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    “Mi hai davvero sparato?”: le ultime parole di Martina Scialdone al suo assassino

    Di Marco Nepi
    Pubblicato il 19 Gen. 2023 alle 13:58 Aggiornato il 5 Apr. 2023 alle 09:46

    Costantino Bonaiuti, ex dipendente Enav che il 13 gennaio scorso ha sparato e ucciso la ex compagna Martina Scialdone a Roma, continua a difendersi. “Dopo che è partito il colpo mi ha guardato e ha detto: “Ma mi hai sparato davvero?”, ha raccontato in carcere al suo avvocato Fabio Tagliatela. Lo riporta La Repubblica. Una versione che descrive un’incredulità pari a quella della vittima, poco prima di morire davanti al ristorante Brado, al Tuscolano, a Roma.

    “Non la volevo uccidere, mi volevo suicidare. Sono disperato, pensavo che la pistola avesse la sicura inserita, invece è partito un colpo”, ha proseguito. Secondo la tesi difensiva, il colpo di pistola che ha ucciso l’avvocata di 34 anni sarebbe “partito per errore”.

    Per questo, il 18 gennaio l’avvocato Fabio Taglialatela ha presentato un’istanza al tribunale del Riesame per chiedere la scarcerazione del suo assistito in opposizione alla convalida di arresto da parte della gip Simona Calegari nei confronti di Bonaiuti.

    Nel ricorso si legge: “Se il Bonaiuti avesse veramente voluto cagionare la morte della povera vittima avrebbe potuto farlo lontano da occhi indiscreti”. Tagliatela prosegue, specificando che Bonaiuti voleva solo “Inscenare una macabra commedia, avente un canovaccio ben preciso, fingere un tentativo di suicidio per impietosire la persona amata e ricondurla a sé”.

    L’avvocato motiva la richiesta di scarcerazione appellandosi inoltre a presunti problemi di salute di Bonaiuti, dalla depressione con istinti suicidi a un tumore ai polmoni. Ma l’avvocato della famiglia Scialdone ribatte: “Nessuno dei parenti di Martina ha mai sentito parlare di depressione o di cancro”. La famiglia della vittima, per ora, preferisce non commentare.

    Stando alla ricostruzione degli inquirenti, invece, Costantino Bonaiuti avrebbe premeditato l’uccisione di Martina Scialdone. Una ricostruzione fatta anche grazie alle testimonianze del fratello della vittima, presente al momento dell’uccisione della sorella, e di un’amica, con la quale Martina quella sera aveva addirittura condiviso la posizione del gps. Prova che la 34enne era più spaventata del solito.

    Proprio l’amica avrebbe riferito agli inquirenti un episodio in cui l’uomo si era trasformato “in un cane rabbioso”. È in corso, ora, l’analisi delle chat telefoniche tra Bonaiuti e Scialdone, che consentirà di comprendere se già in passato l’uomo abbia minacciato la 34enne.

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