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    Inviare armi all’Ucraina è contro la Costituzione? Rispondono i giuristi

    Credit: REUTERS/Alaa Al-Marjani
    Di Luca Telese
    Pubblicato il 8 Apr. 2022 alle 15:04 Aggiornato il 8 Apr. 2022 alle 15:05
    Il costituzionalista Michele Ainis sul settimanale di TPI ha posto una questione: “Con l’invio di armi agli ucraini stiamo aggirando la Costituzione. L’articolo 11 infatti dice che l’Italia ripudia la guerra. Ma lo abbiamo reiteratamente violato: in Kosovo, in Iraq e ora con le armi agli ucraini. Se la Carta è un pezzo d’antiquariato – dice Ainis – allora si abbia il coraggio di cambiarla”. L’intervento ha innescato un dibattito fra giuristi. Ne parliamo con i professori Ugo De Siervo e Gaetano Silvestri.
    De Siervo: “L’articolo 11 della Costituzione è salvo, guai a cambiarlo”
    Professor Silvestri, cosa pensa del dibattito sulla legittimità degli interventi militari?«Guardi, è un tema complesso: per me l’articolo 11 comporta una grande distinzione».Quale?

    «L’Italia ripudia la guerra offensiva, ma non quella difensiva. Un problema che si è posto già nell’interazione fra la Carta e i trattati che abbiamo sottoscritto».

    Si riferisce alla Nato?

    «Esatto. Pensi a questo paradosso. L’Italia fa parte della Nato, e questo in teoria implica un sostegno bellico obbligato agli alleati. Altri Paesi membri possono entrare in guerra se un partner entra in guerra, noi no».

    Gaetano Silvestri, costituzionalista, ex presidente della Consulta. Spiega di capire la provocazione del professor Ainis, ma di non considerare l’articolo 11 un dogma.

    Spieghiamo bene il dilemma.

    «Se un Paese della Nato aggredisse un altro Paese, l’Italia non avrebbe nessun obbligo di intervento».

    La Costituzionale prevale sui trattati.

    «Certo. La nostra Carta ripudia la guerra come attentato alla libertà degli altri popoli o come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».

    Non in termini assoluti, però?

    «Non come accade per altri Paesi che, dopo la Seconda guerra mondiale, si sono dati vincoli più stretti, penso a Germania o Giappone».

    E la fornitura delle armi?

    «La Costituzione non ha una risposta per tutti i problemi che si pongono nella storia. Tuttavia…».

    Cosa?

    «Il diritto di difendere la propria libertà, per i costituenti è riconosciuto esplicitamente all’Italia, e dunque non può essere negato a nessuno».

    Cosa pensa dei pacifisti che si richiamano all’articolo 11 per contestare la guerra?

    «Io sono radicalmente contrario all’aumento delle spese militari, ma questo non viola i nostri dettati. Non tutto quello che è sbagliato è incostituzionale».

    No?

    «Salvo che le risorse, non siano sottratte in maniera abnorme e sproporzionata ad altri capitoli di spesa decisivi per la nostra Carta: istruzione, sanità, ricerca…».

    Va riscritto l’articolo 11 per non violarlo con il sostegno alle missioni?

    «Soffro solo al pensiero e lo respingo. L’articolo 11 è uno dei più belli, ha un enorme valore simbolico, molto oltre la sua lettera. Capisco l’obiezione di Ainis, ma cambiarlo sarebbe come toccare l’architrave di un palazzo».

    Silvestri: “L’Italia non ripudia la guerra difensiva”
    Professor Silvestri, cosa pensa del dibattito sulla legittimità degli interventi militari?«Guardi, è un tema complesso: per me l’articolo 11 comporta una grande distinzione».Quale?

    «L’Italia ripudia la guerra offensiva, ma non quella difensiva. Un problema che si è posto già nell’interazione fra la Carta e i trattati che abbiamo sottoscritto».

    Si riferisce alla Nato?

    «Esatto. Pensi a questo paradosso. L’Italia fa parte della Nato, e questo in teoria implica un sostegno bellico obbligato agli alleati. Altri Paesi membri possono entrare in guerra se un partner entra in guerra, noi no».

    Gaetano Silvestri, costituzionalista, ex presidente della Consulta. Spiega di capire la provocazione del professor Ainis, ma di non considerare l’articolo 11 un dogma.

    Spieghiamo bene il dilemma.

    «Se un Paese della Nato aggredisse un altro Paese, l’Italia non avrebbe nessun obbligo di intervento».

    La Costituzionale prevale sui trattati.

    «Certo. La nostra Carta ripudia la guerra come attentato alla libertà degli altri popoli o come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».

    Non in termini assoluti, però?

    «Non come accade per altri Paesi che, dopo la Seconda guerra mondiale, si sono dati vincoli più stretti, penso a Germania o Giappone».

    E la fornitura delle armi?

    «La Costituzione non ha una risposta per tutti i problemi che si pongono nella storia. Tuttavia…».

    Cosa?

    «Il diritto di difendere la propria libertà, per i costituenti è riconosciuto esplicitamente all’Italia, e dunque non può essere negato a nessuno».

    Cosa pensa dei pacifisti che si richiamano all’articolo 11 per contestare la guerra?

    «Io sono radicalmente contrario all’aumento delle spese militari, ma questo non viola i nostri dettati. Non tutto quello che è sbagliato è incostituzionale».

    No?

    «Salvo che le risorse, non siano sottratte in maniera abnorme e sproporzionata ad altri capitoli di spesa decisivi per la nostra Carta: istruzione, sanità, ricerca…».

    Va riscritto l’articolo 11 per non violarlo con il sostegno alle missioni?

    «Soffro solo al pensiero e lo respingo. L’articolo 11 è uno dei più belli, ha un enorme valore simbolico, molto oltre la sua lettera. Capisco l’obiezione di Ainis, ma cambiarlo sarebbe come toccare l’architrave di un palazzo». ●

    Professor De Siervo che opinione ha in materia?

    «Lo confesso, ho un parere speculare ed opposto a quello di Ainis».

    Cioè?

    «Sul piano personale sono probabilmente contrario, per una mia intima convinzione, all’invio delle armi in Ucraina».

    Capisco. Tuttavia?

    «Non trovo particolari eccezioni costituzionali a che questo accada. Nel senso che si può apprezzare la scelta o meno, ma non perché è la nostra Carta che ce lo vieti».

    Ugo De Siervo, professore di diritto Costituzionale, non nasconde di essere addirittura «sorpreso» dal dibattito sull’articolo 11.

    Cosa  non condivide in quel ragionamento, professore?

    «Se si porta alle estreme conseguenze questa tesi, l’unica conclusione possibile è quella che l’articolo 11 vada riscritto».

    È proprio questo il tema che pone Ainis.

    «Ma ci mancherebbe anche che noi ci ritroviamo a buttare via uno degli articoli più importanti della nostra Carta!».

    Però l’altra conseguenza é che noi non lo riscriviamo, ma lo aggiriamo.

    «Non è vero! Non è vero! Non sono d’accordo».

    Provi a spiegare perché, professore.

    «Il rifiuto della guerra come strumento di risoluzione delle controversie non può significare che si agevoli un Paese aggressore. E questa distinzione i costituenti l’avevano ben chiara».

    Quindi per lei, la distinzione tra guerra di aggressione e guerra difensiva permette di non violare la Carta anche fornendo armi ad un Paese terzo?

    «Sì, perché si tratta di armi difensive».

    Cioè cambia il senso se sono lanciarazzi e mitragliatrici o carri armati e aerei?

    «Certo. Quella in Ucraina non  è una guerra bilaterale».

    E dunque?

    «In un mondo che è diventato così piccolo come possiamo pensare che le guerre non siano diverse se c’è un aggressore e un aggredito? Oppure vogliamo mascherare quello che non è mascherabile, come le stragi?».

    Quindi nessuna modifica?

    «Su quell’articolo ci fu una larghissima adesione di tutte le forze politiche costituenti».

    Non condivide l’idea che i pacifisti si appellino all’articolo 11?

    «Mi pare una cosa un po’ da bar. Molto superficiale».

    Non le piace?

    «Purtroppo io li avverto come sostenitori di una parte. C’è troppa corrispondenza, oggi, tra gli interessi dei russi e i neo-pacifisti. Non usino la Costituzione per legittimare questa posizione».

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