Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Cronaca
  • Home » Cronaca

    In ricordo di Gino Strada, il medico che arrivava quando tutti scappavano

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 13 Ago. 2021 alle 16:08

    “Cosa vorresti fare da grande? Quando ero un ragazzino, rispondevo ‘il musicista’ o ‘lo scrittore’. Ho finito col fare il chirurgo, il chirurgo di guerra per la precisione. Le guerre, tutte le guerre sono un orrore. Non ci si può voltare dall’altra parte, per non vedere le facce di quanti soffrono in silenzio”. Per te che arrivavi quando tutti scappavano. Per te, Gino Strada, che sei andato via in punta di piedi, nel silenzio della calura di un’estate da dimenticare.

    Moni Ovadia, nella prefazione del tuo libro “Pappagalli Verdi”, scriveva di te: “Mette in piedi ospedali di fortuna, spesso senza l’attrezzatura e le medicine necessarie, quando la guerra esplode nella sua lucida follia. Guerre che per lo più hanno un lungo strascico di sangue dopo la fine ufficiale dei conflitti: quando pastori, bambini e donne vengono dilaniati dalle tante mine antiuomo disseminate per le rotte della transumanza, o quando raccolgono strani oggetti lanciati dagli elicotteri sui loro villaggi. I vecchi afghani li chiamano pappagalli verdi”.

    Quel tuo sguardo sempre fermo, quel fare combattivo e la determinazione di chi non ha tempo per parlare, “c’è da fare” dicevi. C’eri sempre, c’eri da quando hai deciso che nessuna speranza fosse disperata. C’eri in Afghanistan quando curavi i bimbi feriti dalle mine giocattolo. C’eri in Ruanda, in Eritrea, in Palestina, in Algeria, in Kosovo, in Angola, in Libia, in Nicaragua, in Sri Lanka, in Cambogia e in moltissimi altri Paesi del mondo da quando avevi fondato Emergency.

    E ci sei stato qui, in Italia, a dare pasti e beni ai bisognosi, ad affrontare questo o quel ministro a muso duro per riconsegnare un po’ di giustizia a un Paese ricurvo su sé stesso. Sempre più affamato e stanco. Sei stato un pioniere, un uomo coraggioso e ostinato. Un uomo per bene. Un gran lavoratore. Ci sei stato in Calabria dove, in piena pandemia, hai offerto il tuo aiuto mettendo a disposizione della Regione le forze di Emergency per risollevare le sorti di una terra che a inizio anno mostrava tutta la debolezza di un pessimo sistema sanitario.

    Senza presunzione o superbia, ti sei sempre rimboccato le maniche anche quando il mondo intorno imperversava col suo inutile chiacchiericcio. Non hai ceduto alle provocazioni e hai dato l’esempio. Questo sopra ogni cosa. Hai mostrato cosa può la volontà. E noi ti siamo debitori.

    Voglio ricordarti, e perdonami se ti “uso”in questo senso, quando qualche settimana fa hai parlato dei vaccini e dei popoli che non possono accedervi. “Il profitto di pochi non può prevalere sulla salute di tutti: chiediamo un vaccino per le persone, non per il profitto”. L’hai detto prima di tutti, se la parte fortunata del mondo non aiuterà con i vaccini i Paesi poveri non usciremo da questa pandemia. Per dimostrarlo avevi portato l’esempio dell’Hiv: “Ha provocato una quantità di morti impressionante. Solo con la liberalizzazione dei farmaci i prezzi si sono abbassati e si è riusciti a controllare l’infezione. Lo stesso vale per il Covid. Se i vaccini non verranno liberalizzati temo che ci saranno ancora tantissimi morti”.

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version