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    Tragedia di Mestre, sotto accusa il guardrail: “Solo una ringhiera”

    Si indaga sull’incidente costato la vita a 21 persone. Lo schianto a 400 metri dal cantiere per ammodernare il cavalcavia: “Lavori anche per il rifacimento dei guardrail”

    Di Marco Nepi
    Pubblicato il 5 Ott. 2023 alle 09:40 Aggiornato il 5 Ott. 2023 alle 10:03

    Tragedia di Mestre, sotto accusa il guardrail: “Solo una ringhiera”

    Si continua a indagare sulle cause dell’incidente di Mestre. La procura di Venezia sta considerando l’ipotesi di omicidio stradale plurimo, ma al momento non ci sono indagati per la strage costata la vita a 21 persone. Tra le vittime anche Alberto Rizzotto, l’autista del bus elettrico precipitato per più di nove metri dal Cavalcavia superiore di Marghera la sera di martedì 3 ottobre.

    Sono due le ipotesi principali al vaglio della magistratura: una manovra azzardata, con l’affiancamento a un altro bus e il cedimento di un guardrail vecchio, oppure un malore dell’autista che non è riuscito a controllare il mezzo.

    “Stiamo lavorando sulla dinamica dell’incidente che ha visto il bus toccare e scivolare lungo il guardrail per un cinquantina di metri e infine, con un’ulteriore spinta a destra, precipitare al suolo”, ha affermato il procuratore capo di Venezia Bruno Cerchi.

    Secondo Cherchi, sull’asfalto non ci sono segni di frenata e non risultano urti o contatti con altri mezzi. Inoltre è esclusa l’ipotesi dell’incendio: “Non si può parlare di un vero e proprio incendio, del fumo si è sprigionato dalle batterie al litio per una fuoriuscita di gas”, ha detto il procuratore, aggiungendo che le fiamme sono divampate solo dopo la caduta del mezzo.

    L’incidente è avvenuto a 400 metri dal cantiere aperto un mese fa per ammodernare il cavalcavia. Il progetto da 7 milioni di euro ha tra gli obiettivi “l’adeguamento della piattaforma e delle barriere stradali”.

    Proprio il guardrail nelle ultime ore è finito sotto accusa. “Si vede l’autobus che a una velocità minima si appoggia su un guardrail. Che purtroppo non è un guardrail ma una ringhiera”, ha detto Massimo Fiorese, amministratore delegato de La Linea, azienda di trasporto per la quale lavorava Rizzotto.

    Anche l’Associazione amici e sostenitori della Polizia Stradale (Asaps), ha puntato il dito sulle protezioni inadeguate: “Da quello che abbiamo potuto accertare, quello era un guardrail a unica onda alto un metro e mezzo e non il triplo, come sarebbe stato necessario”, ha detto Giordano Biserni, presidente di Asaps.

    Uno degli aspetti da chiarire riguarda un “buco” di circa un metro e mezzo nella barriera di sicurezza, nel quale il bus elettrico si è incanalato prima di sfondare la righiera e precipitare.

    “Si tratta di una piccola interruzione che si trova, talvolta, lungo i guardrail”, ha detto Renato Boraso, assessore alla viabilità del Comune di Venezia, che ha ereditato dall’Anas la gestione di quel tratto di strada. “Non vorrei che qualcuno pensasse che 13,5 tonnellate si sarebbero fermate per un metro e cinquanta” in più di barriera, ha aggiunto, facendo riferimento al peso del bus precipitato.

    Secondo l’assessore, le barriere “sono vetuste ma a norma, almeno rispetto alle norme di allora”, cioè “degli anni ’70, ’80”. I varchi sarebbero stati chiusi con i lavori finanziati dal Pnrr: “Monitoravo la situazione dal 2016, quando sono arrivato. Abbiamo fatto il progetto preliminare, poi quello esecutivo, il definitivo, la gara d’appalto e finalmente eravamo potuti partire. I lavori prevedono anche il rifacimento totale dei guardrail. Oggi c’è un guardrail basso e poi una grande ringhiera, che non è banale”, ha detto Boraso. “Stanotte non ho dormito pensando a quelle vittime a terra. Speriamo di capire cos’è successo. Il bus era su un rettilineo, si è letteralmente capovolto e cercheremo di capire il perché. È una disgrazia: in quei casi puoi avere anche dieci guardrail ma tredici tonnellate non le fermi più”.

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