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    Brescia, clinica licenzia la dottoressa vittima di revenge porn: “Nei video sembra voler ostentare una certa abilità”

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 19 Feb. 2020 alle 15:52 Aggiornato il 21 Feb. 2020 alle 14:54

    Brescia, licenziata la dottoressa vittima di revenge porn

    La dottoressa di Brescia vittima di revenge porn è stata licenziata da uno degli studi oculistici per cui lavorava, dopo aver presentato denuncia per la diffusione virale dei suoi video erotici su decine di chat insieme ai suoi dati personali.

    Come raccontato da Selvaggia Lucarelli su TPI, la dottoressa di 40 anni, che abbiamo chiamato Amanda, aveva inviato alcuni video hot tre anni fa all’uomo con cui stava intrattenendo una relazione, una guardia del corpo, ma negli ultimi mesi quei video erano finiti su alcune chat di whatsapp e telegram, soprattutto di carabinieri e poliziotti.

    Il paradosso, è che in questa già sconcertante situazione, il titolare di uno degli studi per cui la dottoressa lavorava, dopo averle chiesto di rimuovere i contatti della clinica dai suoi canali social, ha rescisso il contratto per “danno all’immagine”.

    Nelle due lettere inviate dal datore di lavoro della clinica ad Amanda, colpisce il linguaggio usato dall’ex datore di lavoro di Amanda e il neanche troppo velato messaggio che passa tra le righe.

    Secondo l’uomo infatti, quei video diffusi sul web e via whatsapp hanno generato una serie di richieste di appuntamento da parte di uomini che usavano i contatti della struttura medica per incontrare la donna con urgenza, creando imbarazzo.

    Ma soprattutto, nella lettera di licenziamento, il titolare descrive minuziosamente i contenuti dei video, nonché la tipologia di atti sessuali compiuti dalla donna in alcune scene, affermando “I video sono più che osè”. E poi la sentenza: “I filmati che stanno circolando, di cui lei è protagonista, non sembrano scene rubate alla sua vita personale, intima, ma sono più simili a un’esibizione in cui lei vuole ostentare una certa abilità”.

    Non mancando di specificare che i video gli sono stati mostrati da conoscenti che li avevano ricevuti via whatsapp, che erano girati anche in gruppi di formazione di oculisti e tra alcuni dipendenti dell’azienda sanitaria di Cremona, come se la colpa fosse di Amanda e non dei suoi gentili colleghi e conoscenti che continuavano a mostrarli e diffonderli.

    Dunque, come se non bastassero la gogna e la preoccupazione per lo stato d’animo della sua famiglia, per Amanda sono arrivate anche le parole del datore di lavoro che ha voluto facilmente “ripulire” l’immagine della clinica sbarazzandosi di lei. L’ennesimo duro colpo alla dignità già calpestata della donna che a quanto pare non è una persona da proteggere, ma una fastidiosa presenza di cui fare a meno. Certo, dopo aver guardato i suoi video in chat.

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