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    Lo Stato italiano produrrà un vaccino contro il Covid: cosa c’è da sapere sull’operazione Reithera

    Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia e commissario straordinario all'emergenza Covid. Credit: ANSA
    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 27 Gen. 2021 alle 13:15

    Reithera, il “vaccino italiano”: cosa c’è da sapere

    Lo Stato italiano diventerà socio di Reithera, azienda biotech che sta sperimentando un vaccino contro il Covid-19. La notizia – non ancora ufficiale ma confermata da più fonti – ha suscitato da un lato eccitazione, per la prospettiva di un vaccino autarchico italiano non soggetto ai capricci dei privati, e dall’altro polemiche, per l’intervento del pubblico nel mercato e per le tempistiche dell’operazione.

    Il contesto

    I ritardi nelle consegne dei vaccini anti-Covid da parte di Pfizer e Astrazeneca rischiano di allontanare il raggiungimento dell’immunizzazione di gregge in Italia. Il Governo ha annunciato azioni legali in caso di inadempienze, ma intanto ha deciso di cautelarsi puntando su una produzione semi-pubblica del vaccino.

    L’operazione

    Secondo quanto trapelato, Reithera riceverà dallo Stato italiano 81 milioni di euro, in buona parte a fondo perduto, per lo sviluppo del vaccino contro il Covid e per il potenziamento dello stabilimento produttivo di Castel Romano, in provincia di Roma.

    Invitalia, l’Agenzia guidata dal commissario straordinario all’emergenza Domenico Arcuri – e controllata al 100% dal Ministero dell’Economia – diventerà socia di Reithera con una quota pari al 27% del capitale: una quota di minoranza.

    Reithera: l’azienda

    Reithera è controllata al 100% da una società svizzera, Keires, fondata nel 2013 dallo scienziato italiano Riccardo Cortese, che nel frattempo è deceduto. I soci di Reithera sono oggi quattro: due figli di Cortese, la presidente Antonella Folgori e lo scienziato Stefano Colloca, ex collega di Cortese.

    L’azienda ha 110 dipendenti, di cui il 60% under 35. Il core business è la “produzione di vaccini genetici”. La produzione avviene tutta in Italia.

    Dall’aprile 2020 ReiThera fa parte di un consorzio paneuropeo per lo sviluppo del vaccino anti-Covid insieme alla tedesca Leukocare e alla belga Univercells.

    Reithera e la puntata di Report

    Di Reithera nei mesi scorsi si è occupato il programma tv d’inchiesta Report, in onda su RaiTre. Report ha ricostruito la storia dell’azienda partendo dal 2005.

    Quell’anno tre illustri scienziati italiani della Irbm di Pomezia – Stefano Colloca, Alfredo Nicosia e Riccardo Cortese, famosi per aver sviluppato e brevettato per primi al mondo 23 adenovirus di scimpanzé – fondano una società di biotech di nome Okairos.

    Okairos – che, pur avendo sede legale a Basilea, in Svizzera, opera nei laboratori della Irbm – nel 2013 brevetta il vaccino contro Ebola. Pochi mesi dopo Colloca, Nicosia e Cortese vendono la società alla multinazionale Glaxo (Gsk) per una cifra – secondo Report – pari a circa 250 milioni di euro.

    Okairos deteneva il 50% di un’altra società, Advent. L’altro 50% faceva capo alla Irbm. Nel 2017 Okairos vende la propria metà alla stessa Irbm. Secondo Report, questo 50% viene pagato appena 5mila euro, a fronte di un patrimonio di 5 milioni di euro. Piero Di Lorenzo, presidente di Irbm, non ha confermato la cifra, affermando che tra le parti c’è stato un “accordo transattivo riservato”.

    Cortese – oggi deceduto – è il fondatore di Reithera, tra i cui soci oggi figurano due suoi figli e l’ex collega Colloca. Reithera, come detto, è controllata al 100% dalla svizzera Keires. La sede legale di Keires – si spiega – è in Svizzera perché all’epoca della fondazione Cortese era residente a Basilea.

    Soci di Keires – ha rivelato Report – sono lo stesso Colloca, insieme a Maurizio Cortese, figlio di Riccardo, e Jamila Louahed e Emmanuel Hanon, vicepresidenti della Gsk vaccines.

    Il vaccino anti-Covid di Reithera

    Reithera ha avviato la sperimentazione del vaccino anti-Covid nell’agosto 2020: il progetto è sostenuto dal Ministero dell’Università, dalla Regione Lazio e dall’Istituto Spallanzani di Roma ed è stato finora finanziato con 8 milioni di euro, di cui 5 dalla Regione Lazio e 3 dal Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche, ente pubblico su cui vigilia il Miur).

    All’inizio del 2021 il vaccino ha concluso la Fase 1 di sperimentazione. La tabella di marcia prevede che le fasi 2 e 3 si concludano nei prossimi mesi e che a giugno possa arrivare il via libera delle Autorità sanitarie europea e italiana.

    Giorgio Palù, presidente dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), ha dichiarato a SkyTg24 che – se tutto andrà bene – le prime dosi del vaccino di Reithera potranno essere somministrate “non prima di settembre”.

    Il vaccino di Reithera e le polemiche

    La notizia del probabile ingresso dello Stato italiano nel capitale sociale di Reithera, come detto, ha scatenato alcune polemiche. In primis ha suscitato perplessità il fatto che il direttore generale dell’Aifa, Nicola Magrini, – ossia colui che dovrà esprimersi sull’autorizzazione del vaccino – abbia preso parte alla conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa.

    Inoltre, alcuni esperti fanno notare che i tempi sono ormai molto stretti. “Vorrei chiedere a quelli di Reithera solo una cosa: come e dove pensate di fare la Fase 3?”, ha scritto su Twitter il noto virologo Roberto Burioni. “Se il vaccino di Reithera ha concluso da poco la Fase 1, come trovare i volontari per un trial di Fase 3 vs placebo con numerosi vaccini già disponibili?”, si chiede – sempre su Twitter – Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe.

    Infine, ci sono i temi della trasparenza e dell’intervento pubblico nel mercato. Perché lo Stato ha deciso di investire proprio su questo vaccino, sulla cui efficacia non c’è ad oggi nessuna certezza? Il quotidiano Il Foglio ha rivolto a Invitalia dieci domande.

    Un vaccino italiano

    Per contro, c’è chi esalta l’iniziativa, sottolineando come finalmente l’Italia potrà contare su un vaccino fatto in casa e, per di più, con un brevetto controllato – almeno in parte – dallo Stato.

    “Il vaccino italiano, per cui è terminata la Fase 1 di sperimentazione, ha dimostrato di essere sicuro, di avere capacità di indurre la risposta immunitaria degli adulti giovani, suscita una produzione importante di anticorpi neutralizzanti e una risposta simile a quella di altri vaccini efficaci con due dosi, mentre in questo caso è stata somministrata una sola dose”, ha dichiarato Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani.

    Secondo Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia, con l’operazione Reithera “proviamo a raggiungere l’indipendenza anche sui vaccini, così come farebbe uno Stato illuminato”.

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