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    Ex Ilva, i motivi per cui Arcelor Mittal chiede il recesso del contratto

    I commissari straordinari annunciano ricorso. Mentre il ministro dell'Economia dice no alla nazionalizzazione. E il premier Conte invia una lettera per ottenere proposte

    Di Donato De Sena
    Pubblicato il 12 Nov. 2019 alle 13:42 Aggiornato il 18 Nov. 2019 alle 16:23

    Ex Ilva, i motivi per cui Arcelor Mittal chiede il recesso del contratto

    A una settimana dall’annuncio del ritiro dall’ex Ilva da parte della multinazionale franco-indiana Arcelor Mittal resta complicata la vicenda dell’acciaieria di Taranto e del suo destino. Oggi, martedì 12 novembre, l’azienda ha depositato in tribunale l’atto con cui chiede di recedere dal contratto di affitto, che è preliminare alla vendita. Mentre il presidente del Consiglio Giuseppe Conte scrive una lettera ai ministri invitandoli a presentare proposte e progetti per arrivare a soluzioni sostenibili.

    La lettera di Conte ai ministri

    Non solo l’ex Ilva, ma l’intera città di Taranto – ha detto il premier alla squadra di governo, come riportato da Repubblica – versa in “una più generale situazione emergenziale”, di fronte a cui “reputo necessario aprire un Cantiere Taranto, all’interno del quale definire un piano strategico, che offra ristoro alla comunità ferita e che, per il rilancio del territorio, ponga in essere tutti gli strumenti utili per attrarre investimenti, favorire l’occupazione e avviare la riconversione ambientale”.

    “Il rilancio dell’intera area – ha proseguito Conte chiamando i ministri a presentare proposte – necessita di un approccio globale e di lungo periodo. La politica deve assumersi la responsabilità di misurarsi con una sfida complessa, che coinvolge valori primari di rango costituzionale, quali il lavoro, la salute e l’ambiente, tutti meritevoli della massima tutela, senza che la difesa dell’uno possa sacrificare gli altri”.

    Gli emendamenti per reintrodurre lo scudo penale

    Per quanto riguarda le soluzioni possibili per l’ex Ilva, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha bocciato l’ipotesi della nazionalizzazione. Mentre in Parlamento Italia Viva, il nuovo movimento politico di Matteo Renzi, ha presentato emendamenti, alla Camera dei Deputati, per introdurre lo scudo penale per Arcelor Mittal, una soluzione che potrebbe favorire un passo indietro della multinazionale su Taranto. In particolare si tratta di due scudi: uno generale per tutte le aziende e uno specifico per l’ex Ilva, che copre la società dal 3 novembre, che è la data di decadenza del precedente scudo penale, fino alla fine del risanamento ambientale.

    La richiesta di recesso del contratto

    Per quanto riguarda Arcelor Mittal, come dicevamo, oggi è stato depositato in tribunale dell’atto con cui l’azienda chiede di recedere dal contratto. Il deposito in Tribunale a Milano dell’atto con cui si chiede di recedere dal contratto di affitto dell’ex Ilva è già stato notificato ai commissari straordinari martedì scorso, 7 novembre, alle 4 di mattina.

    Ora il procedimento passerà al presidente del Tribunale Roberto Bichi che provvederà ad assegnarlo ad una delle due sezioni specializzate in materia di imprese.

    Nella sua nota dei giorni scorsi la società ha sottolineato che il contratto “prevede che, nel caso in cui un nuovo provvedimento legislativo incida sul piano ambientale dello stabilimento di Taranto in misura tale da rendere impossibile la sua gestione o l’attuazione del piano industriale, la società ha il diritto contrattuale di recedere dallo stesso contratto”.

    La cancellazione dello scudo penale dal decreto Salva-Imprese per la multinazionale “giustifica” la comunicazione di recesso. Per l’azienda non è possibile gestire lo stabilimento senza le protezioni, esponendo dipendenti e collaboratori a potenziali azioni penali.

    Ma Arcelor Mittal tira in ballo anche i provvedimenti del Tribunale di Taranto che” obbligano i commissari straordinari di Ilva a completare talune prescrizioni entro il 13 dicembre 2019 pena lo spegnimento dell’altoforno numero 2″. Lo spegnimento dell’altoforno, considerando anche la crisi globale dell’acciaio, fa sapere la multinazionale, renderebbe di fatto impossibile alla società “attuare il suo piano industriale”.

    Altro punto sono le difficoltà all’approvvigionamento di carbone e materiale ferroso per alimentare gli altiforni, che durano da mesi, legate al sequestro di uno sporgente del porto del porto di Taranto, dopo la morte di un operaio per il crollo di una gru. Nelle scorse settimane l’azienda ha chiesto di poter utilizzare il porto di Brindisi per lo sbarco del combustibile.

    Dopo la richiesta di recesso di Arcelor Mittal i commissari straordinari dell’ex Ilva presenteranno ricorso.

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