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    Una ricerca tutta italiana ha investigato nuove potenzialità nell’uso del CBD nei cani

    Un gruppo di ricerca italiano ha osservato il comportamento di cani con disturbi comportamentali dopo un periodo in cui erano stati sottoposti a somministrazione di cannabidiolo (CBD) ottenendo risultati speranzosi per il futuro della ricerca in questo campo e per il benessere dei cani ospitati nei canili

    Di Redazione TPI
    Pubblicato il 30 Ott. 2021 alle 11:35 Aggiornato il 2 Nov. 2021 alle 14:55

    Articolo pubblicato da Stradenuove.net

    I progressi che vengono quotidianamente portati avanti nel campo della medicina veterinaria sono sempre più sorprendenti sia per il benessere animale che per la salute dei nostri amici a quattro zampe. Tra questi, uno degli ultimi studi innovativi è firmato da un gruppo di ricerca italiano che ha utilizzato l’etologia, quindi lo studio del comportamento animale, per osservare i cambiamenti nella condotta di cani con disturbi comportamentali, dopo la somministrazione a questi, di cannabidiolo (CBD). Secondo alcune ricerche, il CBD, a differenza del THC, altro principio attivo contenuto nella Cannabis, non è psicoattivo.

    Noi di Stradenuove abbiamo intervistato la Dott.ssa Eugenia Natoli, che ha supervisionato lo studio, insieme ad un team di scrupolosi ricercatori. Lo studio è innovativo poiché è il primo a indagare la somministrazione di cannabidiolo per poter ridurre i disturbi comportamentali nei cani. Ci sono stati in passato altri studi sull’utilizzo di CBD nei cani ma la maggior parte sono sulla sintomatologia di alcune patologie. Pochi sono sul comportamento, nessuno sull’aggressività, quindi questa ricerca può davvero essere pioniera di un nuovo filone di studi a riguardo.

    L’etologa, che da anni lavora e conduce ricerche sugli indicatori dello stress dei cani ospitati in canile, ci ha raccontato che la legge n. 281 del 1991, recepita dalla legge regionale del Lazio n. 34 del 1997, prevede il mantenimento “ad vitam”, all’interno dei canili rifugio, dei cani rinvenuti randagi sul territorio. Questo comporta che se il cane non viene adottato, vivrà per sempre all’interno del canile, luogo non consono alle esigenze di un animale sociale a livello sia intra- che inter-specifico. “Di conseguenza spesso questi animali mostrano segni di stress cronico che si manifestano in vari modi come, per esempio, comportamenti di autolesionismo, comportamenti che denunciano un malessere psichico, riduzione di peso, predisposizione alle malattie e così via che portano, necessariamente, a ritardate o mancate adozioni.” afferma la dott.ssa Natoli la cui esperienza più che ventennale, che ha portato a una decina di lavori scientifici pubblicati su riviste internazionali, focalizzati su diversi aspetti dello stress dei cani di canile e sulla loro gestione, l’ha resa consapevole dei punti di forza e di debolezza delle leggi vigenti e per questo continua: “Poiché per alcuni cani si prospetta il carcere a vita, è nostro preciso dovere cercare di rendere accettabile il livello del suo benessere. Nel 2018, avendo sentito parlare dell’uso terapeutico del CBD sulla sintomatologia dolorosa di alcune patologie e dell’impiego di questo medicinale fitoterapico per abbassare il livello di ansia dei cani, una veterinaria del nostro gruppo di lavoro ha proposto di somministrarlo ai cani del canile. Ho accettato con entusiasmo assumendomi l’impegno di supervisionare la parte della ricerca che riguardava il comportamento.”

    I ricercatori si erano posti l’obiettivo di verificare gli effetti della sostanza somministrata sui comportamenti indicanti uno stato di stress cronico nei soggetti studiati, tramite la riduzione quantitativa dei comportamenti patologici. Tale effetto si è valutato in termini di riduzione o scomparsa dei comportamenti compulsivi (girare su se stessi, leccare o masticare oggetti non commestibili, leccarsi fino a provocare lesioni, ecc.) o dell’aggressività eccessiva, incompatibili con lo svolgimento delle funzioni vitali basilari (nutrirsi e riposare in maniera sufficiente) e tutto ciò era mirato per raggiungere l’obiettivo ultimo: esplorare un approccio che potesse portare ad un miglioramento del benessere dei cani.

    La ricerca è stata svolta seguendo un rigido protocollo di studio: sono stati identificati dei cani che presentavano segnali dovuti allo stress come stereotipie o aggressività eccessiva. Questa tipologia di cani è stata scelta per aumentare la probabilità di poter misurare gli effetti del CBD sul comportamento e perché erano quelli più bisognosi di aiuto. Molti di questi cani, infatti, avevano un passato traumatico. I cani dovevano avere età compresa tra 1 e 10 anni e trovarsi in canile da almeno 9 mesi, parametro necessario perché lo stress manifestato potesse essere definito cronico.

    La dott.ssa Natoli ci racconta che erano criteri di esclusione dal reclutamento gli animali malati e quindi in terapia (compresi gli epilettici) ed i soggetti ospitati in box con altri soggetti. “Su tale lista sono stati estratti a random 24 cani che sono stati assegnati a due gruppi (12 +12) in maniera alternata. A entrambi i gruppi è stato somministrato ogni giorno, prima del solito pasto del mattino, per 45 giorni, olio extravergine d’oliva; al gruppo A (trattati) è stato somministrato l’olio a base di CBD, che consisteva in olio extravergine d’oliva biologico con l’estratto di 150 g di infiorescenze e parti aeree della Cannabis sativa in 1 L di olio, titolato al 5% di CBD, e in assenza di THC<0,2%; al gruppo B è stato somministrato il placebo che consisteva solo in olio extravergine d’oliva biologico. Il dosaggio per ogni cane è stato calcolato come segue: 1 goccia di olio/2 kg di peso, cioè 5 gocce di olio sono state somministrate a un cane che pesava 10 kg, 10 gocce a un cane che pesava 20 kg e così via.” afferma la ricercatrice, che continua: “Prima dell’inizio della somministrazione del fitoterapico cannabinoide e del placebo, è stata condotta una raccolta di dati comportamentali sui cani scelti, della durata totale di tre ore in tre momenti diversi della giornata (mattina, ora pranzo, tardo pomeriggio) (T0), con i metodi dell’etologia classica (registrazione di tutti gli eventi per alcuni comportamenti e del numero di intervalli prestabiliti per altri comportamenti). Durante tale raccolta dati sono stati registrati i segnali di stress codificati sulla base di un etogramma di circa 90 moduli comportamentali, che comprende i comportamenti stereotipati e le attività di sostituzione (o di spostamento). La raccolta dei dati comportamentali è stata ripetuta nello stesso modo al 15mo giorno dall’inizio della somministrazione del fitoterapico (T1), al 45mo giorno (T2) e, sospesa la somministrazione dello stesso, al 60mo giorno (T3). Riassumendo, ogni cane è stato osservato per un totale di 12 ore.”

    I risultati raggiunti, sebbene siano stati osservati in un piccolo gruppo di animali e sia uno studio pilota, sono comunque molto positivi per il futuro di ricerche in questo ambito. A tal proposito la dott.ssa Natoli ci spiega che dopo 15 gg di trattamento c’è stato un flesso nella frequenza del comportamento aggressivo che è ulteriormente diminuito dopo 45 giorni. Dopo 15 giorni dalla cessazione del trattamento la frequenza è risalita leggermente.

    “Anche nel gruppo di controllo c’è stato un flesso dopo 15 giorni di somministrazione delle gocce di olio; quindi, possiamo ipotizzare un’assuefazione alla presenza dell’osservatore che, all’inizio, provocava una reazione molto aggressiva dei cani. Però, nel gruppo placebo, la frequenza risale dopo 45 giorni mentre nel gruppo trattato continua a scendere. Il che permette di ipotizzare un effetto del CBD. Purtroppo, il confronto tra i due gruppi si avvicina alla significatività (p<0,07), ma non è significativo.” Afferma la Natoli.

    Per concludere, quindi anche se non sono stati registrati effetti sulle stereotipie e la differenza nella diminuzione del comportamento aggressivo tra il gruppo di controllo e il gruppo trattato non è significativa (probabilmente a causa della piccola dimensione del campione) i risultati suggeriscono comunque che il trattamento con CBD potrebbe ridurre la frequenza del comportamento aggressivo verso gli esseri umani e sottolinea la necessità di ulteriori studi.

    Sicuramente, infatti, grazie a questa ricerca, le porte che si aprono sono molteplici per mirare proprio ad un miglioramento della vita dei nostri amici a quattro zampe. “Una diminuzione dei comportamenti legati all’ansia nei cani problematici ospitati in un canile, causerebbe anche una facilitazione nella gestione di questi. Come sottoprodotto, i potenziali risultati di efficacia del prodotto somministrato potrebbero essere estesi agli animali da compagnia. Questo poiché, se il trattamento con CBD provoca una riduzione del comportamento aggressivo dei cani questo effetto, a sua volta, potrebbe migliorare le relazioni tra i cani e il personale del canile, facilitando la gestione del cane e aumentando il livello di benessere del cane; infatti, in un precedente studio effettuato da noi in 8 canili nel Lazio, è stato trovato che camminare al guinzaglio o avere un contatto fisico con gli esseri umani migliora il livello di benessere dei cani ospitati.” Tuttavia, è fondamentale ricordarci di appoggiarsi sempre al personale competente prima di somministrare integratori ai nostri animali. Il CBD non può essere il sostituto di programmi di ri-educazione cinofila per cani problematici. Sarebbe estremamente fuorviante ritenere il CBD una panacea per tutti i mali. “Da donna di scienza credo fermamente nella ricerca scientifica e ritengo che l’unico aspetto veramente importante sia che il CBD non vada somministrato con leggerezza e mai in assenza di controllo medico. Inoltre, si sa ancora troppo poco sulle interazioni tra il CBD e i farmaci.” Conclude la dottoressa Natoli, che vuole sottolineare ancora una volta la necessità di ulteriori studi a riguardo.

    Nello studio sono stati coinvolti:
    • La dott.ssa Raffaella Perino, veterinaria, ha avuto l’idea e ha contribuito alla scelta dei cani;
    • la dott.ssa Sara Corsetti, biologa, attualmente dottoranda presso la School of Agriculture and Environment dell’Università Western Australia (Crawley, Australia), ha raccolto i dati comportamentali, condotto l’analisi statistica e contribuito a scrivere l’articolo scientifico;
    • la dott.ssa Simona Borruso, naturalista e biologa, consulente cinofila, ha raccolto i dati comportamentali, condotto l’analisi statistica e contribuito a scrivere l’articolo scientifico;
    • la dott.ssa Livia Malandrucco, veterinaria, responsabile dell’Ufficio Profilassi Antirabbica della ASL Roma 3, ha fornito la sua consulenza per l’utilizzo del CBD (ha il Master di II livello in fitoterapia), ha collaborato per l’analisi statistica e per la revisione del testo scientifico;
    • la dott.ssa Valentina Spallucci, statistica, ha collaborato all’analisi statistica;
    • la dott.ssa Laura Maragliano, veterinaria, al tempo della ricerca Direttrice del canile Sovrazonale Muratella per la ASL Roma 3, ha contribuito all’organizzazione della ricerca e alla stesura del testo in inglese;
    • il dott. Pietro D’Agostino, al tempo della ricerca Direttore dell’ufficio veterinario di Roma Capitale presso il canile rifugio Muratella, ha contribuito all’organizzazione della ricerca e ha monitorato lo stato sanitario dei cani studiati;
    •La dott.ssa Eugenia Natoli, biologa, ha contribuito all’organizzazione della ricerca, supervisionato il progetto, condotto l’analisi statistica e contribuito a scrivere l’articolo scientifico.

    Senza dimenticare il personale non sanitario del canile che ha accudito i cani durante la ricerca, e il personale sanitario, principalmente Moira Fabiani e Laura Gandolfo, che hanno somministrato il cannabidiolo e il placebo ai cani per tutta la durata dello studio.

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