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    L’oncologo di Matteo Messina Denaro: “La malattia è grave, ha accolto la diagnosi con grande dignità”

    Di Giovanni Macchi
    Pubblicato il 17 Gen. 2023 alle 11:54 Aggiornato il 17 Gen. 2023 alle 11:56

    Vittorio Gebbia è il responsabile dell’oncologia medica della clinica La Maddalena, il luogo in cui è avvenuta la cattura di Matteo Messina Denaro: era lui ad avere in cura il boss di Cosa Nostra.

    “Le sue condizioni sono gravi, la malattia ha avuto un’accelerazione negli ultimi mesi. Non lo definirei un paziente in buone condizioni di salute”, dice in un’intervista a Repubblica, affermando di non aver mai sospettato che quell’uomo – nei documenti “Andrea Bonafede” – fosse uno dei latitanti più pericolosi della storia d’Italia.

    “A parte il fatto che noi medici non è che circoliamo con gli identikit dei latitanti in tasca – spiega Gebbia – è facile dirlo ora dopo averlo visto in volto. Io lo avrò ricevuto nel mio studio due o tre volte e le assicuro che, tra le migliaia di pazienti che visito, questo signor Andrea Bonafede non mi è mai balzato all’occhio per nessun motivo. Anzi, se mi avessero detto prima che si poteva trattare di Messina Denaro non ci avrei creduto”.

    Pur nel rispetto della privacy che spetta anche a un boss mafioso circa le sue condizioni di salute, l’oncologo rivela: “Ha accolto la prognosi e le terapie successive con grande dignità”.

    Lo ha incontrato alcune volte nel suo studio, lo descrive come “una persona del tutto ordinaria, il classico paziente della provincia siciliana, accento trapanese”.

    “Di boss mafiosi con patologie importanti gli stessi magistrati ce ne hanno mandati diversi – aggiunge Gebbia – e non è la prima volta che vediamo persone in cura qui finire in manette per reati di vario genere. Per noi Matteo Messina Denaro era il signor Andrea Bonafede, tutti i documenti e le prescrizioni in regola, nessun motivo di sospetto”.

    Sulle cure che il boss mafioso dovrà continuare a seguire conclude: “Ieri i carabinieri mi hanno chiesto se posticipare di tre, quattro giorni il ciclo di chemioterapia che avrebbe dovuto fare qui avrebbe avuto conseguenze e io ho firmato l’autorizzazione perché un ritardo così contenuto non avrà alcun effetto sul suo stato di salute”.

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