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Perché la cultura non deve avere a che fare con la politica

Di Vittoria de Petra
Pubblicato il 22 Gen. 2018 alle 16:19 Aggiornato il 27 Mar. 2018 alle 18:43

La notizia della tessera MIC (Musei in Comune) che a 5 euro garantisce a tutti i residenti romani di visitare illimitatamente e gratuitamente collezioni permanenti e anche mostre temporanee, è uscita quando eravamo tutti intenti a mangiare panettone e pandoro e ce la siamo un po’ persa, tra un’abbuffata e l’altra.

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Potrebbe sembrare una notizia positiva, ma si può davvero perpetuare ancora l’ideale della cultura lontana anni luce dal profitto? Si può pensare che da questa distanza – sottolineata anche nel manifesto della sindaca Raggi – il patrimonio culturale ne possa trarre beneficio?

In una città come Roma garantire l’accesso illimitato e gratuito in tutti i musei Comunali per i romani – che in qualche caso ne rappresentano gran parte dei fruitori – e allo stesso tempo rifiutare di coinvolgere il privato, è una strategia populista e suicida.

Il MoVimento 5 Stelle, infatti, rifiuta la sponsorizzazione della cultura ma, così facendo, supporta e rincara con superficialità la tendenza malsana della sua politicizzazione, perseguendo una scelta che oltre ad attrarre elettorato non consentirà alcun passo in avanti, specialmente da un punto di vista economico e gestionale, rompendo equilibri faticosamente raggiunti.

La disequazione cultura-profitto, specialmente alla luce della difficoltà con la quale una città come Roma a stento compete da un punto di vista di innovazione culturale con le altre capitali mondiali, suona come un’ingenua e ambigua promessa di felicità.

La “sensibilizzazione culturale” con la quale il Movimento propone di scandire le proprie scelte intorno alla valorizzazione del patrimonio cozza con il suo intrinseco carattere pubblico e condiviso.

La proporzione di 5 euro, sicuramente allettante, è poco equa rispetto all’offerta (gratuità assoluta e accesso illimitato) e, pertanto, svilente.

Soprattutto perché prende in considerazione non uno o due musei, bensì un intero circuito, composto anche da gioielli (già accessibili gratuitamente) che sudano una manciata di visitatori l’anno: in poche parole un saldo da grande magazzino.

A Torino è attivo l’abbonamento Torino Musei ma per il costo di 52 euro (prezzo intero) fino a un minimo di 20 euro per i ragazzi, valido per molte realtà sul territorio, tra cui molte fondazioni private (Merz e Sandretto) e molti poli museali e spazi espositivi d’eccellenza già sostenuti da sponsor privati.

È bene ricordare, inoltre, la fatica con la quale i Musei municipalizzati a stento si sostengano e a stento siano in grado di accogliere e proporre novità, storie nuove e contenuti inediti.

Circuito museale foraggiato per il rotto della cuffia dal Comune e gestito da una partecipata (Zètema) che in passato è costata al Comune di Roma circa 40 milioni di euro e che, finalmente solo negli ultimi due anni, è riuscita ad andare in paro e ad avere un utile.

Per scongiurare il déjà vu di porte dei musei chiusi, intere sale inaccessibili per mancanza di personale, servizi sporchi e comunicazione museale paleolitica, dove porterà la strada della tessera MIC, unita alla visione anti-privato del M5S?

Di certo risponde, almeno apparentemente, a una richiesta generale di accessibilità gratuita ai musei.

Tuttavia, considerando la facilità con la quale viene sempre paragonata all’esperienza internazionale, c’è da considerare il flop concettuale dell’esclusione del privato dai giochi.

Sì, perché in una città come Londra, la free admission della National Gallery è possibile esclusivamente grazie alle corporate sponsorships, partnerships, and membership che rivestono un ruolo decisivo nell’esistenza del Museo, al punto da offrire la possibilità di poter affittare il museo per eventi privati.

Parlare infatti di “sponsorizzazioni selvagge” demonizzando l’iniziativa privata e avvicendando, invece, scelte prese a furor di popolo, è equilibrato?

Infine un movimento che si propone baluardo dell’innovazione, della modernità e a difesa dei cittadini che vivono situazioni delicate, dovrebbe avvantaggiare esclusivamente chi non è in grado di accedervi.

Regalare a tutti i romani (anche a chi ha sempre pagato il biglietto volentieri o a chi potrebbe, se solo l’offerta culturale riuscisse a conquistarlo) il concetto e la possibilità che in qualsiasi momento si possa calpestare il marmo dei Mercati di Traiano, fotografare le splendide statue della Centrale Montemartini e accarezzare i bassorilievi dell’Ara Pacis senza dare nulla in cambio e senza curarsi, per giunta in un momento di difficoltà, del proprio patrimonio storico-artistico, è tutto fuorché educativo.

Un mercimonio “selvaggio”, per usare le parole dei Cinque stelle, che francamente ha un nome diverso e che, in una città come Roma, risponde alla stessa cantilena di sempre.

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