controesodo”. Per ora i numeri sono limitati, ma in crescita: 6.500 rientri nel 2021, stabili negli anni successivi. Ritorni in particolare nelle città medio-piccole del nostro Paese che offrono connessione, equilibrio e relazioni autentiche.

La situazione all’estero
Il fenomeno della fuga dalle città  non è solo italiano. In Inghilterra, ad esempio, molti cittadini si stanno allontanando da Londra, città un tempo vista come crogiolo di stimoli e opportunità per tutta Europa. Da una rilevazione di YouGov è emerso che il 47% dei giovani intervistati pianifica di lasciare la swinging city entro i prossimi dieci anni. A scacciarli sono soprattutto i costi della vita, aumentati a dismisura e poco sostenibili. 

Ma il Regno Unito non è l’unico. Secondo SmartAsset, che ha portato avanti una ricerca sull’America del Nord, stilando una classifica degli Stati e utilizzando come criterio i numeri di immigrazione ed emigrazione, di ingresso e uscita delle persone, i giovani professionisti (dai 26 ai 35 anni) lasciano sempre di più lo stato di New York e la California, tradizionalmente considerati the place to be, per spostarsi soprattutto in Florida e Texas. 

In Cina, grandi gruppi di giovani si trasferiscono in aree remote per abbracciare una modalità di vita isolata, da eremiti. Un estremo, che però segnala una stanchezza estrema nei confronti della vita cittadina. Quella che per molti, oggi, non è vita.

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