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    Strage di Erba, la lettera di Rosa e Olindo al Tg1: “Le nostre confessioni sono false, siamo innocenti”

    Di Marco Nepi
    Pubblicato il 12 Gen. 2024 alle 07:33

    Olindo Romano e Rosa Bazzi hanno scritto una lettera al Tg1. «Caro direttore, prima di tutto vorrei ringraziarla per l’attenzione e la cura che sta dando alla nostra vicenda. Sono 17 anni che non abbiamo diritto di parola che nessuno ascolta quello che noi diciamo ad alta voce dal 10/10/2007 quando abbiamo ritrattato le nostre false confessioni». Questo l’inizio della lettera che Olindo Romano e Rosa Bazzi, in carcere per la strage di Erba, hanno scritto al Tg1, a due giorni dalla decisione della Corte d’appello di Brescia di accogliere la loro istanza di revisione del processo.

    La lettera è firmata da tutti e due ma a redigerla è stato Olindo che oggi nel carcere di Opera ha incontrato il suo tutore, Diego Soddu. «Per la maggior parte dei giornalisti siamo dei mostri e basta. (…) Non importa se per convincere l’opinione pubblica sono state diffuse bugie di ogni tipo. L’ultima notizia falsa – scrive Olindo in maiuscolo – è uscita due giorni fa e si riferisce alle sue impronte digitali che sarebbero state rinvenute sul quadro elettrico di casa Castagna, una circostanza smentita dagli atti». Secondo Olindo, lui e la moglie sono stati il capro espiatorio della strage: «Se la sono presa con due persone che non sapevano come difendersi, che all’inizio hanno avuto un avvocato d’ufficio che durante gli interrogatori è stato quasi sempre zitto. È troppo brutto far uscire la verità che può trattarsi di criminali che hanno fatto tutto questo per la droga?».

    L’uomo affronta poi l’argomento principale utilizzato da chi li ha sempre ritenuti colpevoli: le confessioni poi ritrattate: «Provate a mettervi al nostro posto, due persone semplici che all’improvviso vengono prima indicate come colpevoli e poi portate in carcere. Soli e spaventati, chiusi in cella per due giorni, senza capire cosa stava succedendo. Poi all’improvviso, arrivano quei due carabinieri che con la scusa di prendere di nuovo le impronte digitali mi hanno fatto una testa così, dicendo che era meglio confessare perché avremmo avuto un forte sconto di pena, come succede ai pentiti di mafia».

    L’uomo affronta poi l’argomento principale utilizzato da chi li ha sempre ritenuti colpevoli: le confessioni poi ritrattate: «Provate a mettervi al nostro posto, due persone semplici che all’improvviso vengono prima indicate come colpevoli e poi portate in carcere. Soli e spaventati, chiusi in cella per due giorni, senza capire cosa stava succedendo. Poi all’improvviso, arrivano quei due carabinieri che con la scusa di prendere di nuovo le impronte digitali mi hanno fatto una testa così, dicendo che era meglio confessare perché avremmo avuto un forte sconto di pena, come succede ai pentiti di mafia».

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