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    Strage di Erba, sotto accusa il magistrato che vuole riaprire il caso

    Di Marco Nepi
    Pubblicato il 18 Lug. 2023 alle 14:45 Aggiornato il 18 Lug. 2023 alle 14:46

    Strage di Erba, sotto accusa il magistrato che vuole riaprire il caso

    Il magistrato che aveva chiesto la revisione del processo per la strage di Erba sarà sottoposto a un procedimento disciplinare. Cuno Tarfusser, sostituto procuratore generale a Milano, aveva chiesto di propria iniziativa la revisione della condanna definitiva di Olindo Romano e Rosa Bazzi.

    Era stato poi denunciato dal suo capo, la procuratrice generale Francesca Nanni, che ha accusato Tarfusser di non averla informata delle sue intenzioni. Ora la notizia dell’apertura di un procedimento disciplinare da parte della procura generale di Cassazione. A darla è oggi Il Corriere della Sera precisando che la competente procura generale della Cassazione ha avviato il procedimento disciplinare non per la fondatezza o meno della richiesta, ma per il modo di farlo.

    A fine marzo, Tarfusser aveva depositato in cancelleria la richiesta di revisione della condanna, confermata dalla Cassazione, dei due ergastolani, responsabili dei quattro omicidi commessi l’11 dicembre 2006 a Erba. Vittime della strage furono il bimbo di due anni Youssef Marzouk, la madre Raffaella Castagna, la nonna Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Olindo e Rosa Bazzi furono ritenuti colpevoli sulla base delle loro confessioni e del riconoscimento di un sopravvissuto, Mario Frigerio.

    Tarfusser è accusato dalla pg di Cassazione di avere, senza alcuna delega dal capo, tenuto contatti per mesi con i difensori della coppia, Fabio Schembri e Paolo Sevesi, e da essi ricevuto consulenze scientifiche sulle presunte nuove prove a favore dei coniugi. Sulla base di esse, Tarfusser ha poi scritto la richiesta di revisione. Al magistrato viene contestato, sulla scia di quanto denunciato dal suo capo, Francesca Nanni, di aver “violato i doveri di correttezza, riserbo ed equilibrio” e di aver depostitato la richiesta “in palese violazione del documento organizzativo dell’ufficio che assegna all’avvocato generale e al procuratore generale”, che in caso di dissenso ha l’ultima parola, “la facoltà di richiedere la revisione di sentenze” qualora sopravvengano nuove prove d’innocenza”.

    L’ex procuratore di Bolzano, che sino al 2018 è stato giudice e vicepresidente della Corte penale internazionale, è stato interrogato a Roma dal sostituto pg di Cassazione Simone Perelli, di fronte al quale ha rivendicato la propria imparzialità nell’accertare anche possibili circostanze a favore degli imputati.

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