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    Morbillo, boom di casi negli adulti nel Lazio: la Regione invita a vaccinarsi

    Di Marco Nepi
    Pubblicato il 5 Feb. 2024 alle 17:44

    Un aumento dei pazienti adulti che contraggono il morbillo, in particolare con età media di 35/36 anni si sta verificando nella Regione Lazio; tuttavia, le misure di prevenzione in strutture di cura e ospedaliere contro covid limitano la diffusione ai “casi secondari”, cioè sanitari e utenti che vengono a contatto col malato. Lo ha sottolineato Emanuele Nicastri, direttore dell’unità di Malattie infettive ad alta intensità di cura dell’ospedale Spallanzani di Roma, commentando, su diverse testate locali, la circolare emanata dalla Regione Lazio per rinnovare agli operatori sanitari le raccomandazioni di prevenzione, controllo e l’invito a vaccinarsi.

    “Da dicembre è in atto una ripresa sensibile dei casi di morbillo tra gli adulti ma va detto anche che le misure di prevenzione che si stanno adottando nelle strutture di cura e ospedaliere per fronteggiare il Covid, ossia l’uso delle mascherine e la frequente igiene delle mani, stanno impedendo i cosiddetti ‘casi secondari’, quelli che si verificano in primis tra i sanitari e gli altri utenti che vengono in contatto con il malato”. La vaccinazione è consigliata “a tutti coloro che non lo hanno fatto o non hanno sviluppato gli anticorpi, e che lavorano in ambienti sanitari”. Così, in un’intervista su ‘Il Messaggero’, Nicastri, commenta la circolare emanata dalla Regione Lazio per rinnovare agli operatori sanitari le raccomandazioni di prevenzione e soprattutto l’invito alla vaccinazione rispetto a una delle malattie più contagiose.
    “Ha fatto bene la Regione a emanare la circolare che – sottolinea ancora Nicastri – di fatto è un warning ad alzare ancora di più la guardia per prevenire focolai ed epidemie”. E sui casi tra gli adulti: “Si tratta di malati con età media di 35/36 anni. Questo perché fino al 2017 il vaccino contro il morbillo non era obbligatorio. La circolare ministeriale poi introducendolo è andata a ritroso nella popolazione fino al 2000. Ma abbiamo la quasi totalità della popolazione nata negli anni ‘90 che non ha sviluppato gli anticorpi, a meno che non abbia già avuto la malattia”.

    Il morbillo, spiega l’ISS, è una malattia infettiva causata da un virus del genere morbillivirus (famiglia dei Paramyxoviridae), molto contagiosa e colpisce spesso i bambini tra 1 e 3 anni, per cui viene detta infantile, come la rosolia, la varicella, la pertosse e la parotite. Il contagio avviene tramite le secrezioni nasali e faringee, probabilmente per via aerea tramite le goccioline respiratorie che si diffondono nell’aria quando il malato tossisce o starnutisce.
    Una volta contratto, il morbillo dà un’immunizzazione teoricamente definitiva, quindi non ci si ammalerà più per l’intera durata della vita.

    Il morbillo provoca principalmente un’eruzione cutanea, simile a quelle della rosolia o della scarlattina e dura tra i 10 e i 20 giorni.
    I primi sintomi sono simili a quelli di un raffreddore (tosse secca, naso che cola, congiuntivite) con una febbre che diventa sempre più alta. Successivamente appaiono dei puntini bianchi all’interno della bocca, l’eruzione cutanea composta di piccoli punti rosso vivo, prima dietro le orecchie e sul viso, e poi su tutto il resto del corpo. L’eruzione dura da 4 a 7 giorni e scompare a cominciare dal collo.

    Le complicazioni sono relativamente rare, ma il morbillo è responsabile di un numero compreso tra le 30 e le 100 morti ogni 100.000 persone colpite. Le complicazioni sono dovute principalmente a superinfezioni batteriche: otite media, laringite, diarrea, polmonite o encefaliti (infiammazioni del cervello). Si riscontrano più spesso nei neonati, nei bambini malnutriti o nelle persone immunocompromesse.

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