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    Soumahoro, il giallo dei mobili dei Casamonica nei locali della Coop Karibu

    Di Marco Nepi
    Pubblicato il 19 Dic. 2022 alle 12:12 Aggiornato il 19 Dic. 2022 alle 12:13

    Mobili appartenenti al clan dei Casamonica nei centri di accoglienza per migranti gestiti dalla Coop Karibu, riconducibile alla moglie e alla suocera del deputato dell’alleanza Verdi-Sinistra liana Aboubakar Soumahoro. All’interno di un garage, secondo quanto riferito dall’allora senatrice Elena Fattori, passata dal Movimento 5 Stelle a Sinistra Italiana, all’allora sottosegretario agli interni Luigi Gaetti, ci sarebbero ancora questi pezzi di mobilio. Secondo quanto riporta Repubblica, Fattori visitò il Cas “Rehema” e stilò una relazione l’11 marzo 2019, ma nessuno ha mai indagato sull’ingombrante presenza. La senatrice ha anche detto che in quel centro gestito dalla Karibu non avrebbe ospitato neppure i suoi cani. “Mi ricordo della relazione”, assicura Gaetti. Ma gli investigatori non sono mai stati informati di quel documento, perso tra gli uffici del Viminale durante il governo Conte I.

    Tutto partì con la richiesta, formalizzata alla senatrice Fattori da parte di una dipendente del Cas di Aprilia, di ispezionare il centro. “Quando all’improvviso si alzò il pavimento e ci fu bisogno dell’intervento dei vigili del fuoco – scrisse la Fattori nel rapporto – la suddetta dipendente conobbe gli affittuari della struttura. In questa circostanza è venuta a conoscenza della presenza di alcuni mobili stipati nel garage, perché messa in allerta dallo stesso avvocato. Alla domanda se conoscesse di chi fossero le fu detto che erano della famiglia Casamonica. La responsabile, che in quel momento era in ufficio con loro, disse che ne era a conoscenza”. È possibile che chi si sia interfacciato con Fattori le abbia detto il falso, ciò che è certo è che nessuno ha mai indagato. La senatrice aggiunse poi che nei giorni seguenti, stando al racconto della dipendente del Cas, nel garage, insieme all’avvocato, si recarono la moglie di Soumahoro e la segretaria, “per controllare se il mobilio fosse tenuto in sicurezza”, riconfermando “che bisognava stare attenti perché quei mobili appartenevano a una famiglia importante”.

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